AGI – Quattro minuti di dichiarazioni spontanee con cui ha chiesto scusa per aver “distrutto la vita di Giulia e del bambino che ero pronto ad accogliere”. Alessandro Impagnatiello ha deciso di parlare nella prima udienza del processo in cui è imputato dell’omicidio pluriaggravato dai futili motivi, dalla crudeltà e con premeditazione della compagna Giulia Tramontano, incinta di sette mesi del nascituro Thiago, uccisa con 37 coltellate la sera del 27 maggio nell’appartamento in affitto della coppia a Senago. Un’accusa da ergastolo a cui si aggiungono quelle di occultamento di cadavere e interruzione non consensuale di gravidanza.
“Ci sono tante persone a cui devo delle scuse, ma vorrei rivolgermi a Giulia e alla famiglia. Non ci sono parole corrette da dire, affrontare una cosa che rimarrà per sempre inspiegabile per la disumanità”, ha esordito. Parole pronunciate con fatica senza mai cercare di incrociare lo sguardo con i genitori di Giulia, Franco e Loredana, e ai fratelli Chiara e Mario. Troppo per il padre e la figlia Chiara che hanno deciso di lasciare l’aula stracolma della Corte di assise di appello dove invece sono rimasti ad ascoltare gli altri due componenti della famiglia Tramontano. “Quel giorno – ha proseguito Impagnatiello – anch’io me ne sono andato perché se sono qui a parlare non vuol dire che sia vivo. Non vivo più”.
E ancora: “Non chiedo che queste scuse vengano accettate, perché sto sentendo ogni giorno cosa vuol dire perdere un figlio. Non posso chiedere perdono, chiedo solo che possano essere ascoltate queste scuse. E questa è l’occasione che ho per farlo. L’unica cosa che faccio la sera è sperare di non svegliarmi più al mattino. Finché sarò qui in eterno dovrò scuse a tutte queste persone”.
L’intervento del barman 30enne ha chiuso la prima udienza del processo che andrà avanti nei prossimi mesi. Un dibattimento davanti alla corte, presieduta da Antonella Bertoja con a latere la giudice Sofia Fioretta, che ha già esaurito le questioni preliminari come le costituzioni di parte civile e l’ammissione delle prove. I giudici hanno decretato l’uscita del Comune di Senago e delle associazioni Penelope e Polis ammettendo solo come i familiari stretti di Giulia. Nessun disaccordo tra le parti sulle prove che si formeranno nel processo.
La Procura rappresentata dalla procuratrice aggiunta Letizia Mannella e la sostituta Alessia Menegazzo ha citato 33 testimoni, oltre a depositare diverse elementi come un video del baby shower del 17 marzo e un vocale Whatsapp inviato da Giulia a un’amica (Alessandro le aveva rovinato la vita, ndr). “Puoi chiedere scusa se per errore hai urtato lo specchietto della mia auto. Non puoi chiedere scusa se hai avvelenato mia sorella e mio nipote, prendendoci in giro e deridendone la sua figura”, ha commentato con una storia Instagram. Si torna in aula il prossimo 12 febbraio con le prime audizioni dei testimoni dell’accusa.