AGI – Alexander Alekhine si aggira per le strade di Sanremo ostentando un’indubbia soddisfazione. È il 1930 e il campione di scacchi in carica, dopo la vittoria contro il cubano Capablanca nel 1927, sta vivendo forse il periodo più felice della sua vita. Al suo fianco c’è la terza moglie, la più amata (anche se il loro rapporto non durerà), Nadasha Vasilyev, di quasi 20 anni più grande di lui. Lui è vestito di tutto punto, elegantissimo, giacca, cravatta e cappello d’ordinanza. Lei è ingioiellata, signorile e raffinatissima. Da tre anni Alekhine è cittadino francese. Un sollievo, per lui, che voleva definitivamente lasciarsi alle spalle il tormentato rapporto con l’Unione Sovietica e con i vertici politici e sportivi di Mosca, città che gli aveva dato i natali nel 1892. Il titolo mondiale, e la sua prima positiva difesa nel 1929 dall’assalto di Bogolyubov, gli hanno persino assicurato una certa tranquillità economica che ‘arrotonda’ partecipando a eventi e simultanee. È tutto perfetto.
Alekhine gira per Sanremo che, come lui, sta vivendo un periodo di grande notorietà. Teste coronate, letterati, politici: sono tante le figure di spicco dell’Europa di quel tempo che sono soliti visitarla, soprattutto con il bel tempo. E poi c’è il casinò, diventato il centro di gravità di un mondo pulsante e vibrante. Sanremo, all’epoca spesso scritto nella sua variante San Remo, è un luogo che sulle cartine geografiche ed economiche dell’epoca è già presente, ben prima del Festival canoro che arriverà solo nel 1951. Enrico Cecchelli, nel suo libro “Sanremo 1930, il torneo dei giganti”, racconta le unicità del centro ligure: dalle grandi manifestazioni culturali, come le “Prime” di Mascagni, alla direzione di Pirandello del Teatro Stabile. Fino agli avvistamenti di personaggi come Paul Valery, Maria Callas, Winston Churchill.
Anche gli scacchi, negli anni ’30, vivono un periodo di discreta notorietà. Così l’Italia decide di prendere sempre più spazio in un tempo di fermento e opportunità. Il pensiero va subito a un possibile torneo di primissimo livello. E Sanremo è una sede perfetta. Non è lontanissima dai confini francesi e possiede il fascino delle città di provincia che si è arricchita grazie alle sue meraviglie, dalla placidità del mare all’elettricità sprigionata dal casinò. L’organizzazione dell’evento è affidata a Stefano Rosselli del Turco, toscano, direttore della rivista Italia Scacchistica, e giocatore di buon livello, tanto che la Federazione Internazionale gli concederà il titolo di ‘Maestro Internazionale’ postumo.
Il premio stanziato, inoltre, è molto alto. Ben 10.000 lire dell’epoca. Ma non è l’unico motivo che convince i giocatori a venire in Liguria. Il casinò non assicura solo un teatro perfetto per giocare ma, alla sera, quando i tavoli e le scacchiere vengono conservati in un altro luogo, la sala si trasforma in una vera pista da ballo, tra danze e divertimenti. La vita, tra una conflitto e l’altro, sembra scorrere via velocemente. È uno scenario che convince (quasi) tutti ad accettare l’invito. Leggere l’elenco dei partecipanti è impressionante, almeno per chi conosce la storia del gioco. Oltre ad Alekhine ci sono il danese Aaron Nimzowitsch, i tedeschi Efim Bogoljubov e Carl Ahues, i polacchi Akiba Rubinstein e Savelij Tartakover, gli austriaci Rudolf Spielmann e Hans Kmoch, l’ungherese Géza Maróczy, il croato Milan Vidmar, il belga Edgar Colle, l’inglese Frederick Yates, il messicano Araiza Munoz e l’argentino Roberto Grau. A questi si aggiungono i portacolori italiani: Mario Monticelli, giornalista e scacchista (sarà caporedattore agli esteri al Corriere della Sera) e Massimiliano Romi, talentuoso e creativo. Si tratta di 16 giocatori che ancora oggi si studiano sui manuali per i loro contributi teorici nello sviluppo di una difesa, di una variante, di una novità. Gli unici assenti sono Euwe, Canal, Capablanca (su cui pesava il veto di Alekhine) e Lasker.
