• 5 Novembre 2024 7:56

Corriere NET

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“L’Egitto non è sicuro”. Il tribunale di Catania non convalida il trattenimento di un migrante. E Roma manda gli atti alla Corte Ue

Nov 4, 2024

AGI – Anche il tribunale di Catania, dopo quello di Roma di un paio di settimane fa, non ha convalidato il trattenimento di un migrante, in questo caso proveniente dall’Egitto. In Egitto vi sono “gravi violazioni dei diritti umani, che in contrasto con il diritto europeo citato persistono in maniera generale e costante ed investono non solo ampie e indefinite categorie di persone…ma anche il nucleo stesso delle libertà fondamentali che connotano un ordinamento democratico e che dovrebbero costituire la cornice di riferimento in cui si inserisce la nozione di Paese di Sicuro”, si legge in un passo del provvedimento. “…I citati rischi di insicurezza che riguardino, in maniera stabile ed ordinaria, intere ed indeterminate categorie di persone portano ‘de plano’ il decidente a negare che l’Egitto possa ritenersi paese sicuro alla luce del diritto dell’Unione Europea”. 

 

Il giudice Massimo Escher, presidente della sezione specializzata protezione internazionale del Tribunale di Catania, spiega in 12 pagine le motivazioni del provvedimento di “non convalida”  che riguarda un egiziano che a Pozzallo aveva fatto richiesta di protezione internazionale e per il quale era stata sollecitata la convalida del trattenimento – previsto dalla procedura accelerata – emesso dal questore di Ragusa. Alla base della non convalida la considerazione per cui la definizione dell’Egitto come Paese sicuro non basta a presumere che lo sia per il singolo richiedente. L’Egitto, infatti, figura tra i Paesi designati come sicuri dal D.L. 158 del 23.10.2024 assieme a Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia.

 

Il giudice, nella sua analisi, fa riferimento alla direttiva 2005/85/CE in cui viene evidenziata “la sicurezza di un paese terzo come criterio fondamentale per stabilire la fondatezza della domanda di asilo”. La conseguenza è che l’introduzione del Paese sicuro rende infondata la domanda di protezione per uno specifico richiedente “a meno che quest’ultimo ‘non adduca controindicazioni fondate’, cioè non invochi ‘gravi motivi per ritenere che quel paese non sia un paese di origine sicuro nelle circostanze specifiche in cui si trova il richiedente stesso e per quanto riguarda la sua qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE'”, argomenta il giudice.

Il giudice: “Gravi criticità nei diritti umani in Egitto”

Pena di morte, torture, repressione del dissenso e dei diritti delle persone Lgbti: il Tribunale di Catania indica queste “gravi criticità” in Egitto, definendo Paese non sicuro, nella sentenza che ha annullato il trattenimento di un cittadino egiziano. Il giudice richiama le cosiddette “Country of origin information” (Coi) del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, non contenute nel recente decreto legge 158/24 proprio in merito alla situazione in Egitto. “L’Egitto – riporta il giudice Massimo Escher – è uno dei Paesi nei quali si pratica la pena di morte e nel quale il numero delle esecuzioni è fra i più alti. Secondo il rapporto di Amnesty International sulla pena di morte nel mondo nel 2022, le esecuzioni in Egitto nel 2022 sarebbero diminuite rispetto al 2021 (da 83 a 24), ma le condanne a morte sarebbero aumentate rispetto al 2021 (da 356 a 538). Sempre secondo il rapporto di Amnesty International, le esecuzioni capitali sarebbero effettuate tramite impiccagione. Il 3 aprile 2024 un gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha pubblicato un comunicato, con il quale esprime preoccupazione per le sentenze a morte comminate a sette individui accusati di crimini legati al terrorismo. Ad avviso degli esperti ONU, in questi casi non sarebbero stati rispettati i principi del giusto processo e sarebbero state commesse violazioni dei diritti umani, tra cui tortura e confessioni forzate”.

