AGI – Vere o no le voci di un possibile esonero di Paolo Vanoli, nel calcio contano i risultati e, una volta esaurita la pausa delle nazionali, se il Torino non dovesse portare a casa i tre punti contro il Monza, il tecnico varesino avrebbe il destino già segnato. Poco contano le rassicurazioni che a mezzo stampa hanno veicolato in queste ultime ore in tutto l’ambiente il presidente Cairo e il diesse Vagnati. Fin qui compreso e apprezzato dalla tifoseria granata che ne riconosce l’impegno professionale e l’onestà intellettuale, nonostante il club abbia allestito una squadra più debole di quella dello scorso anno, senza ricambi adeguati e soprattutto con la sorpresa della cessione di Bellanova, Vanoli rischierebbe di pagare a caro prezzo l’impatto con la massima categoria e soprattutto l’inadeguatezza di un club che quest’anno farà davvero fatica a salvarsi.
Vanoli è un tecnico ambizioso e preparato ma sta scoprendo sulla propria pelle che Torino non è Venezia e che la proprietà, da tempo pesantemente contestata dalla tifoseria, non è proprio quella che un allenatore si augura di avere alle spalle. Mettiamoci pure una dose di inesperienza e una mancanza di cattiveria nei confronti di quei giocatori senza personalità o con poca umiltà, ed ecco la frittata. A completare definitivamente il quadro è la sequela di infortuni che tartassano la squadra, privata da più di un anno del centrale Schuurs, che nei piani della società avrebbe dovuto prendere il posto di Buongiorno, e poi da qualche settimana anche di Duvan Zapata, il giocatore simbolo di questa formazione. Ma, ad essere obiettivi, la crisi del Torino in realtà nasce da lontano: c’era ancora il colombiano quando i granata si sono fatti eliminare dall’Empoli in Coppa Italia e poi hanno perso contro Lazio e Inter.
Una volta uscito di scena il capitano, la squadra è letteralmente crollata nel gioco e nell’intensità collezionando altre sconfitte in serie, interrotte solo dalla immeritata vittoria sul Como. Alcuni giocatori sono irriconoscibili, altri scendono in campo attanagliati dalla paura, altri ancora sembrano dei dilettanti schierati in formazione solo per fare numero. Legittimo chiedersi se Vanoli abbia ancora il polso della situazione, se abbia soluzioni in mano per svoltare o se anche lui sia finito in confusione in mezzo a tanta depressione.
Contano i risultati, si diceva: dopo Monza, c’è l’altra partita in casa contro il Napoli capolista e poi due trasferte consecutive mica da ridere, contro Genoa ed Empoli, squadre abituate a lottare per la salvezza e a giocare con la giusta cattiveria, campi tradizionalmente ostici per i colori granata (soprattutto quello toscano). Il Torino sta prendendo schiaffi da tutti, senza mostrare una minima reazione. Cairo e Vagnati, quando le cose precipitano, spariscono dai radar, quando farebbero prima ad ammettere di aver sbagliato tutto (ma proprio tutto). E il patron, che fra poco sarà il più longevo che la storia granata ricordi, farebbe bene ad andarsene perchè il nulla cosmico che ha caratterizzato i suoi 19 anni di presidenza, questo sì che resterà scolpito nella memoria dei tifosi del Toro.
AGI – Vere o no le voci di un possibile esonero di Paolo Vanoli, nel calcio contano i risultati e, una volta esaurita la pausa delle nazionali, se il Torino non dovesse portare a casa i tre punti contro il Monza, il tecnico varesino avrebbe il destino già segnato. Poco contano le rassicurazioni che a mezzo stampa hanno veicolato in queste ultime ore in tutto l’ambiente il presidente Cairo e il diesse Vagnati. Fin qui compreso e apprezzato dalla tifoseria granata che ne riconosce l’impegno professionale e l’onestà intellettuale, nonostante il club abbia allestito una squadra più debole di quella dello scorso anno, senza ricambi adeguati e soprattutto con la sorpresa della cessione di Bellanova, Vanoli rischierebbe di pagare a caro prezzo l’impatto con la massima categoria e soprattutto l’inadeguatezza di un club che quest’anno farà davvero fatica a salvarsi.
Vanoli è un tecnico ambizioso e preparato ma sta scoprendo sulla propria pelle che Torino non è Venezia e che la proprietà, da tempo pesantemente contestata dalla tifoseria, non è proprio quella che un allenatore si augura di avere alle spalle. Mettiamoci pure una dose di inesperienza e una mancanza di cattiveria nei confronti di quei giocatori senza personalità o con poca umiltà, ed ecco la frittata. A completare definitivamente il quadro è la sequela di infortuni che tartassano la squadra, privata da più di un anno del centrale Schuurs, che nei piani della società avrebbe dovuto prendere il posto di Buongiorno, e poi da qualche settimana anche di Duvan Zapata, il giocatore simbolo di questa formazione. Ma, ad essere obiettivi, la crisi del Torino in realtà nasce da lontano: c’era ancora il colombiano quando i granata si sono fatti eliminare dall’Empoli in Coppa Italia e poi hanno perso contro Lazio e Inter.
Una volta uscito di scena il capitano, la squadra è letteralmente crollata nel gioco e nell’intensità collezionando altre sconfitte in serie, interrotte solo dalla immeritata vittoria sul Como. Alcuni giocatori sono irriconoscibili, altri scendono in campo attanagliati dalla paura, altri ancora sembrano dei dilettanti schierati in formazione solo per fare numero. Legittimo chiedersi se Vanoli abbia ancora il polso della situazione, se abbia soluzioni in mano per svoltare o se anche lui sia finito in confusione in mezzo a tanta depressione.
Contano i risultati, si diceva: dopo Monza, c’è l’altra partita in casa contro il Napoli capolista e poi due trasferte consecutive mica da ridere, contro Genoa ed Empoli, squadre abituate a lottare per la salvezza e a giocare con la giusta cattiveria, campi tradizionalmente ostici per i colori granata (soprattutto quello toscano). Il Torino sta prendendo schiaffi da tutti, senza mostrare una minima reazione. Cairo e Vagnati, quando le cose precipitano, spariscono dai radar, quando farebbero prima ad ammettere di aver sbagliato tutto (ma proprio tutto). E il patron, che fra poco sarà il più longevo che la storia granata ricordi, farebbe bene ad andarsene perchè il nulla cosmico che ha caratterizzato i suoi 19 anni di presidenza, questo sì che resterà scolpito nella memoria dei tifosi del Toro.