• 24 Novembre 2024 10:43

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Otto passi sulla strada per la vita

Ott 11, 2024

Ci sono ancora oggi moltissimi che dubitano del fatto che la scienza moderna possa arrivare a trovare come la vita potrebbe essere sorta sul nostro pianeta semplicemente a partire dalla chimica prebiotica del nostro pianeta, intorno a quattro miliardi di anni fa, in quell’epoca infernale chiamata Adeano.

La realtà è che le ricerche degli ultimi due decenni hanno dimostrato come molti degli ostacoli ritenuti invalicabili siano in realtà superabilissimi, talché oggi esistono più possibilità diverse in via di approfondimento. Trattandosi di un processo storico che non ha lasciato tracce dirette, visto il tempo e le trasformazioni intercorse, le dimostrazioni che la scienza può trovare non hanno ovviamente il valore di una ricostruzione più o meno probabile, ma solo quello di prova del fatto che il processo di emersione della vita dalla chimica e dalla fisica è possibile; anzi, proprio il fatto che si stanno trovando numerose alternative è evidenza positiva del fatto che le probabilità potrebbero essere molto più alte di quanto inizialmente supposto.

Fatte queste premesse, intendo produrmi, a beneficio del lettore paziente, in un esercizio molto semplice: la ricostruzione di una via possibile, fondata esclusivamente sui dati documentati dalla ricerca. Una via fra le tante, attraverso la letteratura scientifica, giusto per mostrare quale sia il livello di approfondimento e di progresso cui siamo giunti.

Come punto di partenza, diamo per scontata la presenza di una gran quantità di molecole organiche sul nostro antico pianeta; fra queste, è certo che vi fossero ribonucleotidi diversi, molecole fondamentali per la sintesi dell’RNA. Questa assunzione è ragionevole, sia perché la loro sintesi avviene in molte condizioni come quelle che si ipotizzano sulla Terra primitiva, sia perché sono stati trovati anche in meteoriti, a documentare la relativa facilità della loro formazione.

I ribonucleotidi trifosfato (rNTP ) sono molecole da quelli derivati, per aggiunta di tre gruppi fosfato. Questi composti sono utilizzati nelle cellule moderne per fornire energia chimica, necessaria per la sintesi dell’RNA e di altre macromolecole. Come dimostrato da Kim e Benner nel 2021, condizioni compatibili con l’Adeano, includenti la presenza di nichel, borato e un comune donatore di gruppi fosfato, permettono la sintesi abiotica e spontanea di rNTP. Il nichel è un metallo di transizione che può fungere da catalizzatore, mentre il borato è un composto chimico derivato dal boro, che svolge un ruolo stabilizzante nella chimica prebiotica; il semplice processo descritto dai ricercatori avrebbe potuto creare riserve di nucleotidi trifosfato nell’ambiente primordiale, pronte per essere utilizzate nella successiva polimerizzazione.

Una volta formati i ribonucleotidi trifosfato, il passo successivo è stata la formazione di filamenti di RNA sufficientemente lunghi da essere interessanti. Jerome e collaboratori hanno dimostrato nel 2022 che, in presenza di vetri vulcanici come diabase, basalto e gabbro, i rNTP potevano polimerizzare spontaneamente in catene di RNA di lunghezza fino a 300 nucleotidi. Questi materiali vulcanici, chiamati anche vetri vulcanici, sono il risultato del rapido raffreddamento della lava e agiscono anche in questo caso da catalizzatori, ovvero accelerano le reazioni chimiche di formazione di RNA senza essere consumati nel processo. Il processo, che si sarebbe potuto verificare nelle aree vulcaniche ricche di vetri rocciosi come se ne trovano anche su Marte, rappresenta una tappa fondamentale per l’origine di molecole di RNA in grado di svolgere attività catalitica e supportare la replicazione.

Tra le molecole di RNA prodotte, alcune, comprese nelle dimensioni ottenibili, si sono dimostrate capaci di catalizzare la sintesi di sé stesse a partire dai ribonucleotidi disponibili, cioè di funzionare da ribozima polimerasi, come ha dimostrato lo studio di Tjhung e colleghi nel 2020, ove sono statei trovati RNA in grado di sintetizzare copie funzionali di sé stessi e dei loro “antenati”, come il ribozima ligasi di classe I. Una ligasi è un ribozima che catalizza la formazione di un legame chimico, come la congiunzione di due frammenti di RNA creati dalla polimerasi. Le polimerasi descritte dagli studiosi, dunque, creano sia le ligasi, sia i frammenti che le ligasi uniscono per formare altra polimerasi, ottenendosi così la propria replicazione. Tuttavia, uno dei limiti osservati era la fedeltà della replicazione, ovvero la precisione con cui venivano replicate le molecole, con solo una frazione dei ribozimi assemblati capace di mantenere una corretta funzionalità catalitica.

A dispetto di queste limitazioni inziale, Portillo e colleghi hanno dimostrato nel 2021 che, attraverso 52 cicli di evoluzione diretta (una tecnica che simula la selezione naturale in laboratorio), i ribozimi polimerasi sviluppano nuove mutazioni che permettono di ottenere ribozimi migliorati, con maggiore efficienza e con la capacità di generare sequenze più lunghe di RNA. Questo risultato, ottenuto in poche decine di giorni di selezione a confronto delle ere geologiche disponibili in natura, mostra chiaramente come la selezione darwiniana abbia potuto favorire molecole di RNA progressivamente più complesse, che si sono dimostrate capaci di migliorare la replicazione e quindi aumentare la fitness, ovvero la capacità di sopravvivere e riprodursi.

