• 24 Novembre 2024 16:10

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Guida alla giornata in Borsa 

Dic 15, 2023

AGI – I mercati continuano a correre, sulla scia della politica accomodante della Federal Reserve e nonostante la Bce e soprattutto la Boe non si siano allineati agli Usa, evitando di pronunciarsi sui futuri tagli e dimostrandosi più ‘falchi’ della Fed. I listini asiatici oggi sono in rally, anche grazie ai dati macro cinesi, che a novembre sono usciti contrastati, con delle vendite al dettaglio deboli e una ripresa che stenta a materializzarsi, anche se la produzione industriale è cresciuta più del previsto.

In Asia il prezzo del petrolio resta positivo e si avvia a chiudere l’ottava in rialzo per la prima volta in 8 settimane, con entrambi gli indici che tornano sopra I 70 dollari al barile. Inoltre i rendimenti dei Treasury salgono leggermente ma restano bassi, col 10 anni sotto il 4% e il 2 anni al 4,4%. E i future a Wall Street e in Europa viaggiano col segno più, dopo una nuova chiusura positiva a New York, con il Dow Jones che si consolida a livello record, sfruttando ancora l’effetto Fed.

Sui mercati asiatici, la Borsa di Tokyo ha chiuso in rialzo con il Nikkei a +0,87% e 32.970 punti e l’indice Topix a +0,47% e 2.332 punti. Un sondaggio Reuters ha messo in evidenza che oltre un quinto degli economisti intervistati si aspettino che la Bank of Japan abbandonerà i tassi di interesse negativi entro la fine del prossimo anno, avviando una normalizzazione della sua politica monetaria ultra-espansiva. Rally a Hong Kong con l’indice Hang Seng a +2,65%, estendendo l”euforia’ alimentata dalla Fed, che mercoledì ha annunciato che taglierà almeno 3 volte i tassi di interesse il prossimo anno.

Shanghai è invece debole (-0,53%), dopo una serie di dati macro misti a novembre, mentre cresce dello 0,66% Seul e Mumbai (+0,67%) mette a segno un nuovo livello record, dopo che il Bjp, il partito di governo indiano, ha ottenuto tre vittorie chiave nelle elezioni svolte all’inizio di questo mese, preparandosi a vincere le elezioni generali del 2024. A Wall Street i future avanzano, dopo che il Dow Jones, che mercoledì aveva varcato per la prima volta la soglia dei 37.000 punti, ha chiuso ieri a +0,43% a un nuovo massimo storico, mentre l’S&P 500 ha segnato un +0,27% e il Nasdaq ha guadagnato il +0,19%. 

“E’ stato uno straordinario regalo di Natale anticipato” da parte della Fed, ha affermato Charles Hepworth, direttore degli investimenti di Gam Investments. La banca centrale statunitense ha tenuto i tassi d’interesse al 5,25%-5,50%, come ampiamente previsto, ma ha pronosticato tre tagli di un quarto di punto l’uno nel 2024, contro i due previsti a settembre.

Altri segnali di un’economia Usa forte sono arrivati coi dati macro di ieri: i sussidi settimanali di disoccupazione sono scesi di 19 mila unità a quota 202 mila, sotto le stime e sui minimi da metà ottobre, mentre le vendite al dettaglio a novembre sono aumentate dello 0,3% rispetto al mese precedente, dopo il -0,2% di ottobre (rivisto dall’iniziale -0,1%) e contro un atteso -0,1%. A fare da traino è stato lo shopping natalizio, anche se I consumi Usa, che non coincidono con le vendite al dettaglio, mostrano segni di rallentamento.

Sui listini Usa bene i titoli dell’auto (+5,31%), le banche (+4,19%) e l’energia (+2,95%). In evidenza nel pharma il titolo Moderna che chiude con un +9,25% dopo che i dati sperimentali hanno dimostrato l’efficacia di un farmaco anticancro. Intanto i future crescono anche sull’EuroStoxx 50, dopo che ieri le Borse europee hanno chiuso positive, ad eccezione di Francoforte. La Bce ha lasciato i tassi invariati ma le dichiarazioni da ‘falco’ della presidente della Bce, Lagarde hanno raffreddato gli entusiasmi degli investitori.

Dopo aver aperto in forte rialzo, i listini hanno frenato con Londra che ha mantenuto un guadagno dell’1,33%, Parigi ha chiuso in rialzo dello 0,59%, mentre Francoforte ha ceduto lo 0,08%. In leggero rialzo anche Milano a +0,21%, che ha scontato la maggiore esposizione al margine d’interesse delle banche italiane, come quelle spagnole, che oggi pagano dazio per quanto emerso dalla riunione Bce. L’istituto di Francoforte, infatti ha annunciato un dimezzamento del programma Pepp nel secondo semestre dell’anno prossimo.

Ieri, come previsto dagli analisti, anche la Bank of England ha deciso di mantenere il tasso di riferimento al 5,25%, livello massimo degli ultimi 15 anni, per la terza riunione consecutiva. Tassi invariati anche per la Banca centrale svizzera, mentre la Banca di Norvegia, per la quattordicesima volta in più di due anni, ha alzato il tasso di riferimento di 0,25 punti, portandolo al 4,5%. Nel frattempo lo spread ha chiuso in calo, sotto i 170 punti, ai minimi da settembre, mentre sul valutario, il dollaro ha perso terreno contro le altre monete, muovendosi sui minimi da quattro mesi e lasciando spazio all’euro che risale ben al di sopra del livello di 1,09 sul biglietto verde.

