Tre anni. Questo è il tempo nel quale il nuovo sistema basato su reti neurali di Google Translate sarà in grado di tradurre anche un intero romanzo, in poco tempo e con elevatissimi livelli di correttezza. A sostenerlo è un professionista del settore, Giordano Vintaloro, traduttore editoriale, ex segretario del relativo sindacato e insegnante a contratto di lingua inglese all’Università di Trieste.
Secondo Vintaloro il nuovo algoritmo sviluppato da Google e gestito da una rete neurale, avrebbe letteralmente rivoluzionato i risultati ottenibili, anche per quanto riguarda i testi “creativi”, quelli cioè in cui le sfumature di significato sono fondamentali. I primi infatti fino ad ora hanno sempre necessitato di un traduttore umano, mentre per i linguaggi settoriali come diritto o medicina, in cui l’ambiguità è ridotta al minimo, ed è già molto diffuso l’uso dei cosiddetti CAT (Computer Aided Translation).
Per il momento la nuova impostazione è stata applicata solo a 9 delle 103 lingue supportate da Google Translate (francese, inglese, spagnolo, portoghese, tedesco, turco, cinese, giapponese e coreano) ma la sua crescita progredisce al ritmo di otto lingue al mese. Secondo Vintaloro, nel medio termine questo sviluppo tecnologico porterà a conseguenze negative per il settore. “Google potrà tradurre da solo l’80 % di un romanzo impiegando tre settimane al posto di 7/8 mesi che impiega un uomo e a costi molto più bassi” prevede Vintaloro. “Si potranno dunque tradurre molti più libri, ma resteranno sul mercato solo pochi traduttori che dovranno forse anche impaginare i libri e fare i talent scout mentre le scuole di traduzione rischieranno la chiusura”.
Le valutazioni di Vintaloro sulle capacità del nuovo Google Translate sono sicuramente affidabili ma nutro più di un dubbio sulla possibilità, almeno a medio termine, di poter sostituire l’essere umano con una soluzione di questo tipo. Tradurre non è una mera questione tecnica, non si tratta soltanto di grammatica, sintassi e lessico, ma di un’arte vera e propria, che ha anche attinenza col patrimonio culturale e la sensibilità personale del traduttore, con la sua capacità di entrare in sintonia con l’autore da tradurre e il suo mondo. Basta prendere ad esempio le traduzioni di scrittori anglosassoni realizzate da Cesare Pavese o Fernanda Pivano per comprendere quello che intendo.
Una traduzione in grado di tenere conto del contesto della frase o più ampiamente del paragrafo o della pagina sarà senz’altro corretta, ma a volte la correttezza formale può non coincidere per forza con quella contenutistica. Tradurre condivide la stessa radice con la parola tradire e indica appunto il portare qualcosa – un significato, un modo di sentire – da un contesto linguistico a un altro Per fare questo a volte sarà dunque necessario “tradire” la lingua per rispettare il contenuto.
Non escludiamo che un giorno il Google Translate di turno saprà fare anche questo, ma non oggi, né tra tre anni. Per farlo infatti sarà necessaria un’intelligenza artificiale avanzata, capace di provare sentimenti ed empatia per quelli degli altri. Altrimenti la traduzione sarà sempre una forma vuota, ineccepibile quanto incapace di comunicare quei sentimenti che l’autore originale voleva suscitare. Tradurre è un’arte e l’arte non è la pedissequa applicazione di regole, come insegnava il professor Keating in L’Attimo Fuggente quando faceva strappare ai suoi studenti le pagine di Comprendere La Poesia di Johnathan Evans Pritchard.