Oltre a evolversi verso una maggiore complessità, le molecole di RNA possono cooperare tra loro, formando reti di replicatori e ribozimi interdipendenti. Lo studio di Mizuuchi et al. (2022) ha dimostrato come durante esperimenti di evoluzione a lungo termine, popolazioni di replicatori di RNA evolvono in reti complesse, in cui alcuni replicatori dipendono da altri per la replicazione. Questa rete cooperativa ha aumentato la stabilità complessiva del sistema, permettendo ai replicatori di sopravvivere e diversificarsi in modo più efficiente. La cooperazione tra replicatori RNA potrebbe quindi aver rappresentato un vantaggio evolutivo fondamentale, aumentando la capacità di adattamento dei sistemi prebiotici.

Un altro punto cruciale nell’evoluzione delle molecole biologiche è la possibile cooperazione tra RNA e peptidi. I peptidi sono catene corte di amminoacidi, i costituenti base delle proteine, che si formavano spontaneamente in ambiente prebiotico. Müller e colleghi nel 2022 hanno evidenziato che le molecole ibride RNA-peptide sono più stabili e cataliticamente attive rispetto a RNA o peptidi isolati. La formazione di complessi RNA-peptide ha potuto consentire una stabilizzazione reciproca, aumentando la capacità di entrambi i componenti di svolgere funzioni catalitiche e replicative. Questi sistemi ibridi rappresentano una fase intermedia cruciale nella transizione dal mondo a RNA a un mondo dominato da ribosomi primitivi, in cui le proteine hanno iniziato a svolgere un ruolo centrale come catalizzatori. Un ribosoma è una struttura cellulare che ancora oggi sintetizza proteine utilizzando le informazioni codificate nell’RNA. La cooperazione tra RNA e peptidi ha facilitato l’evoluzione di sistemi molecolari sempre più complessi e funzionali, gettando le basi per l’emergere del codice genetico e del flusso di informazione da questo alle proteine.

Parallelamente alla formazione di complessi RNA-peptide, un altro fattore fondamentale è stata la formazione spontanea di protocellule nell’ambiente dell’Adeano. Le protocellule sono strutture sferiche delimitate da una membrana lipidica, simili alle cellule moderne, che possono contenere molecole biologiche al loro interno. Köksal et al. nel 2021 hanno dimostrato che fosfolipidi e acidi grassi disponibili prebioticamente si auto-organizzano in protocellule su superfici minerali. Questi compartimenti lipidici non solo potevano inglobare RNA, ma erano anche in grado di sostenere reazioni chimiche lontane dall’equilibrio, come reazioni di spostamento del filamento di DNA senza l’ausilio di enzimi. Le reazioni lontane dall’equilibrio sono processi chimici che si verificano quando un sistema non raggiunge uno stato stabile, consentendo la realizzazione di reazioni chimiche complesse necessarie per la vita. La capacità delle protocellule di incorporare RNA e catalizzare reazioni dinamiche ha rappresentato un vantaggio significativo per l’emergere dei primi sistemi viventi, poiché questi compartimenti protettivi fornivano un ambiente ideale per la replicazione e l’evoluzione chimica del loro contenuto.

Infine, lo studio di Saha e colleghi di quest’anno ha mostrato come l’incapsulamento dell’RNA all’interno delle protocellule non solo migliorava la stabilità e l’attività catalitica dell’RNA, ma accelerava anche la sua evoluzione. L’incapsulamento è il processo attraverso il quale una molecola o una particella viene racchiusa in un compartimento, come una vescicola o protocellula. In esperimenti di evoluzione ad alto rendimento, è stato dimostrato che i ribozimi incapsulati evolvono più velocemente rispetto a quelli non incapsulati, convergendo verso forme più attive. Questo fenomeno, chiamato effetto di Matthew, si riferisce al principio secondo cui coloro che sono già in vantaggio (in questo caso, i ribozimi più efficienti) tendono ad acquisire ulteriori vantaggi, aumentando la loro fitness evolutiva. Le protocellule, quindi, non solo fungevano da contenitori, ma erano anche ambienti favorevoli per l’accelerazione dell’evoluzione molecolare e l’emergere di sistemi autoreplicanti più complessi.

Il senso di questa passeggiata fra articoli scelti in letteratura dovrebbe essere a questo punto chiaro. Potrei continuare ancora il cammino fra i risultati dell’ultimo decennio, mostrando possibilità documentate per il reclutamento del DNA nella protocellula e per l’evoluzione del suo metabolismo. Tuttavia, l’esercizio di ricostruzione di questo breve tratto attraverso 8 passi, per arrivare da molecole ubiquitarie nel cosmo fino ad una protocellula capace di evoluzione darwiniana, contenente informazione genetica sotto forma di RNA e primitive proteine da quello controllate, dovrebbe essere sufficiente a raggiungere il mio scopo: quello di convincere il lettore che il fiorire delle prove e delle ricerche di cui disponiamo ci sta fornendo sempre più una vasta serie di modi in cui dalla chimica prebiotica può spontaneamente sorgere la prima cellula, e dunque la vita. Forse molti di questi cammini sono pure stati percorsi in parallelo, forse la realtà ha trovato strade ancora diverse, ancora ignote alla scienza: pure, dovrebbe essere chiaro a tutti come l’evoluzione prebiotica è ormai la più probabile e realistica spiegazione del motivo per cui siamo qui, e i dettagli delle sue molteplici possibilità, che invito ad approfondire, sono più istruttivi di qualunque assunzione preconcetta su come siano andate le cose.

 

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