BOLOGNA – Nell’America di Trump anche il rock fatica a viaggiare. La band pesarese dei Soviet Soviet, che questa settimana avrebbe dovuto iniziare il tour statunitense, è stata bloccata alla dogana aeroportuale prima di raggiungere Seattle e i primi locali che li attendevano e obbligata al rimpatrio in Italia, dopo essere stati dichiarati “immigrati clandestini”. Per poi essere incarcerati e rispediti a casa dopo una notte in cella.
Il motivo? Un problema di visti. Anche per i musicisti è necessario quello lavorativo, a meno che non si tratti di eventi ad invito, come ad esempio era il Festival Sxsw, a cui i Soviet Soviet avrebbero dovuto partecipare. Ma mostrarlo non è bastato. Tutti e tre i componenti della band erano provvisti dell’Esta, il visto turistico, e dell’invito alla rassegna. Il batterista Alessandro Ferri ha superato i controlli, gli altri due sono stati bloccati. “Di conseguenza siamo stati richiamati e sottoposti a tre interrogatori separati. Abbiamo fatto parlare gli agenti anche con il proprietario dell’etichetta americana senza ottenere alcun successo. Dopo quasi 4 ore di domande ci hanno letto il verdetto: avevano deciso di rimandarci in Italia e di negarci l’entrata negli Stati Uniti”, racconta la band.
Per il trio marchigiano era solo l’inizio dell’odissea, in una giornata intera passata all’interno dello scalo di Seattle tra controlli e interrogatori. Con tanto di sequestro dei cellulari, il che ha reso la band irreperibile per quasi un’intera giornata, “senza neanche lasciarci avvertire i parenti“. Poi, in serata, “si sono presentati due ufficiali carcerari che ci hanno perquisito, ammanettato e portato in carcere tramite camionetta – raccontano i musicisti -. Abbiamo passato la notte in cella scortati come criminali. Il giorno dopo altri due agenti ci sono venuti a prelevare. Perquisizione, manette e camionetta”.E, a questo punto, essere messi su un volo di ritorno è stato un sollievo. I Soviet Soviet sono atterrati in mattinata a Londra per poi arrivare nel pomeriggio a Bologna e da qui muoversi verso Pesaro. Una disavventura che è costata alla band italiana paura, “umiliazione”, ma anche la rinuncia a un tour importante con date prestigiose come quelle al Festival Sxsw.
“Il tour era solo per promozione e non per guadagno – precisano -. Sapevamo che se avessimo percepito un compenso avremmo dovuto fare il visto lavorativo”. Ma agli agenti è bastato vedere che due degli show in programma prevedevano un ingresso a pagamento. “Abbiamo provato in tutti i modi a spiegare che la situazione economica concordata era diversa ma non c’è stato modo di convincerli. Da quel momento siamo diventati tre immigrati clandestini e siamo stati trattati come criminali”.
Ad annunciare per primo quel che stava accadendo
è stato John Richards, speaker della radio Kexp, che ieri attendeva come ospiti i Soviet Soviet. “Tutto ciò fa schifo”, scrive su Facebook, invitando gli ascoltatori a sostenere la band italiana e a comprare i loro dischi. Solidarietà arriva anche dai commenti apparsi nella pagina del dj, tra i tanti americani che si dissociano dalle politiche del loro neopresidente e chi si scusa dicendosi “in imbarazzo” per l’accaduto.