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Modena, il giudice: “Via il crocefisso dalle aule scolastiche nei giorni delle elezioni”

Mar 7, 2017

MODENA – Giovannino Guareschi aveva torto quando profetizzò che “nel segreto dell’urna Dio ti vede e Stalin no”. Stando a una sentenza del giudice Paolo Siracusano del Tribunale di Modena, il crocefisso non deve essere presente nelle aule scolastiche quando in esse si svolgono le elezioni. Al contrario, durante le lezioni, la presenza del Cristo in croce “rientra nel margine di discrezionalità di ciascun Stato nell’amministrare il servizio scolastico ed educativo purché non sia accompagnato da insegnamenti obbligatori del cristianesimo o da forme di intolleranza verso alunni appartenenti ad altre religioni”.

Il caso della scrutatrice che chiede la rimozione. Insomma, in presenza delle urne Cristo scende dalla croce e se la porta via come nel cammino verso il Calvario. Un trasloco breve perché “la discrezionalità del singolo Stato”, come ha stabilito il giudice citando una sentenza della “Grande Chambre Cedu” del marzo 2011, consente il suo ritorno a elezioni avvenute. Il fatto che ha scatenato la disputa, come riporta la “Gazzetta di Modena”, risale al 13 aprile 2008 (ma la sentenza è recente) quando nel seggio numero 3 di Sassuolo un esponente di lista della Lega Nord, imputa a una scrutatrice di aver insistito nei confronti del presidente del seggio stesso, nella fattispecie il figlio, affinché quest’ultimo rimuovesse il crocefisso in quanto, come riferì ai carabinieri di Carpi il leghista, atea.

E partono le querele. Il fatto e la relativa denuncia finirono sul quotidiano modenese e suscitarono scalpore al punto da provocare querele per diffamazione da parte della scrutatrice e del presidente di seggio. La prima in quanto avrebbe subito un discredito considerando che la rimozione del crocefisso sarebbe stata una scelta offensiva a carico di diffuse sensibilità religiose. Il secondo per lo stesso motivo con l’aggravante di apparire come un burattino nelle mani della madre. In seguito alle indagini dei carabinieri, è stato appurato che l’episodio denunciato dall’esponente del Carroccio era falso. Nessun crocefisso fu mai tolto dalla parete dell’aula per il semplice fatto che un crocefisso in quel luogo non era presente nemmeno prima.

Le motivazioni del giudice. L’argomentazione del giudice Siracusano richiama al dettame della Costituzione che garantisce la laicità dello Stato. In nome di essa, anche l’immagine di un crocefisso, ancorché simbolica, può in qualche modo perturbare le decisioni degli elettori. “L’imparzialità della funzione di pubblico ufficiale è strettamente correlata alla neutralità dei luoghi deputati alla formazione del processo decisionale nelle competizioni elettorali che non sopporta esclusivismi e condizionamenti sia pure indirettamente indotti dal carattere evocativo, cioè rappresentativo del contenuto di fede, che ogni immagine religiosa simboleggia”, ha scritto nella sentenza.

Laicità dello Stato. Il giudice, dunque, rigetta l’idea che togliere il crocefisso nei giorni delle elezioni, sia configurabile come un atto censurabile. Esso, infatti, è in linea coi dettami della Costituzione. Conseguentemente l’accusa del leghista, ancorché falsa, non può essere offensiva né arbitraria dal momento che la rimozione è legittima e in linea con l’ordinamento. Per le stesse ragioni risulta infondata anche la denuncia nei confronti dello stesso leghista perché compiere un atto legittimo

e conseguente all’ordinamento che prescrive la laicità dello Stato, non può essere considerato come qualcosa che può mettere in cattiva luce né offensivo di alcunché. Alla fine, la disputa legale si conclude con un nulla di fatto e un sostanziale pareggio. Quel che resta, al contrario, sono le valutazioni del giudice Siracusano che sanciscono un doppio binario in materia di immagini religiose a seconda dell’uso che si fa di un’aula scolastica.

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