AGI – Tre condanne per il maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, sua moglie e suo figlio, e due assoluzioni: queste le richieste del procuratore generale Francesco Piantoni e il sostituto procuratore presso la Corte d’appello Deborah Landolfi nel processo d’Appello per l’omicidio di Serena Mollicone, la giovane di Arce, nel Frusinate, uccisa nel 2001. La requisitoria terminerà ufficialmente lunedì, ma le conclusioni sono già state depositate e a disposizione delle parti. In particolare, la procura generale chiede la condanna del maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, a 24 anni, di sua moglie Annamaria, a 22 anni, e del loro figlio Marco, a 21 anni. Assoluzione sollecitata, invece, per gli altri due imputati, i carabinieri Francesco Suprano, per prescrizione, e Vincenzo Quatrale, perché gli indizi non hanno raggiunto la consistenza di prova.
La richiesta di trasmissione per falsa testimonianza a carico di tre testimoni chiave del processo per l’omicidio di Serena Mollicone viene spiegata dalla ricostruzione che il procuratore generale Piantoni ha fatto nella sua Requisitoria. Fondamentale è il passaggio inerente Annarita Torriero, ex amante di Santino Tuzi. “Santino Tuzi durante l’intercettazione dice ad Annarita ‘può darsi che questa volta mi mettono le manette’ “, il carabiniere quindi ben consapevole che da quell’interrogatorio del 28 marzo del 2008 uscirà perdente, chiama la donna per sfogarsi e la mette in guardia. Chiamata a testimoniare in corte d’Assise a Cassino la Torriero negherà ogni conversazione con l’ex compagno ma soprattutto negherà di essere a conoscenza di quanto accaduto nella caserma dei carabinieri di Arce il 1 giugno del 2001. “La Torriero chiede per quale motivo rischia di essere arrestato e Tuzi risponde ‘per questo che è successo qua’ “, scrive Piantoni.
“Annarita Torriero pensa che lo debbano interrogare per la querela che aveva presentato contro il maresciallo Evangelista. Tuzi replica ‘quella roba di prima’ e la Torriero risponde ‘quella ragazza’?’ Tuzi dice queste cose prima di essere interrogato e per il pg Piantoni, Annarita Torriero con quelle parole sapeva una serie di cose che poi in realtà nei verbali e nel processo di primo grado ha negato sapendo di mentire.
Il secondo testimone che rischia un’imputazione per falsa testimonianza è Massimiliano Gemma, marito di Annarita Torriero. Il procuratore generale Piantoni scrive: “La de Fonseca (importare e attendibile teste) di ritorno da un interrogatorio avvenuto in procura a Cassino era in macchina con Gemma Massimiliano e Annarita Torriero e assiste, riferendolo in dibattimento, della litigata fra i coniugi. Con Gemma che insiste con la Torriero ribadendo “insomma smettila di mentire”, riferendosi al fatto che la moglie fosse a conoscenza di quanto accaduto il 1 giugno nella caserma di Arce”. Nel processo di Corte d’Assise Massimiliano Gemma ha negato ogni fatto contestato e soprattutto screditando la De Fonseca che invece si rivela attendibile e precisa.