 

Vi sono restrizioni della libertà personale, di parola e di stampa, provate da detenzioni preventive e “sparizioni forzate”. Il giudice Escher cita il fatto che “nell’ultimo rapporto del Comitato sulla tortura delle Nazioni Unite, che ha affrontato anche la situazione in Egitto, si esprime preoccupazione per il fatto che la legislazione anti-terrorismo contenga definizioni molto vaghe delle fattispecie legate al terrorismo, che sono usate per “mettere a tacere” i critici del Governo. Il Comitato ha espresso preoccupazione per denunce di arresti arbitrari, detenzioni illegali, maltrattamenti, sparizioni forzate, mancanza di garanzie processuali e del giusto processo.

 

Si richiama il Comitato per i Diritti umani delle Nazioni Unite che riferisce che le leggi penali sono utilizzate per reprimere l’attività degli utenti dei social media percepiti come critici nei confronti del regime e per criminalizzare attività connotate come ‘violazione della morale pubblica’ e ‘minaccia dei valori familiari”; quest’ultimo in particolare è il caso di donne e ragazze che avevano pubblicato propri video e fotografie dove ballavano e cantavano”; arresti anche per motivi religiosi, discriminazioni a danno delle donne “il Comitato per i Diritti umani delle Nazioni Unite segnala che la violenza domestica, compreso lo stupro coniugale, non è ancora esplicitamente criminalizzata nella legislazione nazionale e il codice penale consente clemenza per i cosiddetti ‘crimini d’onore’ e in ordine ai diritti Lgbti, nella realtà, i comportamenti omosessuali o le unioni tra persone dello stesso sesso spesso sono perseguiti dalle autorità di polizia, sulla base di accuse di ‘dissolutezza’, ‘prostituzione’ o ‘violazione dei valori della famiglia’, mentre le discriminazioni sono diffuse su vasta scala”. Le torture sarebbero all’ordine del giorno.

 

Insomma, vi sono delle eccezioni che devono essere prese in considerazione e proprio nelle Coi che recitano: “Si ritengono necessarie eccezioni per gli oppositori politici, i dissidenti, gli attivisti e i difensori dei diritti umani o per coloro che possano ricadere nei motivi di persecuzione”. Con queste premesse il giudice non ha convalidato il trattenimento.

La legale: “La procedura accelerata lede il diritto di difesa”

“La procedura accelerata lede il diritto alla difesa del richiedente protezione internazionale, che viene si’ da un paese definito sicuro per legge ma in modo generico”, spiega all’AGI Rosa Emanuela Lo Faro, legale del migrante egiziano per il quale il tribunale di Catania ha annullato il trattenimento. “La procedura accelerata – prosegue Lo Faro – non permette di analizzare il caso singolo; i tempi della impugnativa sono ristrettissimi e quindi si comprimono e ledono i diritti difensivi perché l’onere di provare che il paese non è sicuro è dato al migrante”. 

La reazione del centrodestra 

Il centrodestra insorge al nuovo stop ai trattenimenti di migranti che arriva da Catania dopo l’approvazione del decreto legge che elenca i cosiddetti ‘Paesi sicuri’, con cui il governo è intervenuto per cercare di superare l’impasse. E si riaccende la tensione con la magistratura: una decisione “politica”, è l’accusa delle forze di maggioranza. E sarebbe già pronta a prendere il largo alla volta dell’Albania la nave della Marina militare Libra, per un nuovo trasferimento di migranti negli appena realizzati centri di Gjader e Shenjin. L’operazione va avanti, assicura infatti il governo. Le opposizioni chiedono invece all’esecutivo di fermarsi, plaudendo la nuova sentenza del tribunale di Catania.

 

Intanto, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni riceve a palazzo Chigi il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli. Incontro che, si fa sapere, si inserisce “nell’ambito di una proficua e virtuosa collaborazione, nel rispetto dell’autonomia delle differenti Istituzioni”. Ma il clima è incandescente e la maggioranza torna a puntare il dito contro le toghe “politicizzate”: “Per colpa di alcuni giudici comunisti che non applicano le leggi il Paese insicuro ormai è l’Italia. Ma noi non ci arrendiamo!”, tuona il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini

 

“Assisto esterrefatto al continuo uso politico della giustizia con modalità tali che usurpano le competenze del potere legislativo e del potere esecutivo. La magistratura in questo Paese è diventato un problema davvero serio”, l’affondo del capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri. “Le toghe rosse tornano a colpire”, afferma il vicecapogruppo di FdI Salvo Sallemi, mentre per il presidente dei deputati di FdI Tommaso Foti la decisione dei giudici catanesi “appare perseguire l’unico fine di ostacolare qualsiasi azione volta a contrastare l’immigrazione illegale di massa, nonché a rendere difficili – se non impossibili – i rimpatri di chi entra illegalmente in Italia. La pretesa, da parte di alcuni giudici, di sostituirsi al Parlamento è fuori luogo, poiché costituisce una pericolosa ingerenza nel procedimento legislativo”.

