• 25 Novembre 2024 11:57

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Quel telescopio “anti asteroidi” è un pericolo per l’ambiente

Set 6, 2024

La rivoluzione tecnologica molto probabilmente non dimorerà in Italia. Non almeno in Sicilia (non lo vogliono gli ambientalisti e il Tar gli ha dato ragione). Potrebbe doversi cercare un’altra collocazione altrove. Non sarà difficile, molti sono i luoghi con le caratteristiche giuste pronti ad accoglierla. Una di queste era il Monte Mufara nella dorsale montuosa delle Madonie, in pratica nell’entroterra che guarda dall’alto Cefalù.

Nel 2018 l’Agenzia spaziale europea aveva firmato un accordo con l’Agenzia spaziale Italiana per costruire sul Monte Mufara un telescopio FlyEye, un telescopio che viene considerato rivoluzionario e che utilizza telecamere e ottiche multiple capaci di suddividere una sezione del cielo in 16 immagini più piccole, per espandere il campo visivo del telescopio e potere in questo modo eseguire sondaggi notturni dell’intero universo visibile dalla Terra. L’obbiettivo di FlyEye è quello di individuare oggetti celesti in avvicinamento e tutti i NEO (Near-Earth Objects), ossia asteroidi o anche comete, che potrebbero passare a una distanza inferiore ai 50 milioni di chilometri dal nostro pianeta e quindi essere potenzialmente pericolose in quanto potrebbero colpire la Terra.

I lavori di costruzione del sito astronomico sono iniziati il 27 agosto, la posa simbolica della prima pietra era prevista per oggi con tanto di fanfara istituzionale: doveva presenziare il ministro Adolfo Urso e il presidente della regione Sicilia Renato Schifani. Tutto bloccato. Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia ha decretato che tutto deve essere sospeso perché la costruzione dell’edificio che conterrà il telescopio è un pericolo per la tutela del territorio: dovrebbe sorgere nella “zona A”, quella sottoposta a tutela integrale, del Parco delle Madonie. 

Club Alpino Italiano, Legambiente Sicilia, Lipu e Wwf Sicilia avevano presentato un’istanza di misure cautelari e urgenti per bloccare il progetto. Il Tar l’ha accolta.

Poco importa che il telescopio avrebbe proprio la funzione di tutelare la Terra da eventuali pericoli celesti. Le associazioni ambientaliste e il Cai sostengono che l’edificio sarebbe un pericolo per la tutela del territorio protetto delle Madonie.

È davvero così?

L’Esa, presentando il progetto, ha subito sottolineato che l’impatto ambientale sarebbe stato basso, ma non zero. I lavori prevedono sbancamenti del sito protetto per un totale di circa 3.540 metri cubi e la costruzione di un edificio di altezza di oltre 13 metri fuori terra, con una superficie di 800 metri quadrati. In più verrebbe realizzata una nuova strada carrozzabile per l’accesso sulla cima della montagna e un parcheggio a servizio dell’osservatorio.

Di lavori insomma ce ne sono da fare, ma l’Esa, considerando che il parco ha un’estensione di 161,8 chilometri quadrati, ha ritenuto che fosse basso l’impatto ambientale. Non sono stati dello stesso avviso gli ambientalisti che si sono erti a difesa dell’integrità del parco sotto il vessillo di una tutela assoluta, che sembra sempre più una difesa assoluta dello status quo. Anche perché è vero che i lavori potrebbero creare dei piccoli problemi nel breve periodo, ma sarebbero assai di lieve entità sul lungo periodo e soprattutto in una sezione piccolissima del parco.

Le associazioni ambientaliste hanno sottolineato che “questa vicenda si caratterizza per la crescente arroganza, dal rifiuto ad ogni confronto di merito innanzitutto da parte di dell’Agenzia spaziale europea, dell’Agenzia spaziale italiana, della regione Sicilia e dell’Ente Parco delle Madonie, sino alla protervia nel cambiare ripetutamente le leggi di tutela i cui vincoli ordinari non consentivano ed in parte non consentono tutt’oggi la realizzazione di quest’opera”. Hanno evidenziato il rischio per mammiferi, invertebrati e uccelli e chiesto che il telescopio FlyEye fosse posizionato nell’osservatorio astronomico già presente nella dorsale montuosa. Peccato che non si possa utilizzare quell’osservatorio astronomico in quanto il telescopio Gal Hassin di Isnello è ancora utilizzato per altri studi.

Molto probabilmente la Lipu che ha ben promosso i “Quattordici appuntamenti nelle oasi e riserve gestite dall’Associazione per ammirare lo spettacolo delle stelle cadenti” non si è mai posta il problema che una di quelle stelle cadenti tanto affascinante da vedere possa un giorno sfracellarsi sul suolo terrestre.

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