• 18 Ottobre 2024 12:16

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Alert nei campi in tempo reale, blockchain e Web3.0: l’IA salva l’agricoltura nel sud del mondo

Feb 19, 2024

​AGI – Di fronte all’aumento della fame, alla volatilità economica, alla crescente disuguaglianza e alle devastazioni provocate dagli effetti del cambiamento climatico, è in corso una rivoluzione silenziosa, alimentata da innovazione e determinazione. A guidarla è l’Ifad che, insieme alle comunità rurali del sud del mondo e a una serie di attori del settore privato, sta riplasmando il futuro dell’agricoltura negli angoli più remoti del mondo grazie al potere dell’innovazione digitale di ultima generazione – dall’Intelligenza artificiale alla blockchain – generando e diffondendo nuove idee, approcci e opportunità. Questi cambiamenti possono avere impatti di ampia portata poiché i piccoli agricoltori producono un terzo del cibo mondiale e fino al 70 per cento del cibo in alcuni paesi in via di sviluppo. Ne parliamo con Gladys H. Morales, Senior Officer e Global Head of Innovation del Fondo internazionale per lo Sviluppo agricolo, per la quale si occupa della progettazione e implementazione di iniziative e partenariati per l’innovazione che mirano a sostenere la sperimentazione, l’apprendimento e l’espansione di soluzioni innovative che hanno un impatto diretto sulle popolazioni rurali povere. Attualmente è anche Regional Ambassador in Italia del Global Blockchain Business Council (GBBC).  

 

L’innovazione per un futuro di sicurezza alimentare è il focus del 47esimo Consiglio dei Governatori Ifad. Che significato ha per l’agenzia Onu questa parola? 

Per l’Ifad l’innovazione è un processo, un approccio, una tecnologia, una metodologia: è tutto ciò che può contribuire ad aiutarci a raggiungere gli obiettivi e a offrire dei servizi migliori ai partecipanti dei nostri progetti. Per noi l’innovazione è questo. In occasione del discorso di apertura del Consiglio, il presidente Ifad ha detto una cosa secondo me davvero azzeccata: per l’Ifad l’innovazione non è il fine, ma un mezzo attraverso il quale noi diamo dei risultati per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità. Una cosa bellissima che abbiamo all’Ifad è l’approccio che noi chiamiamo ‘test-learn-adapt’: testare le soluzioni; imparare dalle nostre esperienze, che siano successi o fallimenti sono sempre un processo di apprendimento. Perché anche da un fallimento possiamo imparare qualcosa che ci porti poi a successi in futuro. Da queste esperienze possiamo poi sviluppare migliori soluzioni e tecnologie, ma anche approcci e successi sempre migliori. Il nostro valore aggiunto? Quando pensiamo all’innovazione, all’Ifad non possiamo non tener conto della conoscenza tradizionale. La nostra innovazione parte da qui.

Come combinare le conoscenze tradizionali con l’innovazione? 

Un esempio di come le conoscenze tradizionali si possano sposare con le tecnologie più avanzate è un progetto che stiamo portando avanti in Kenya insieme a un’azienda che utilizza l’Intelligenza artificiale, alla quale noi stiamo dando supporto tecnologico e le comunità hanno trasferito il loro sapere in fatto di soluzioni naturali contro i parassiti delle piante. Soluzioni sostenibili e a impatto zero che sono tramandate da generazioni nelle comunità. Così questa azienda utilizza dispositivi supportati da IA in grado di riconoscere e prevedere l’insorgenza di parassiti e notificare gli agricoltori con suggerimenti ad hoc per la mitigazione delle infezioni. Nel dettaglio, parliamo di dispositivi ad energia solare installati in modo permanente nei campi, con fotocamere ad alta sensibilità che scansionano continuamente le coltivazioni e sfruttano le tecniche dell’Image Recognition per rilevare eventuali parassiti o malattie delle colture entro i primi 5 secondi dall’infestazione e avvisare l’agricoltore con un sms. Un messaggino telefonico che non solo dà l’informazione, ma fornisce anche raccomandazioni su fertilizzanti economici e a bassa impronta carbonica e prodotti che l’agricoltore dovrebbe applicare per estirpare sul nascere l’infestazione. Raccomandazioni che spesso utilizzano le conoscenze millenarie delle comunità agricole.  

Un ruolo chiave dell’Intelligenza Artificiale da cui sembra difficile tornare indietro. Si tratta di progetti sostenibili nel tempo?

I nostri produttori agricoli, le persone che partecipano ai progetti Ifad sono perfettamente a conoscenza dei loro problemi. Problemi che nessuno al di là di loro riesce veramente a capire e che trovano una soluzione proprio grazie alle loro conoscenze. Conoscenze millenarie, che fanno parte già delle comunità e quello che noi cerchiamo di fare è trasmetterle alle nuove generazioni, perché altrimenti corrono il rischio di andare perdute. Perciò la risposta è sì: sono progetti assolutamente sostenibili nel tempo. La chiave è la condivisione di informazioni che noi non creiamo: il nostro obiettivo è veicolarle al meglio sfruttandone così tutte le potenzialità. Attraverso tecnologie avanzate che utilizzano, ad esempio, anche l’analisi geospaziale, che permette di inviare informazioni essenziali ai partecipanti dei nostri progetti anche quando arriva un evento climatico che può essere devastante per le coltivazioni e per il bestiame. Sono informazioni che permettono ai piccoli agricoltori di prepararsi in tempo e di prendere misure anche in comunità per proteggersi da un evento climatico potenzialmente distruttivo.  

