Compatta, versatile e affidabile. Tutte virtù che il pubblico ha da sempre riconosciuto alla Fiat Panda, la best seller per antonomasia in territorio italiano. Di generazione in generazione, la piccola torinese ha saputo mantenersi sulla cresta dell’onda, fedele alla propria identità originale. Nel corso degli anni i progettisti del Lingotto ne hanno affinato di continuo le caratteristiche, anche con degli strategici restyling di metà carriera.
Sebbene la concorrenza sia quantomai folta e agguerrita, il modello ha conservato la leadership delle classifiche commerciali. A differenza della 500, il cui fascino si avverte soprattutto al di fuori dei confini nazionali, la Panda è un fenomeno sociale, intrecciato alla madrepatria. Senza fare in nessun caso il passo più lungo della gamba, i Costruttori hanno rivisto di volta in volta i tratti peculiari del veicolo. Invece di effettuare un salto nel buio, l’imperativo tra le fila interne è rimasto quello di affinare e valorizzare ciò che di buono era stato fatto in passato.
Per una rivoluzione è toccato aspettare fino allo scorso 11 luglio, quando, in occasione dei 125 anni compiuti dalla compagnia, è emersa alla luce la Grande Panda. Lo avevano detto i portavoce: avrebbe segnato un punto di rottura, e in effetti così è andata. Tra le dimensioni maggiori, i fari pixellati e il powertrain elettrica, abbiamo assistito a una svolta radicale.
Qualche polemica al seguito non è mancata, da ricercarsi nella decisione di fabbricarla presso l’impianto di Kragujevac, in Serbia. Soltanto poco tempo prima, Pomigliano d’Arco, storico luogo di produzione dei capitoli precedenti, aveva dato il via al progetto della Pandina. Subito soprannominata “la Panda più tecnologica di sempre”, salverà diversi posti di lavoro. O così, almeno, hanno assicurato i vertici del complesso, consapevoli del suo peso nell’economia locale. L’aggiunta del suffisso “-ina” serve a distinguerla dall’atto successivo, fedele ai fasti di ieri.
Sulle novità della Grande ci sono opinioni discordanti. A detta di alcuni serviva voltare pagina, altri, invece, credono sia venuto meno il DNA originale. Pensando a questi ultimi, cerchiamo di compiere un passo indietro e ripercorriamo i tratti peculiari del restyling svelato nel 2016. Al Salone di Parigi, uno degli eventi irrinunciabili secondo i fan e i player della filiera, fu mostrata una Fiat Panda evoluta, affine ai canoni stilistici e funzionali dell’epoca. In aggiunta, venne tirato su il velo alle varianti 4×4 e Cross.
Sistema di infotainment più sofisticato
Il Model Year 2017 aveva debuttato con la classica operazione Porte Aperte il 17 e 18 settembre 2016. Allora venne mantenuta la promozione “menomille”, che permetteva di acquistare la versione rinnovata a partire da 7.950 euro. E qui forse scende una lacrimuccia: condizioni simili sono impossibili da trovare oggi, ma anche allora non era poi tanto comune. Certo, qualche opzione low-cost era disponibile, basti pensare alla Dacia Sandero; tuttavia, erano delle eccezioni.
L’iniziativa era sorprendente perché di norma gli sconti venivano (e vengono) accordati su auto in procinto di uscire dal listino. Un modo di liberare le scorte accumulate, a fronte di minori introiti in ottica aziendale. Inoltre, stupiva un secondo aspetto, di pari importanza, l’allestimento era rimasto invariato: su tutti gli esemplari di serie c’erano il climatizzatore, il sensore pressione pneumatici, la chiusura centralizzata, gli appoggiatesta anteriori con sistema anti colpo di frusta, il volante guida regolabile in altezza, gli alzacristalli elettrici anteriori e la predisposizione radio. Davvero mica male.
Il punto saliente era costituito dal nuovo sistema di infotainment Uconnect con supporto per smartphone e l’app dedicata Panda Uconnect compatibile con i sistemi operativi iOS e Android, incluso sulle Lounge, 4×4 e Cross. L’impianto multimediale segnava un netto passo in avanti, data la presenza di Bluetooth di seconda generazione, dello streaming audio, delle porte USB e AUX nel vano portaoggetti, del sistema di riconoscimento vocale, di MP3 e dell’interfaccia “Panda Uconnect” via Blluetooth.
Destreggiarsi tra le varie voci veniva facile, a prescindere dal proprio grado di dimestichezza con le tecnologie. L’interfaccia utente era stata, infatti, concepita dagli sviluppatori affinché fosse user-friendly, intuitivo nei meccanismi fin dal principio. Sarebbe venuto il giorno del cambiamento, ma giusto fra qualche anno, in risposta a city car “intelligenti” tipo la Tesla Model 2. L’esigenza di una svolta hi-tech era meno avvertita nel 2016 e la nascita di Stellantis non era neppure nei piani.
La chiacchierata fusione tra Fiat Chrysler Automobiles (FCA) e PSA Groupe ha, infatti, portato in dote parecchie risorse aggiuntive, condivise dai marchi facenti parte del gruppo. Invece, in quel periodo toccava reggersi sulle proprie gambe. Erano, perciò, ancor più apprezzabili le migliorie riguardanti i rivestimenti i tessuti, le finiture e il volante.
Gli smemorati avevano accesso al servizio “Find myCar” che aiutava a ricordare dove si aveva parcheggiato, mentre “Find Workshop” consentiva di trovare l’officina più vicina. Grazie a “My Car” si tenevano sotto controllo i parametri tecnici, tra cui gli interventi di manutenzione programmata e si consultavano le voci del libretto d’uso e manutenzione. Benché il prezzo del carburante non avesse raggiunto certe soglie, la Fiat Panda My17 annovera la funzione Eco Drive, che suggeriva le manovre da adottare per l’efficienza.
Sottigliezze estetiche
A livello estetico, c’era poco da sottolineare. In sostanza, le novità erano da racchiudersi nei due diversi cerchi e nei due differenti colori, il “Rosso Amore” pastello e il “Grigio Colosseo” metallizzato. I ritocchi apportati interessavano pure la gamma Cross e 4×4, l’iconica declinazione off-road amata pure da Gianni Agnelli e Roberto Baggio. E i motori? Era un tripudio della combustione interna, in particolare di diesel e benzina, senza dimenticare le versioni GPL e metano, dalle potenze comprese tra i 69 e i 95 CV.
La City Cross, “progettata per soddisfare i clienti alla ricerca di una city-car con l’aspetto di un’auto da off-road a un prezzo accessibile”, era riconoscibile per via degli inserti dei paraurti anteriori e posteriori, delle modanature laterali in tinta carrozzeria, nonché delle barre longitudinali al tetto e delle maniglie delle portiere di colore nero. Dal canto suo, la 4×4 sfoggiava cerchi neri con un cover mozzo ospitante il logo “4×4” marcato a rilievo, calotte degli specchietti e maniglie delle portiere neri e interni contraddistinti da sedili in tessuto con cuciture a contrasto.