Il documentario Columbus Dna. His True Origin ha sollevato notevoli controversie nella comunità scientifica, soprattutto per la tesi che Cristoforo Colombo non fosse genovese, ma un ebreo sefardita nato in Spagna. Questa teoria, in realtà, non è nuova: viene riproposta da decenni e ha radici nella tradizione di studiosi che cercavano di attribuire a Colombo origini diverse rispetto alla versione genovese comunemente accettata.
Già in passato, vari autori, come Salvador de Madariaga negli anni ’30, avevano suggerito che Colombo potesse essere di origini sefardite, ma le prove a sostegno di queste affermazioni sono sempre state deboli e controverse. José Antonio Lorente, il principale protagonista del documentario, è un professore di Medicina Legale e Forense all’Università di Granada. Lorente ha condotto analisi genetiche sui presunti resti di Colombo, arrivando a conclusioni che hanno alimentato il dibattito, ma senza fornire prove scientifiche pubblicate che ne confermassero la validità. I problemi scientifici di questa teoria sono molteplici e riguardano principalmente la qualità del campione di Dna, la natura dei frammenti genetici analizzati e diverse contraddizioni interne alla ricerca stessa.
Uno dei punti critici principali è la qualità del Dna analizzato. I resti attribuiti a Cristoforo Colombo e ai suoi parenti sono stati recuperati nel 2003 dalla Cattedrale di Siviglia, ma già al momento della loro riesumazione fu chiaro che il Dna disponibile era estremamente degradato. Secondo Ángel Carracedo, genetista che inizialmente partecipò al progetto, il materiale genetico era in condizioni così pessime che era difficile trarne conclusioni definitive. La degradazione del Dna è un problema comune nei campioni antichi, soprattutto quando sono stati sottoposti a condizioni sfavorevoli, come l’umidità o ripetuti trasferimenti, che riducono notevolmente la quantità di materiale utile per l’analisi. Questo degrado rende complicato il recupero di sequenze sufficientemente lunghe e integre da poter essere confrontate in modo accurato.
Un altro aspetto problematico riguarda i frammenti di Dna effettivamente analizzati. Lorente ha affermato di aver basato le sue conclusioni sul Dna mitocondriale, che viene ereditato esclusivamente dalla madre, e sul cromosoma Y, che viene trasmesso lungo la linea paterna. Il Dna mitocondriale è spesso usato negli studi di genetica antica perché tende a degradarsi meno rapidamente rispetto al Dna nucleare. Tuttavia, Lorente stesso ha ammesso che i frammenti di Dna mitocondriale ottenuti erano “molto piccoli” e, quindi, insufficienti per trarre conclusioni solide. Questa ammissione è significativa, poiché dimostra che la quantità di informazioni genetiche recuperata era troppo limitata per essere utilizzata in modo affidabile, specialmente per dedurre dettagli sull’origine geografica o religiosa di Colombo.
Un ulteriore problema scientifico è rappresentato dalle contraddizioni tra i risultati del documentario e quanto affermato in precedenti analisi. Lorente ha dichiarato che il Dna mitocondriale di Cristoforo Colombo e di suo fratello Diego è identico, il che confermerebbe che i due condividessero la stessa madre. Tuttavia, nel documentario viene affermato che le analisi attuali indicano che Cristoforo e Diego non erano fratelli, ma cugini di secondo grado. Questa affermazione contrasta con i dati precedenti e solleva dubbi sulla coerenza della ricerca condotta nel corso degli anni. Se i risultati non sono stati confermati o sono stati modificati nel tempo, la credibilità delle analisi viene ulteriormente compromessa.
Un’altra contraddizione riguarda l’interpretazione dei risultati genetici in relazione all’origine sefardita di Colombo. Lorente sostiene che i tratti genetici presenti nel cromosoma Y e nel Dna mitocondriale di Hernando Colombo, figlio di Cristoforo, siano compatibili con un’origine ebraica. Tuttavia, come sottolineato da diversi genetisti, tra cui Antonio Alonso, i cluster di varianti genetiche usate per identificare potenziali ascendenze sefardite non sono esclusivi delle popolazioni ebraiche. Molti haplogruppi sono condivisi da gruppi diversi, sia ebrei che non ebrei, il che rende difficile collegare con certezza una persona a una specifica origine etnica o religiosa solo sulla base di questi dati. In altre parole, anche se fossero stati individuati tratti genetici associati a popolazioni sefardite, ciò non basterebbe a dimostrare che Colombo fosse di origine ebraica, né tanto meno che fosse nato in Spagna.
Un ulteriore elemento di criticità è la scelta di presentare i risultati attraverso un documentario piuttosto che tramite una pubblicazione scientifica. Rodrigo Barquera, esperto di archeogenetica presso il Max Planck Institute, ha sottolineato come sia scorretto divulgare risultati scientifici senza averli prima sottoposti a revisione da parte di esperti indipendenti. In ambito scientifico, i dati vengono solitamente pubblicati su riviste specializzate e sono soggetti a un rigoroso processo di revisione, che garantisce la validità delle conclusioni raggiunte. Nel caso di Columbus Dna, non è stato fornito alcun articolo scientifico che descriva dettagliatamente le analisi condotte, le metodologie utilizzate o i risultati ottenuti, il che rende impossibile per la comunità scientifica valutare correttamente l’attendibilità delle affermazioni fatte.
Infine, le dichiarazioni di Lorente secondo cui non ci sarebbero dubbi sull’identità delle ossa trovate nella Cattedrale di Siviglia, nonostante l’assenza di prove convincenti, sono un ulteriore punto di frizione. Già nel 2006, Lorente aveva dichiarato alla stampa che le ossa appartenevano senza alcun dubbio a Cristoforo Colombo, ma non aveva fornito prove pubbliche a sostegno di questa affermazione. Questo tipo di approccio, in cui vengono fatte affermazioni sensazionali senza una solida base scientifica, mina la credibilità del progetto nel suo complesso.
In conclusione, i principali problemi scientifici che affliggono la tesi di un Colombo ebreo sefardita e nato in Spagna riguardano la cattiva qualità dei campioni di DNA, l’analisi di frammenti genetici troppo limitati per trarre conclusioni affidabili, e le contraddizioni interne alla ricerca. La mancanza di trasparenza e di pubblicazioni scientifiche ufficiali aggrava ulteriormente la situazione, lasciando la tesi senza un solido fondamento scientifico e costringendo gli esperti a rimanere scettici di fronte a queste affermazioni.