AGI – Dopo 7 anni dall’inizio del procedimento, la procura di Trapani cambia idea e chiede “il non luogo a procedere” per i quattro membri dell’equipaggio di Iuventa, la nave dell’ong tedesca Jugend Rettet, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, e il dissequestro della nave. A sua volta il governo italiano, che si era costituito parte civile e aveva chiesto un risarcimento, a sua volta, si è rimesso alla decisione del gup del tribunale e ha abbandonato l’udienza di oggi 28 febbraio, proseguita con la presentazione delle memorie finali della difesa.
Nel processo definito il “più imponente e costoso” contro il soccorso in mare operato dalle ong, l’accusa, spiegano i legali della difesa, ha “ammesso la mancanza di credibilità dei principali testimoni e l’assenza di prove che dimostrino l’esistenza di un illecito da parte degli imputati”. L’accusa “ha osservato che l’udienza preliminare ha fornito ulteriori prove e informazioni rispetto a quelle precedentemente ottenute, il che ha portato a un cambiamento di posizione”. “Siamo soddisfatti – ha detto Francesca Cancellaro, legale degli imputati – ma i nostri argomenti non sono sovrapponibili a quelli della procura e li esporremo”.
“Prove cruciali, come i dubbi sulla credibilità dei testimoni dell’accusa – spiega il team di legali – avrebbero dovuto essere affrontate durante la fase investigativa”. “Non è così – ha aggiunto Cancellaro in una nota – che funziona uno Stato di diritto. Le accuse dovrebbero essere formulate solo dopo un’indagine approfondita e la raccolta di tutte le prove disponibili. Iniziare un processo senza le dovute basi è ingiusto e comporta un onere indebito per gli imputati”.
I legali ricordano di aver presentato una mozione nel 2019, chiedendo l’archiviazione dell’indagine, fornendo “tutte le prove e il materiale su cui l’accusa sta ora basando la propria decisione, a distanza di anni”. “Mi sento – ha detto Dariush Beigui, uno degli imputati – sollevato e triste allo stesso tempo. Se la Procura avesse esaminato le prove fin dall’inizio, non sarebbe mai stata autorizzata a sequestrare la Iuventa e ci sarebbero stati risparmiati 7 anni di stress. Un occhio piange, l’altro ride”. Il caso Iuventa prese piede nell’estate del 2017, quando l’allora governo guidato da Paolo Gentiloni, ministro dell’Interno Marco Minniti, varò il “codice di condotta” per le ong impegnate nel soccorso in mare, descritto da Jugend Rettet (Giovani in soccorso) come “una vera e propria minaccia al loro operato in mare”. La ong, insieme ad altre, rifiutò di firmare il codice. Il successivo 2 agosto la nave venne sottoposta a sequestro per “assistenza alla migrazione illegale” e collusione con i trafficanti durante tre diverse operazioni di salvataggio avvenute durante il 2016 e il 2017.
“La Iuventa non avrebbe mai dovuto essere confiscata – ha affermato Sascha Girke, imputato di Iuventa – e le persone non sarebbero dovute essere lasciate a morire. Ora il tribunale di Trapani ha l’opportunità di fermare il tossico effetto di questa criminalizzazione della solidarietà, una situazione che non avrebbe mai dovuto essere permessa. Rivolgiamo un appello al tribunale affinchè lo faccia”. Per un’altra imputata, Kathrin Schmidt, Quello di oggi è stato “un passo importante verso la de-criminalizzazione del soccorso in mare”. “Tuttavia – ha sottolineato – dobbiamo essere chiari sul fatto che, a differenza del processo Iuventa, la lotta per la libertà di movimento non si sta nemmeno lontanamente concludendo. Le persone in movimento continuano ad affrontare una repressione sistematica e incarcerazioni di massa. Nessuno sarà libero finchè tutti saranno liberi!”.