Il livello di gioco è spaziale. Alekhine è in una forma strepitosa e chiuderà il torneo con 14 punti su 15 disponibili. Ben 13 vittorie e due patte. Chessbase riporta proprio le parole di Max Euwe, l’olandese che gli avrebbe strappato il titolo cinque anni dopo, nel libro ‘Meet the Masters’, uscito nel 1945.
“Agli inizi del 1930 Alekhine registrò il successo più imponente e maestoso della sua vita dal punto di vista tecnico, ottenendo una vittoria schiacciante nel fortissimo torneo di Sanremo. Pareggiò solo due partite , vincendo a partite alterne contro avversari inclusi nella lista dei migliori giocatori dell’epoca. Le sue vittorie in questo torneo dimostrarono, nel complesso, l’arte degli scacchi nella sua forma più perfetta. Un anno dopo a Bled ottenne un successo non meno grandioso – solo dal punto di vista delle cifre. Ma in quel caso la fortuna si schierò dalla sua parte, e le sue vittorie non furono così convincenti come quelle di Sanremo.”
Il torneo si svolge dal 15 gennaio al 2 febbraio ed è caratterizzato dal dominio del giocatore naturalizzato francese. Ed è lui stesso ad accorgersi di quanto sia ‘unstoppable’. In un manuale dell’epoca, in cui registrò e inserì alcune delle sue migliori partite, ben 7 provenivano dal torneo ligure. In particolare gli esperti citano il match contro Nimzowitsch (secondo nella classifica finale con 10,5 punti), dominato in tutte le fasi del gioco e costretto ad alzare bandiera bianca in maniera quasi sconsolata.
Alekhine conserverà sempre un buon ricordo di quel torneo citandolo spesso come uno dei punti più alti della sua carriera. Gli anni successivi, tra le accuse di aver appoggiato con alcuni articoli le teorie naziste, i problemi sempre più accentuati con l’alcol, e le sue ‘bizze’ comportamentali, saranno caratterizzati da molti ‘alti e bassi’, con la perdita e la riconquista del titolo mondiale. La sua morte, piena di misteri in un hotel in Portogallo, nel 1946, è ancora oggetto di dibattiti e teorie. Tutto molto lontano da quelle due settimane del 1930 passate dal nativo di Mosca a passeggiare sul lungomare di Sanremo, sorridendo ai suoi sostenitori e giocando a scacchi, senza opposizione, nel modo più dominante possibile.
AGI – Alexander Alekhine si aggira per le strade di Sanremo ostentando un’indubbia soddisfazione. È il 1930 e il campione di scacchi in carica, dopo la vittoria contro il cubano Capablanca nel 1927, sta vivendo forse il periodo più felice della sua vita. Al suo fianco c’è la terza moglie, la più amata (anche se il loro rapporto non durerà), Nadasha Vasilyev, di quasi 20 anni più grande di lui. Lui è vestito di tutto punto, elegantissimo, giacca, cravatta e cappello d’ordinanza. Lei è ingioiellata, signorile e raffinatissima. Da tre anni Alekhine è cittadino francese. Un sollievo, per lui, che voleva definitivamente lasciarsi alle spalle il tormentato rapporto con l’Unione Sovietica e con i vertici politici e sportivi di Mosca, città che gli aveva dato i natali nel 1892. Il titolo mondiale, e la sua prima positiva difesa nel 1929 dall’assalto di Bogolyubov, gli hanno persino assicurato una certa tranquillità economica che ‘arrotonda’ partecipando a eventi e simultanee. È tutto perfetto.
Alekhine gira per Sanremo che, come lui, sta vivendo un periodo di grande notorietà. Teste coronate, letterati, politici: sono tante le figure di spicco dell’Europa di quel tempo che sono soliti visitarla, soprattutto con il bel tempo. E poi c’è il casinò, diventato il centro di gravità di un mondo pulsante e vibrante. Sanremo, all’epoca spesso scritto nella sua variante San Remo, è un luogo che sulle cartine geografiche ed economiche dell’epoca è già presente, ben prima del Festival canoro che arriverà solo nel 1951. Enrico Cecchelli, nel suo libro “Sanremo 1930, il torneo dei giganti”, racconta le unicità del centro ligure: dalle grandi manifestazioni culturali, come le “Prime” di Mascagni, alla direzione di Pirandello del Teatro Stabile. Fino agli avvistamenti di personaggi come Paul Valery, Maria Callas, Winston Churchill.
