AGI – La chiamano la “stanchezza da lusso”. Gli osservatori ritengono che il settore stia vivendo una fase molto difficile, dovuto principalmente al rallentamento del mercato chiave della Cina, che a sua volta soffre della crisi del mercato immobiliare e dell’elevato tasso di disoccupazione giovanile. Finora la Cina ha rappresentato il paese che spende di più in questo settore, ossia la metà delle vendite globali e i consumatori hanno ridotto la spesa perché preoccupati dalle prospettive economiche sempre più fosche del loro Paese.
Ma il trend del paese del Dragone non rappresenta l’unico freno. Lo stesso Frederic Grangie, responsabile della divisione orologi e gioielli di Chanel, che ha coniato appunto il termine “stanchezza del lusso”, ha spiegato che dopo tre anni di forte crescita, il calo dei consumi è dovuto anche ad un altro fattore, “molto più preoccupante e spiega perché questa crisi potrebbe durare più a lungo”. “Si tratta – ha spiegato – di una sensazione che colpisce i mercati maturi in cui i clienti iniziano a chiedersi che senso abbia questo settore”.
Che i maggiori brand siano in affanno, questo è indubbio e basta dare un’occhiata ai conti. L’utile operativo di Kering per il 2024 potrebbe essere pari alla metà di quello dell’anno scorso, a causa del crollo del 25% nel terzo trimestre delle vendite di Gucci, che rappresenta quasi la metà del fatturato e due terzi dell’utile operativo di Kering. Se Atene piange, Sparta non ride. Anche LMVH, il più grande gruppo del lusso al mondo (comprende Louis Vuitton, Christian Dior, Celine, Loewe, Kenzo, Givenchy, Fendi, Emilio Pucci, Marc Jacobs, Berluti, Loro Piana) ha riportato un inatteso calo delle vendite nel terzo trimestre e ha avvertito di un “ambiente economico e geopolitico incerto”.
A causa della debolezza della spesa dei consumatori cinesi, il fatturato del Gruppo del miliardario francese Bernard Arnault, è sceso del 3% a 19,1 miliardi di euro nei tre mesi fino al 30 settembre rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Gli analisti si aspettavano un aumento dei ricavi dell’1%. Le vendite della divisione principale di moda e pelletteria di LVMH, considerata un indicatore per il settore del lusso, sono scese del 5%, mancando anche il consenso degli analisti, ed è la prima volta che la divisione registra una diminuzione delle vendite dal 2020. Non è solo colpa della Cina: il calo “è dovuto principalmente alla minore crescita registrata in Giappone, essenzialmente a causa dello yen più forte”.
Controcorrente il gruppo francese del lusso Hermès, noto per i suoi foulard di seta e le borse Birkin, che ha registrato un aumento delle vendite dell’11,3% a 3,7 miliardi di euro a valuta costante nei tre mesi fino a settembre. Secondo gli analisti, Hermès ha resistito al rallentamento del settore meglio dei rivali perché si rivolge ai consumatori di lusso più facoltosi con lunghe liste d’attesa per le sue borse più popolari ma anche perché persegue un modello di business più difensivo con una visibilità relativamente buona sulla crescita dei ricavi, sui margini, sul flusso di cassa e sul profilo dei rendimenti.
E cosa accadrà nel prossimo futuro? Secondo l’Osservatorio Altagamma, che stima per il 2024 un giro d’affari per il mercato dei beni di lusso personali di circa 363 miliardi di euro (contro 369 del 2023), “il difficile contesto geopolitico ed economico attuale, caratterizzato da due conflitti, inflazione, aumento dei prezzi con un calo del potere d’acquisto e della fiducia dei consumatori, hanno influito su tutti i mercati”.
In particolare, “un rallentamento guidato soprattutto dall’Asia, con un contesto di mercato in Cina fortemente negativo, in parte controbilanciato da un’ottima performance del Giappone, con le altre geografie tendenzialmente in linea con lo scorso anno”. Si registra però una “forte polarizzazione tra i consumi di altissima gamma, più positivi, e quelli di un lusso più aspirazionale che evidenziano una marcata sofferenza, parzialmente assimilabile al calo di interesse per gli acquisti da parte delle generazioni più giovani”. Tutto sommato, Altagamma stima per il 2025 un recupero moderato, con una marginalità delle imprese di circa +3%. Come per dire, i consumatori saranno anche stanchi ma il lusso ha pur sempre un appeal intramontabile.