AGI – Nel suo primo romanzo ‘Instant love’ scritto nel 2003, aveva messo un bel po’ di tennis, con il protagonista che giocava e qualche riferimento ai grandi campioni di allora, dalla volée di Boris Becker al dritto di Steffi Graf. Nell’ultimo, ‘Il cuore è uno zingaro’ (Mondadori), un giallo che con racchette e terra rossa non c’entra niente ma è ambientato, guarda caso, in Alto Adige, due personaggi (padre e figlio) di cognome si chiamano Sinner e si sentono spesso chiedere “se sono parenti”.
Indizi che, se non bastasse il suo profilo Facebook ricco di selfie con tennisti di ieri e oggi, provano che Luca Bianchini 54 anni, da Torino patria delle Atp Finals dove lui ovviamente c’era, fa parte dell’esercito di italiani in estasi per la vittoria bis degli azzurri in Coppa Davis.
“L’ho vista in tv a Londra, dov’ero per una presentazione del mio libro, con i commentatori che ripetevano “wonderful” – racconta – provo una gioia immensa, per l’Italia, per tutta la squadra, per Jannik Sinner ma soprattutto per Matteo Berrettini. Dopo l’infortunio che l’aveva relegato sugli spalti lo scorso anno, questa vittoria era importantissima per lui”. La devozione di Bianchini non è però dell’ultim’ora ma nasce, racconta all’AGI, nel 1990 dalla visione, in tv, della finale tra Monica Seles e Steffi Graf, vinta dalla prima: “Quei gesti, quel pathos mi conquistarono, spingendomi a imparare a giocare. A Torino, la mia città, scavalcavo le recinzioni dei campi comunali con un mio amico”.
Negli anni è diventato un buon palleggiatore, ma ammette che la partita non fa per lui: “Nella vita mi considero una persona coraggiosa, in campo no, mi viene il braccino. Mi immedesimo molto di più con i set point sprecati da Berrettini nella semifinale contro Kokkinakis che con la spietata determinazione di Sinner”. Oltre ad aver evocato il numero uno del mondo nel suo ultimo romanzo, lo ha incontrato a Torino durante le Atp Finals: “Abito vicino al Principi di Piemonte, l’hotel dove alloggiava, – racconta – e una sera, verso mezzanotte, l’ho incontrato mentre usciva e mi sono messo anche io dietro le transenne con gli altri fan”. Quello che lo ha colpito, analizza, oltre allo stoicismo con cui Sinner si è prestato ai selfie (anche con lui) è stato “il senso di protezione dei tifosi verso il campione, il religioso silenzio al suo cospetto, nessuna spinta per arrivargli più vicino, era come avere davanti una figura a metà tra il Papa e una santa patronale”.
Nella notte torinese Sinner gli è sembrato anche più giovane della sua età, “con la faccia da bambino”, in campo contro Argentina, l’Australia e l’Olanda “il protagonista di un’opera, un personaggio tragico che combatte da eroe, nonostante la spada di Damocle sopra la testa”. Il riferimento è all’attesa sentenza del Tas sul caso Clostebol: “Spero che vada tutto bene, in caso contrario sono pronto ad andare a protestare sotto la sede del tribunale di Losanna”. Tra tutti i match di Malaga lo scrittore è rimasto estasiato soprattutto dal doppio Sinner-Berrettini nel match contro l’Argentina: “È stata la partita più emozionante, il nostro orgoglio nazionale, in un mondo, compreso quello del tennis, pieno di individualisti, Matteo e Jannik per la prima volta insieme in Davis si sono messi a disposizione della scelta coraggiosa e disperata di capitan Volandri”.
Se il leader Sinner è un eroe da opera tragica, Berrettini, scherza, “è un attore di Hollywood, bellissimo e con un sorriso da cinema. Ha fatto un unico errore nella sua vita, quello di salire sul pullman dei vincitori degli Europei di calcio quando nel 2021 è arrivato in finale a Wimbledon. Ma le giornate di Malaga ci hanno regalato un campione ritrovato, che farà del bene al nostro movimento tennistico”. Un variegato cast di personaggi come quello della Davis potrebbe ispirargli un nuovo romanzo, questa volta dichiaratamente tennistico? “Chissà, un pensierino sto iniziando a farlo”. Intanto ha consegnato il suo primo libro ‘Instant love’ nelle mani della Graf, che era a Cuneo per un evento della sua fondazione benefica. E anche lì, ovviamente ci è scappato un selfie.