 

Tranchant il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli: “Stanno trasformando l’Italia in una ‘repubblica delle banane'”. Per l’esponente di FdI “siamo in presenza di decisioni da certe toghe ai limiti dell’eversione”. Quanto al protocollo con l’Albania, il vicepremier Antonio Tajani assicura: “Non molleremo”. Per il leader di FI “c’è un problema di separazione dei poteri: la magistratura non può sostituirsi alla politica”. Che la linea sia segnata e non ci saranno dietrofront lo conferma il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani “Andiamo avanti per la nostra strada”, “spetta ai governi decidere quali sono i Paesi sicuri e quali no. Se ogni giudice decidesse di testa sua quali sono i Paesi sicuri e quali no naturalmente non potremmo più fare una politica di difesa dei confini”. Al contrario, le opposizioni chiedono al governo di tornare sui suoi passi. D’altronde, osserva il vicepresidente dei senatori Pd Antonio Nicita, dal tribunale di Catania arriva “una lezione di diritto” all’esecutivo.

 

E’ il responsabile sicurezza dei dem, Matteo Mauri, a chiedere al governo di fermarsi e “smetterla con questo gioco pericoloso per le istituzioni”, “evitate altri inutili sprechi e interrompete il nuovo trasferimento di migranti in Albania”. Il governo “si schianta contro la sua arroganza e la sua incapacità”, sostiene il capogruppo M5s in Affari costituzionali Alfonso Colucci. Il governo “insiste con la pessima fiction targata Meloni sui centri in Albania”, osserva Nicola Fratoianni, mentre il verde Angelo Bonelli fa il ‘verso’ a Salvini, capovolgendo la ‘lettura’ del vicepremier: “Per colpa di alcuni politici fascisti che stanno al governo in Italia che non rispettano il diritto internazionale, la democrazia e lo Stato di diritto sono stati calpestati”. La soluzione, per il segretario di Più Europa Riccardo Magi è una sola: “Il governo ammetta l’errore”. 

Riunione Anm a Bologna sul caso migranti 

Sulla polemica politica-magistratura, scaturita dal caso migranti, dice la sua il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, all’assemblea convocata d’urgenza a Bologna dalla giunta dell’Anm Emilia-Romagna dopo l’ordinanza del tribunale del capoluogo emiliano con cui è stato disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Ue sul decreto legge sui Paesi sicuri. “Quando il clima si accende, quando lo scontro si fa pesante e volano parole forti come quelle di ‘magistrati nemici del popolo’, può darsi che qualcuno prenda sul serio queste parole – spiega Santalucia -. Qui non si tratta di cercare lo scontro con la politica ma di difendere i magistrati da aggressioni che potrebbero creare un clima in cui esercitare la giurisdizione diventa più difficile. E le maggiori difficoltà si scontano poi sulla pelle dei cittadini”.

 

Per Santalucia “una volta erano i pubblici ministeri, le ‘toghe rosse’ della procura, a essere attaccate e i giudici finora erano stati un po’ tenuti da parte. Ora sono proprio i giudici a essere accusati di parzialità e di pregiudizialità, per lo più i giudici civili, quelli dell’immigrazione. Questa insofferenza nei confronti del potere giudiziario sembra allargarsi a macchia d’olio: non solo le procure, oggi riguarda tutta la giurisdizione. In questo troviamo motivi di rinnovata preoccupazione”, spiega il presidente dell’Anm.

