• 26 Ottobre 2024 6:22

Corriere NET

Succede nel Mondo, accade qui!

Violenza sulle donne, uno studio dell’Iss cerca le ‘cicatrici’ nel Dna

Ott 26, 2024

AGI – La violenza lascia ‘cicatrici’ sul Dna delle donne che la subiscono, e capire fino a che punto queste modifiche si estendano all’interno del genoma delle vittime, e quanto durano i loro effetti nel tempo potrebbe essere la chiave per mettere in atto una prevenzione ‘di precisione’. A questo scopo è partita la fase multicentrica del progetto EpiWe (Epigenetics for Women), che chiede la collaborazione di tutte le donne, attraverso la semplice donazione di un campione biologico.

L’iniziativa, insieme a un video realizzato per invitare le donne a partecipare, è stata presentata oggi nel corso di un convegno dal titolo ‘Epigenomica della violenza sulle donne, studio multicentrico’. “La violenza contro le donne e un problema di salute pubblica globale persistente che riguarda tutte le classi sociali e le etnie con una notevole influenza negativa sulla salute delle donne – afferma Rocco Bellantone, Presidente dell’Iss -. L’individuazione precoce, gli interventi adeguati e la cooperazione multidisciplinare sono fattori cruciali per contrastare la violenza di genere. La ricerca pubblica e la sanità pubblica svolgono un ruolo centrale nell’individuazione dei fattori di rischio e di protezione e nella comprensione del legame tra la violenza e gli effetti a lungo termine sulla salute delle donne.

 

Questo lavoro transdisciplinare ha come obiettivo principale quello di proporre una serie di strategie innovative e/o d’interconnessione per garantire alla donna che ha subito violenza, un’assistenza di lungo periodo cosi da contrastare e limitare l’insorgenza di patologie croniche e non trasmissibili che potrebbero avere origine proprio dal trauma subito. “La Sanità Pubblica – aggiunge Bellantone – riveste un ruolo centrale nell’identificare i fattori di rischio e di protezione e nel rafforzare la ricerca. E l’Iss con le sue ricercatrici e i suoi ricercatori supporta programmi e azioni al fine di garantire a tutte le donne e a tutte le ragazze una vita senza violenza e senza le sue conseguenze sulla salute”. Lo studio pilota EpiWE pubblicato nel 2023 e di cui l’Iss è l’ente promotore in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e la Fondazione Ca’ Granda dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, aveva già dimostrato che la violenza è in grado di alterare a livello epigenetico i geni delle donne vittime di violenza, modificandone cioè non la struttura ma l’espressione.

“Quei risultati preliminari, che erano stati ottenuti analizzando un pannello di 10 geni – spiega Simona Gaudi coordinatrice di EpiWe ricercatrice del Dipartimento Ambiente e Salute – sono stati il punto di partenza per lo sviluppo dello studio multicentrico, che prende il via grazie all’accordo di collaborazione tra il Ministero della salute-Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) e l’Iss. L’azione Centrale del ministero permetterà di avere un numero maggiore di donne da arruolare nella ricerca, per riuscire a studiare il profilo epigenetico non di pochi geni, come è stato fino a ora, ma dell’intero genoma. E di farlo con continuità, nel tempo avviando programmi di follow up: invitando le donne a donare nel corso del primo incontro dopo la violenza un campione biologico da analizzare, e anche a tornare a farlo ancora”. La nuova fase prevede il coinvolgimento di 7 unità operative e di 5 regioni – Lazio, Lombardia, Campania, Puglia e Liguria. Grazie alla medicina territoriale e ai suoi ambulatori, pronto soccorsi, case antiviolenza, asl, le donne vittime di violenza relazionale o sessuale saranno informate sulla possibilità di donare un loro campione biologico e di tornare per valutare nel tempo la possibile variazione epigenomica attraverso la raccolta di più campioni, per intercettare in ognuna di loro il prima possibile gli eventuali danni di salute intervenendo a livello multidisciplinare e integrato per prevenirli. L’obiettivo è quello di riuscire a coinvolgere il maggior numero possibile di donne con prelievi di sangue almeno per 18 mesi, per 4 prelievi in totale, uno ogni sei mesi. Al momento del prelievo, e nei richiami del follow-up, i campioni biologici saranno corredati con una serie di dati sul benessere psicofisico, con particolare riguardo alle patologie stress-correlate. Per la raccolta di dati è stata sviluppata una scheda informatica ad hoc, che consiste di 4 domande di contesto, 5 domande per indagare il rischio di recidiva violenta, quindi un questionario di 18 domande per individuare un’eventuale sindrome da stress post traumatico. “Quello che stiamo dimostrando a livello territoriale – riprende Gaudi – è che la violenza influisce sulla salute del genoma in un modo tale che i suoi effetti a volte si manifestano 10-20 anni dopo. Questo ci dicono i dati. Ma a noi vogliamo dare supporti molecolari a questi dati, in modo tale che analizzando tutto il profilo dell’epigenoma nel tempo saremo in grado di dire che quella donna potrebbe avere un maggiore suscettibilità a sviluppare un tumore all’ovaio o una malattia cardiovascolare o una patologia autoimmune”.

 

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Guarda la Policy

The cookie settings on this website are set to "allow cookies" to give you the best browsing experience possible. If you continue to use this website without changing your cookie settings or you click "Accept" below then you are consenting to this.

Close