Anche gli scacchi, negli anni ’30, vivono un periodo di discreta notorietà. Così l’Italia decide di prendere sempre più spazio in un tempo di fermento e opportunità. Il pensiero va subito a un possibile torneo di primissimo livello. E Sanremo è una sede perfetta. Non è lontanissima dai confini francesi e possiede il fascino delle città di provincia che si è arricchita grazie alle sue meraviglie, dalla placidità del mare all’elettricità sprigionata dal casinò. L’organizzazione dell’evento è affidata a Stefano Rosselli del Turco, toscano, direttore della rivista Italia Scacchistica, e giocatore di buon livello, tanto che la Federazione Internazionale gli concederà il titolo di ‘Maestro Internazionale’ postumo.
Il premio stanziato, inoltre, è molto alto. Ben 10.000 lire dell’epoca. Ma non è l’unico motivo che convince i giocatori a venire in Liguria. Il casinò non assicura solo un teatro perfetto per giocare ma, alla sera, quando i tavoli e le scacchiere vengono conservati in un altro luogo, la sala si trasforma in una vera pista da ballo, tra danze e divertimenti. La vita, tra una conflitto e l’altro, sembra scorrere via velocemente. È uno scenario che convince (quasi) tutti ad accettare l’invito. Leggere l’elenco dei partecipanti è impressionante, almeno per chi conosce la storia del gioco. Oltre ad Alekhine ci sono il danese Aaron Nimzowitsch, i tedeschi Efim Bogoljubov e Carl Ahues, i polacchi Akiba Rubinstein e Savelij Tartakover, gli austriaci Rudolf Spielmann e Hans Kmoch, l’ungherese Géza Maróczy, il croato Milan Vidmar, il belga Edgar Colle, l’inglese Frederick Yates, il messicano Araiza Munoz e l’argentino Roberto Grau. A questi si aggiungono i portacolori italiani: Mario Monticelli, giornalista e scacchista (sarà caporedattore agli esteri al Corriere della Sera) e Massimiliano Romi, talentuoso e creativo. Si tratta di 16 giocatori che ancora oggi si studiano sui manuali per i loro contributi teorici nello sviluppo di una difesa, di una variante, di una novità. Gli unici assenti sono Euwe, Canal, Capablanca (su cui pesava il veto di Alekhine) e Lasker.
Il livello di gioco è spaziale. Alekhine è in una forma strepitosa e chiuderà il torneo con 14 punti su 15 disponibili. Ben 13 vittorie e due patte. Chessbase riporta proprio le parole di Max Euwe, l’olandese che gli avrebbe strappato il titolo cinque anni dopo, nel libro ‘Meet the Masters’, uscito nel 1945.
“Agli inizi del 1930 Alekhine registrò il successo più imponente e maestoso della sua vita dal punto di vista tecnico, ottenendo una vittoria schiacciante nel fortissimo torneo di Sanremo. Pareggiò solo due partite , vincendo a partite alterne contro avversari inclusi nella lista dei migliori giocatori dell’epoca. Le sue vittorie in questo torneo dimostrarono, nel complesso, l’arte degli scacchi nella sua forma più perfetta. Un anno dopo a Bled ottenne un successo non meno grandioso – solo dal punto di vista delle cifre. Ma in quel caso la fortuna si schierò dalla sua parte, e le sue vittorie non furono così convincenti come quelle di Sanremo.”
Il torneo si svolge dal 15 gennaio al 2 febbraio ed è caratterizzato dal dominio del giocatore naturalizzato francese. Ed è lui stesso ad accorgersi di quanto sia ‘unstoppable’. In un manuale dell’epoca, in cui registrò e inserì alcune delle sue migliori partite, ben 7 provenivano dal torneo ligure. In particolare gli esperti citano il match contro Nimzowitsch (secondo nella classifica finale con 10,5 punti), dominato in tutte le fasi del gioco e costretto ad alzare bandiera bianca in maniera quasi sconsolata.
Alekhine conserverà sempre un buon ricordo di quel torneo citandolo spesso come uno dei punti più alti della sua carriera. Gli anni successivi, tra le accuse di aver appoggiato con alcuni articoli le teorie naziste, i problemi sempre più accentuati con l’alcol, e le sue ‘bizze’ comportamentali, saranno caratterizzati da molti ‘alti e bassi’, con la perdita e la riconquista del titolo mondiale. La sua morte, piena di misteri in un hotel in Portogallo, nel 1946, è ancora oggetto di dibattiti e teorie. Tutto molto lontano da quelle due settimane del 1930 passate dal nativo di Mosca a passeggiare sul lungomare di Sanremo, sorridendo ai suoi sostenitori e giocando a scacchi, senza opposizione, nel modo più dominante possibile.