AGI – “Siamo pronti ad applicare le prerogative sindacali, dallo stato di agitazione allo sciopero, facendo capire ai nostri pazienti che è in gioco non un interesse di parte ma la salvaguardia un diritto collettivo costituzionale che dia un futuro”. All’82esimo congresso della Fimmg, il principale sindacato dei medici di medicina generale con circa 20 mila iscritti, il segretario Silvestro Scotti descrive la grande “sofferenza” della categoria e respinge lo stereotipo del medico di famiglia “fannullone”, ricordandone, invece, il ruolo di innovatore e di pilastro dell’assistenza sanitaria, e ricorda i dati della crisi che sta minando il sistema alla radice. “Desertificazione sanitaria, riduzione del numero di medici di famiglia da 43 mila a 37 mila, perdita di interesse all’accesso alla formazione specifica in medicina generale”, sono “fenomeni che, insieme, stanno determinando la impossibilita’ a rispondere alle esigenze assistenziali delle aree interne e delle periferie delle grandi città”, ha sintetizzato Scotti.
“Si continua a vendere la leggenda dei fannulloni che lavorano poche ore al giorno, senza mai confrontarsi con l’immensa produzione di atti di sanità pubblica sostenuti da questa categoria”, ha sottolineato Scotti davanti a un migliaio di colleghi riuniti fino a sabato prossimo al Tanka Village di Villasimius, in Sardegna, rilanciando lo slogan della mobilitazione dei medici di medicina generale prima della pandemia. “‘Adesso basta’ torna a essere una protesta, ritorna a essere il grido di una categoria che aveva già all’epoca segnalato i disagi e i rischi che poi si sono realizzati”, ha ricordato Scotti, nel descrivere i medici di medicina generale come “valenti artigiani della salute capaci di offrire una dimensione sartoriale delle cure”. “I dati sulla carenza dei medici erano chiari e prevedibili e li abbiamo denunciati negli ultimi 15 anni, ricavandone soluzioni temporanee e parcellari mentre continuano ad aumentare i carichi di lavoro e un maggiore impegno ai limiti della sostenibilità”.
“Basterebbe, e lo chiediamo da anni, valutare le tempistiche riferite ai flussi di dati che inviamo quotidianamente attraverso i servizi di accoglienza dei dati regionali e nazionali per conoscere quanto tempo il medico di famiglia dedichi al proprio lavoro, o meglio ai suoi pazienti”, ha incalzato il segretario della Fimmg. “Basterebbe leggere la riduzione di attrattività di questo ruolo professionale nell’ambito dell’Ssn che ha portato a una riduzione del personale in attività di oltre il 15% nel rapporto tra pensionamenti e nuovi ingressi negli ultimi 3 anni e con un tendenziale in crescita. Basterebbe leggere che la medicina di famiglia per i cittadini italiani si pone al primo posto per gradimento tra le figure del Ssn in tutti i sondaggi degli ultimi anni e da chiunque li abbia proposti. Come può una categoria che è pagata per fare poco non essere ambita?”. Scotti ha ricordato il carico burocratico che caratterizza sempre di più il lavoro dei medici di base. “Mi sono laureato in medicina per curare le persone”, ha osservato il segretario della Fimmg, “non le carte”.