 

“I magistrati senza opporsi e senza scontro chiedono soltanto, con ferma indignazione, poiché viene messa in pericolo l’autonomia e indipendenza della magistratura, che è un potere terzo, di poter esercitare il proprio ruolo senza condizionamenti di sorta. I diritti delle persone non possono essere messi in un angolo solo perché l’azione di governo trova un limite nelle pronunce dei giudici. È impensabile rappresentare la magistratura come un potere che ostacola il benessere della comunità quando non è d’accordo con l’azione di governo: è gravissimo – conclude Santalucia -, il senso di queste assemblee che faremo anche a dicembre è l’apertura verso la società e non la chiusura corporativa”. 

Il giudice Gattuso: “Effetto intimidatorio di condizionamento delle toghe”

“In questi giorni, si è assistito al tentativo di trasferire l’attenzione per un provvedimento giurisdizionale, che può essere sempre oggetto di critica, ai giudici che l’hanno firmato, con un oggettivo effetto intimidatorio di condizionamento nei confronti della magistratura”. Lo scrive il giudice di Bologna Marco Gattuso, in una lettera indirizzata al presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, per spiegare perché ha deciso di non partecipare all’assemblea convocata d’urgenza in corso al tribunale a Bologna per esprimergli solidarietà.

 

Gattuso, nello scritto letto durante l’assemblea a Bologna, spiega che, pur “aderendo ovviamente appieno all’assemblea di oggi”, ha scelto “di non essere presente proprio perché voglio sottolineare come, in questione, non sia la vicenda che mi ha riguardato e per cui ringrazio per i messaggi di solidarietà e affetto da parte di colleghi, avvocati e cittadini, ma ciò che è accaduto in questi giorni al diritto di ogni persona che il proprio giudice sia imparziale e libero da qualsiasi condizionamento. Ho cercato in tutta la mia vita di rispettare la dignità di questo lavoro – sottolinea – non rinunciando mai a dire quello che penso e a vivere per quello che sono, perché credo che un giudice debba essere innanzitutto trasparente, abbia diritto al rispetto della propria vita privata ma non debba avere nulla da nascondere agendo sempre con riserbo, continenza e rispetto. Evitare personalismi che oggi, oggettivamente, si potrebbero creare anche oltre le mie intenzioni e restare a studiare i processi che ho sul tavolo mi sembra allora una scelta in continuità”.

E Roma manda gli atti alla Corte Ue su Dl Paesi sicuri

Intanto, il tribunale di Roma ha emesso un decreto di sospensione dell’efficacia del diniego posto dalla commissione territoriale riguardo la richiesta di asilo di uno dei migranti che erano stati trasferiti in Albania. Con questo atto viene sospeso il giudizio e il caso è rimesso alla valutazione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea con richiesta di ”trattazione urgente”.

 

Sono quattro i quesiti pregiudiziali proposti dal tribunale di Roma Il primo riguarda la possibilità o meno da parte di un legislatore – alla luce del diritto dell’Unione – di poter designare direttamente, con un atto legislativo primario, un Paese terzo come di origine sicuro. Roma chiede alla Corte di interpretare il diritto Ue come ostativo rispetto alla “possibilità che la designazione dei Paesi di origini sicuri sia affidata ad un atto normativo primario, avente forza e valore di legge”. 

 

Con la seconda questione, invece, il tribunale capitolino chiede se il diritto dell’Unione possa impedire a un legislatore di designare uno Stato terzo come Paese di origine sicuro “senza rendere accessibili e verificabili le fonti adoperate per giustificare tale designazione”, in questo modo “impedendo al richiedente asilo di contestarne, e al giudice di sindacarne, la provenienza, l’autorevolezza, la pertinenza, l’attualita’, la completezza, o comunque in generale il contenuto”. Con il terzo quesito viene invece chiesto ai giudici europei se il diritto dell’Unione Europea consenta in ogni caso al giudice di utilizzare informazioni sul paese di provenienza di un migrante – attingendole autonomamente dalle fonti utili ad accertare che sussistano effettivamente le condizioni per la designazione – nell’ambito di una “procedura accelerata di frontiera” da paese di origine sicuro.

 

Con il quarto e ultimo quesito, infine, viene chiesto alla corte di giustizia se il diritto dell’Unione impedisca che un Paese possa essere definito di origine sicuro qualora ci siano, nello stesso, categorie di persone per le quali non soddisfi le condizioni sostanziali di sicurezza. 

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