• 28 Settembre 2024 19:19

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Norvegia, scoperto un prezioso giacimento di terre rare

Giu 8, 2024

Una scoperta straordinaria potrebbe ridurre la dipendenza europea dalle importazioni di terre rare dalla Cina. In Norvegia, nella regione sud-est del Paese, un’azienda mineraria avrebbe individuato il “più grande giacimento” di terre rare. Stando alle informazioni rilasciate da Rare Earths Norway, l’area conterrebbe circa 8,8 milioni di tonnellate di ossidi di terre rare. Cifre di gran lunga superiori rispetto a quello rilevato a Kiruna, in Svezia, dove vi si troverebbero tra uno e due tonnellate dei materiali preziosi. Successivi accertamenti permetteranno di stabilire la correttezza o meno delle rilevazioni. Qualora si rivelassero abbastanza curate, i giochi di forza nell’industria riporterebbero delle grosse novità.

Risorse cruciali nei supermagneti e nelle auto elettriche

A sperarci non è solo lo Stato scandinavo, bensì l’intero Vecchio Continente, data l’importanza di questi elementi in vari settori. Il territorio è ricco di terre rare di notevole valore, con 1,5 milioni di ossidi di neodimio e praseodimio quantificati. Benché il nome possa forse dire poco ai non addetti ai lavori, costituiscono delle risorse cruciali nei supermagneti, adottati in comparti come quello delle energie rinnovabili e della mobilità a zero emissioni. I dati sono frutto di uno studio triennale eseguito da Rare Earths Norway, in collaborazione con la società di consulenza canadese WSP.

Almeno finora, Pechino ha goduto di un forte vantaggio nelle terre rare, avendo circa il 98% del totale. La lungimirante campagna adottata dalla Repubblica del Dragone nella transizione ecologica, in anticipo sul resto del mondo, ha fatto il resto. Le prime fondamenta sono state gettate nel lontano 2007, quando ancora mancava un vero e proprio mercato delle BEV. Fin da allora il grande Stato asiatico ne aveva intuito le potenzialità, mentre il mondo occidentale lo sottovalutata, abituato ai motori tradizionali.

Colpevole ritardo

L’essersi attivati in seconda battuta ha avuto dei contraccolpi non indifferenti sulle realtà storiche, oggi impegnate ad accorciare il gap. Eguagliare i prezzi di listino dei marchi cinesi è alla stregua di una mission impossible, per via degli elevati costi sia della manodopera sia delle materie prime. Da qui nascono le forti perplessità di Giorgia Meloni, che, in una recente intervista, ha definito “follia ideologica” l’abbandono ai motori benzina e diesel. Il bando previsto a partire dal 2035 dei sistemi a combustione interna convince poco. Sebbene sulla carta la scelta della Commissione Europea poggi su principi condivisibili, quali la riduzione dell’inquinamento, la transizione ecologica fatica a prendere piede. Ciò a maggior ragione in quei Paesi in cui il reddito medio della popolazione tende verso il basso.

Per una famiglia comune della nostra penisola, ad esempio, sostenere le spese necessarie all’acquisto di una BEV costituisce un fardello molto importante. Gli ecobonus esauriti in poche ore lascia, però, scorgere uno spiraglio di luce nella lotta allo smog. Dalla fredde lande della Norvegia proviene ora una gran bella notizia. L’ambizione finale della compagnia è di sviluppare un processo produttivo integrato e sostenibile, “dalla miniera al magnete”, in grado di soddisfare il 10% della domanda europea, la stessa soglia minima di autonomia fissata dall’organo comunitario sui materiali critici. Se il target era lontano, oggi diventa più vicino.

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