Ai granchi blu della nomina dell’ex prefetto Enrico Caterino a “commissario straordinario per l’emergenza”, interessa poco. Oddio, a causa di difficoltà comunicative, non siamo riusciti a chiederglielo, ma questo indomabile crostaceo – visto con i nostri occhi – non teme nemmeno l’arrogante e vanesio gambero killer. “Stanno mangiando tutte le nostre vongole, le nostre cozze! – ci dice un pescatore del Delta del Po mentre ci accompagna a bordo della sua barca in mare aperto – Credimi laggiù sul fondale è una ecatombe”. In effetti, qui sono disperati. La produzione di vongole da 50 mila quintali all’anno, ora è ridotta a zero. Quella di cozze da 25 mila quintali, anche. E la raccolta di granchi blu invece si conta a tonnellate: 30 al giorno, per danni da milioni di euro.
“La situazione è grave – spiega al Foglio, il sindaco di Porto Tolle, Roberto Pizzoli – siamo in ginocchio. I produttori di vongole sono fermi, ci sono intere famiglie senza lavoro. Siamo a zero produzione ed eravamo i primi produttori in Italia. Il governo l’anno scorso aveva deliberato un finanziamento di 2,9 milioni di euro per sostenere consorzi e imprese. È arrivato poco o niente”. Come niente? “Sì, sono arrivati 350 mila euro. Ma noi abbiamo perdite per 200 milioni”. Due anni fa, loro furono i primi a lanciare l’allarme per questi indocili crostacei blu venuti dalle coste atlantiche. I granchi stavano già infestando l’Adriatico, e il sacrificio delle cozze era talmente devastante che i pescatori ci piangevano. Se ti sporgi dalla barca, di granchi blu ne trovi a frotte. Gironzolano, galleggiano, traballano, rimbalzano, sembrano primi ballerini nell’attesa di un passo a due che scarnifichi la preda.
“Ah ma adesso arriva il prefetto che entra in acqua e ci pensa lui”, ci dice un pescatore. “Ma a che serve un prefetto? – sbotta Renato che pesca nel Po da 50 anni – A che serve? Cosa può fare? I granchi blu non hanno bisogno del prefetto. Dai su”. Anche perché, questi abili predatori, come ci spiega un biologo incontrato sul Delta, sono fertili e valenti riproduttori. Una singola femmina può fare dai 700 mila ai 2 milioni di uova una volta l’anno. E a guardarli ti sembrano giocattoli. Non sembrano nemmeno veri. Hanno i colori del blu cobalto, dell’azzurro cielo, del mare intenso, sfumati come una dama sfuma il trucco sulle palpebre. Le chele, quelle più esterne, sono arancioni. Non fossero animali, sembrerebbero tanti piccoli omini con le pettorine che si apprestano ad asfaltare le strade. Perché questo fanno, asfaltano tutto. Mangiano, rigurgitano. Si azzannano perfino tra simili. In due casse piene zeppe di granchi, raccolte da un pescatore, li vedi che tentano di risalire la china, azzuffandosi, facendo a pugni; cercano di sormontarsi, di arrampicarsi, un granchio mette la zampa sopra la testa di un altro, l’altro sotto tenta di risalire, ed è un duello che non ha mai fine. E se li vuoi prendere in mano, devi sorprenderli come un pugile sorprende il proprio rivale alle spalle e braccarli.
Un robusto carapace che sembra la testuggine di una tartaruga. La pancia è completamente piatta, bianca. Se ti capita di osservarli mangiare, li vedi ingozzarsi di vongole, come un disperato che non mangia da giorni. Le prendono, le aprono, spaccano il guscio della vongola lì da dove escono i sifoni e con ingordigia e avidità si mangiano tutta la carne del mollusco, non lasciandoci nemmeno un nervetto. Ma si cibano anche di ostriche. Sono in grado di tagliare reti e spaccare gusci. E vengono da molto lontano: Stati Uniti, Messico, Sud America, percorrono l’intero oceano e arrivano nell’Adriatico, nel Mediterraneo. “Hanno bisogno di un predatore che se li mangi”, sbotta Renato, il pescatore che da mezzo secolo solca queste acque. Ma quale?. “Veri antagonisti non ne hanno, l’unico modo per fermarli è quello di pescarli”. Ora chissà cosa diranno dinanzi alla figura dell’ex prefetto. Noi li abbiamo portati in una cucina del Polesine. Ci hanno detto che sanno di astice. Sono previste retate.