AGI – Di Giacomo Bozzoli ancora non c’è traccia nonostante le serrate ricerche condotte questa notte dalle forze di polizia. Alle 20 di ieri sera i carabinieri bresciani hanno bussato alla porta della sua casa sul lago di Garda, dov’è residente, per eseguire la condanna della Cassazione all’ergastolo per l’omicidio e la distruzione del cadavere dello zio Mario nel 2015. Ma Bozzoli, che ha trascorso questi nove anni da uomo libero in attesa della sentenza definitiva di un processo indiziario, non c’era. In ogni caso, spiega una fonte giudiziaria all’AGI, l’ordine di esecuzione della sua condanna “è inserito in tutte le banche dati italiane ed europee”.
Al momento l’ex imprenditore di 39 anni non è tecnicamente un latitante e quindi non è possibile cercarlo attraverso intercettazioni e altre modalità d’indagine più penetranti. Se non dovesse costituirsi o essere trovato nelle prossime ore, scatterà la ‘dichiarazione di latitanza’ prevista dal codice di procedura penale. Un provvedimento che deve essere motivato e che deve contenere “gli elementi che dimostrano l’effettiva conoscenza della misura e la volontà di sottrarvisi”.
Bozzoli si è sempre dichiarato innocente. “Non c’è mai stata nessuna lite con mio zio” disse ai giudici della Corte d’Assise. In questi anni non ha mai dato segnali di voler fuggire in attesa del verdetto. Lo zio, Mario Bozzoli, 52 anni, sparì l’8 ottobre del 2015 dalla fonderia che gestiva assieme al fratello e ai nipoti in Val Trompia. Secondo la sentenza, Bozzoli bruciò il cadavere in fonderia. Uno dei suoi legali, il professor Franco Coppi, ha definito le accuse contro Giacomo “costellate di ambiguità”.