In quali altri Paesi sono già stati avviati progetti di Intelligenza artificiale? 

Attualmente stiamo finanziando un progetto molto interessante in Zambia, dove un’applicazione dell’Intelligenza artificiale si basa su modelli di linguaggio. Si tratta di un assistente virtuale sviluppato da un’azienda privata che attraverso il telefonino fornisce informazioni istantanee riguardanti pratiche agricole climate-smart agli agricoltori nella loro lingua locale. Questa soluzione fornisce consulenza personalizzata in tempo reale agli agenti che operano assistenza agricola con domande a risposta aperta nella loro lingua. Perché è importante? Perché l’Intelligenza artificiale processa milioni e milioni di dati, poi genera l’informazione che serve al produttore agricolo e, poiché utilizza un messaggio vocale, lo fa abbattendo la barriera dell’alfabetizzazione. La tecnologia si basa su IA e fornisce agli agricoltori informazioni facilmente fruibili, favorendo un processo decisionale informato e ottimizzando l’uso delle risorse per un’agricoltura resiliente al clima.  

Anche in questo caso un progetto reso possibile grazie alla collaborazione di un’azienda privata…

Per noi fare alleanze con il settore privato è molto importante. C’è moltissimo interesse. Ad esempio, prendiamo il caso specifico dell’azienda con cui stiamo lavorando in Zambia. Si tratta di una realtà molto grande, che non avrebbe bisogno di noi per andare avanti e potrebbe benissimo farcela da sola. Il suo interesse a partecipare al progetto è che l’Ifad ha una conoscenza unica delle comunità e dei loro problemi, e le comunità hanno fiducia in noi. Per il settore privato è di vitale importanza poter lavorare insieme all’Ifad, che gode di una reputazione e della fiducia dei partecipanti dei progetti. Perché è dal 1977 che lavoriamo con le piccole comunità agricole.   

Non è la prima volta che nel corso di questa nostra chiacchierata lei parla di ‘partecipanti’ dei progetti’, quando solitamente sentiamo dire ‘beneficiari’ dei progetti. È solo un caso?

Ovviamente no (e sorride).  È anzi la caratteristica del nostro modo di lavorare. Noi chiamiamo i nostri agricoltori partecipanti e non beneficiari dei progetti, proprio perché per noi loro sono degli alleati nello sviluppo sostenibile. Sono loro i veri protagonisti del cambiamento.  

L’uso delle tecnologie più innovative ha anche il vantaggio di rendere più facilmente replicabili i vari progetti sul campo. In che modo? A questo proposito, ogni anno noi avviamo delle ‘innovation challenge’ che sono delle sfide al livello globale per trovare soluzioni che abbiano dimostrato già di avere raggiunto dei risultati. Potrei fare diversi esempi di progetti che hanno avuto anche un impatto sulle strategie di Paese e sulle politiche. Uno per tutti: Agroweb3, che è stato lanciato qualche giorno fa dal presidente dell’Ifad, che fa leva sulla LACChain, un’iniziativa Blockchain veramente rivoluzionaria sviluppata dalla Banca interamericana di sviluppo. L’hanno lanciata 3 anni e mezzo fa e già oggi lavorano in 21 Paesi con oltre 9.2 milioni di utenti in America Latina. Basato su LACChain, AgroWeb3 svilupperà un unico protocollo interoperabile, standard comuni e un sistema di integrazione universale per portafogli digitali su misura per le esigenze dei piccoli agricoltori. Ciò migliora la tracciabilità delle transazioni, riduce i costi di transazione ed intermediazione e protegge le identità e la data privacy degli utenti. Quindi garantisce la protezione dei dati, l’identità digitale, la capacità di poter certificare la propria storia di credito piuttosto che certificare senza ombra di dubbio il possedimento delle proprie terre. E si può utilizzare questa tecnologia anche per i pagamenti sicuri. Adesso, in partenariato con l’Innovation Lab della Banca Interamericana di Sviluppo, stiamo portando questa tecnologia su scala globale: dall’America Latina in Africa e in Asia, ovviamente coordinandoci con i Governi e lavorando con il settore privato.  

Possiamo quindi dire che l’agricoltura del futuro per l’Ifad è già una realtà?

L’intelligenza artificiale per noi, nei Paesi sviluppati, è già una realtà. Ce la portiamo in tasca nei nostri telefonini. Quello che stiamo facendo è portare queste tecnologie e renderle accessibili ai partecipanti dei nostri progetti. Perché se non lo facciamo, se non rendiamo l’Intelligenza artificiale, la blockchain, il Web 3.0 accessibili in termini di costi e connettività anche nel sud del mondo, le ineguaglianze che andremmo a creare da adesso al futuro sarebbero sempre più incolmabili. Il ruolo dell’Ifad è proprio quello di democratizzare queste tecnologie e assicurare che vengano sviluppate per e con i partecipanti dei progetti Ifad, per proteggere i diritti di queste popolazioni. Con Agroweb3 portiamo l’esempio dell’America Latina, dove il prezzo di mercato di un certificato è in media tra i 12 e 130 dollari e noi lo portiamo a un costo tra i 20 e i 50 centesimi con l’obiettivo di abbatterlo totalmente.​

 

 

 

 

 

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