AGI – Nel suo primo romanzo ‘Instant love’ scritto nel 2003, aveva messo un bel po’ di tennis, con il protagonista che giocava e qualche riferimento ai grandi campioni di allora, dalla volée di Boris Becker al dritto di Steffi Graf. Nell’ultimo, ‘Il cuore è uno zingaro’ (Mondadori), un giallo che con racchette e terra rossa non c’entra niente ma è ambientato, guarda caso, in Alto Adige, due personaggi (padre e figlio) di cognome si chiamano Sinner e si sentono spesso chiedere “se sono parenti”.
Indizi che, se non bastasse il suo profilo Facebook ricco di selfie con tennisti di ieri e oggi, provano che Luca Bianchini 54 anni, da Torino patria delle Atp Finals dove lui ovviamente c’era, fa parte dell’esercito di italiani in estasi per la vittoria bis degli azzurri in Coppa Davis.
“L’ho vista in tv a Londra, dov’ero per una presentazione del mio libro, con i commentatori che ripetevano “wonderful” – racconta – provo una gioia immensa, per l’Italia, per tutta la squadra, per Jannik Sinner ma soprattutto per Matteo Berrettini. Dopo l’infortunio che l’aveva relegato sugli spalti lo scorso anno, questa vittoria era importantissima per lui”. La devozione di Bianchini non è però dell’ultim’ora ma nasce, racconta all’AGI, nel 1990 dalla visione, in tv, della finale tra Monica Seles e Steffi Graf, vinta dalla prima: “Quei gesti, quel pathos mi conquistarono, spingendomi a imparare a giocare. A Torino, la mia città, scavalcavo le recinzioni dei campi comunali con un mio amico”.
Negli anni è diventato un buon palleggiatore, ma ammette che la partita non fa per lui: “Nella vita mi considero una persona coraggiosa, in campo no, mi viene il braccino. Mi immedesimo molto di più con i set point sprecati da Berrettini nella semifinale contro Kokkinakis che con la spietata determinazione di Sinner”. Oltre ad aver evocato il numero uno del mondo nel suo ultimo romanzo, lo ha incontrato a Torino durante le Atp Finals: “Abito vicino al Principi di Piemonte, l’hotel dove alloggiava, – racconta – e una sera, verso mezzanotte, l’ho incontrato mentre usciva e mi sono messo anche io dietro le transenne con gli altri fan”. Quello che lo ha colpito, analizza, oltre allo stoicismo con cui Sinner si è prestato ai selfie (anche con lui) è stato “il senso di protezione dei tifosi verso il campione, il religioso silenzio al suo cospetto, nessuna spinta per arrivargli più vicino, era come avere davanti una figura a metà tra il Papa e una santa patronale”.
Nella notte torinese Sinner gli è sembrato anche più giovane della sua età, “con la faccia da bambino”, in campo contro Argentina, l’Australia e l’Olanda “il protagonista di un’opera, un personaggio tragico che combatte da eroe, nonostante la spada di Damocle sopra la testa”. Il riferimento è all’attesa sentenza del Tas sul caso Clostebol: “Spero che vada tutto bene, in caso contrario sono pronto ad andare a protestare sotto la sede del tribunale di Losanna”. Tra tutti i match di Malaga lo scrittore è rimasto estasiato soprattutto dal doppio Sinner-Berrettini nel match contro l’Argentina: “È stata la partita più emozionante, il nostro orgoglio nazionale, in un mondo, compreso quello del tennis, pieno di individualisti, Matteo e Jannik per la prima volta insieme in Davis si sono messi a disposizione della scelta coraggiosa e disperata di capitan Volandri”.
Se il leader Sinner è un eroe da opera tragica, Berrettini, scherza, “è un attore di Hollywood, bellissimo e con un sorriso da cinema. Ha fatto un unico errore nella sua vita, quello di salire sul pullman dei vincitori degli Europei di calcio quando nel 2021 è arrivato in finale a Wimbledon. Ma le giornate di Malaga ci hanno regalato un campione ritrovato, che farà del bene al nostro movimento tennistico”. Un variegato cast di personaggi come quello della Davis potrebbe ispirargli un nuovo romanzo, questa volta dichiaratamente tennistico? “Chissà, un pensierino sto iniziando a farlo”. Intanto ha consegnato il suo primo libro ‘Instant love’ nelle mani della Graf, che era a Cuneo per un evento della sua fondazione benefica. E anche lì, ovviamente ci è scappato un selfie.