Sul fronte energetico in rialzo i prezzi del petrolio, con le stime di crescita della domanda per il prossimo anno da parte dell’Aie e con l’Opec che si aspetta una domanda record nel 2024. A favorire la ripresa dei prezzi anche il calo inatteso delle scorte negli Stati Uniti. Oggi c’è attesa negli Usa e in Europa per i Pmi di novembre. Negli Usa gli indici anticipatori dovrebbero mantenersi stabili, con il manifatturiero a 49,1 punti e i servizi a 50,5 punti. Anche in Europa i Pmi dovrebbero uscire poco mossi, con il manifatturiero ancora debole a 44,5 punti e i servizi a sotto 50 punti. “Ai mercati – spiega Vincenzo Bova, senior analist di Mps – interesseranno in particolare i Pmi dell’Eurozona, che sono quelli più in difficoltà”.

CINA: A NOVEMBRE ESCONO RISULTATI CONTRASTATI, BENE PRODUZIONE E MALE VENDITE

La Cina sforna dei risultati economici misti a novembre. Le vendite al dettaglio sono aumentate meno del previsto e salgono del 10,1% annuale, meno dell’atteso +12,5% e più del rialzo del 7,6% di ottobre. La produzione industriale è aumentata del 6,6% tendenziale, più di un atteso +5,6% e più dell’incremento del 4,6% registrato a ottobre.

I dati di novembre fanno i conti con quelli molto deboli di un anno fa, quando l’economia cinese era ancora alle prese con lo stadio finale delle chiusure anti-Covid. Tuttavia la ripresa in Cina stanta a decollare, per l’effetto della crisi immobiliare e per la la carenza di aiuti da parte del governo. Il tasso di disoccupazione a viembre resta fermo al 5%. Anche gli investimenti fissi lordi sono cresciuti del 2,9%, come a ottobre e meno di un atteso +3%.

BCE: LASCIA TASSI FERMI MA NON DISCUTE DI TAGLI E NON ABBASSA LA GUARDIA SU INFLAZIONE

La Banca Centrale Europea ha lasciato invariati i tassi di interesse. Il tasso sui rifinanziamenti principali resta dunque fermo al 4,50% e quello sui depositi al 4%. E’ la seconda pausa consecutiva nel ciclo di rialzi cominciato a luglio 2022. Francoforte si muove nel solco della Fed, ma a diffrenza della banca centrale Usa non valuta possibili riduzioni del costo del denaro.

“Non abbiamo parlato per niente di taglio dei tassi” ha detto la presidente della Bce, Christine Lagarde, ribadendo che sull’inflazione “non bisogna abbasssare la guardia”. La Bce ha rivisto al ribasso le sue stime di inflazione nel 2023 e soprattutto nel 2024, ma ha evidenziato come “l’inflazione, pur essendo diminuita negli ultimi mesi, tornerà probabilmente a registrare un temporaneo incremento nel breve periodo”.

Più nel dettaglio, secondo la Bce, l’inflazionedovrebbe ridursi gradualmente nel corso del prossimo anno, per poi avvicinarsi all’obiettivo del Consiglio direttivo del 2% nel 2025. Nell’insieme gli esperti si attendono che l’inflazione complessiva si collochi in media al 5,4% nel 2023, al 2,7% nel 2024, al 2,1% nel 2025 e all’1,9% nel 2026. Rispetto all’esercizio di settembre, sono state riviste al ribasso le proiezioni per il 2023 e soprattutto per il 2024″. Parlando di inflazione, Lagarde ha detto: “Dobbiamo abbassare la guardia? Ce lo siamo chiesto. No, non dovremmo assolutamente”, ha aggiunto, spiegando che la Bce resta “dipendente dai dati” e che sull’inflazione di fondo servono più dati che arriveranno nei prossimi mesi, “perchè c’è una componente che fatica a calare”. 

GB: BOE LASCIA TASSI INVARIATI MA SI ASPETTA CHE RESTERANNO A LUNGO ELEVATI

La Bank of England lascia i tassi di interesse invariati al 5,25% ma non lascia da parte i toni da ‘falco’ e non segue l’atteggiamento accomodante della Federal Reserve. All’interno del direttivo 6 membri hanno votato a favore, mentre 3 componenti si sono espressi per un aumento del costo del denaro al 5,5%. L’istituto fa sapere che i tassi di interesse britannici dovranno rimanere elevati per “un periodo prolungato” e, a differenza della Fed che ieri ha previsto almeno tre tagli del costo del denaro il prossimo anno, non si pronuncia sulla riduzione dei tassi.

Anzi, il Governatore Andrew Bailey dichiara che c’è “ancora molta strada da fare” nella lotta contro l’inflazione, sfidando gli investitori che avevano scommesso su dei tagli fin all’inizio del 2024. “Noi prenderemo le decisioni necessarie per riportare l’inflazione al 2%” ha scritto Bailey in unma nota. “Mentre la Fed sta iniziando a discutere la possibilità di tagli dei tassi, la scelta per la BoE è ancora esclusivamente tra mantenere o alzare i tassi”, ha affermato Matthew Landon, strategist di JPMorgan Private Bank.

La BoE ha ampiamente ignorato i dati che mostrano un rallentamento della crescita salariale e un calo dello 0,3% del prodotto interno lordo in ottobre, il che aumenta la prospettiva di una recessione in vista delle elezioni nazionali del 2024.

USA: VENDITE AL DETTAGLIO SALGONO A SORPRESA A NOVEMBRE, GIU’ SUSSIDI DISOCCUPAZIONE

Le vendite al dettaglio negli Stati Uniti sono aumentate inaspettatamente a novembre, in concomitanza con lo shopping natalizio, mentre I sussidi settimanali di disoccupaione sono calati più del previsto, attestandosi a un minimo da 2 mesi. L’aumento delle vendite al dettaglio è stato dello 0,3% mensile destagionalizzato, contro un atteso calo dello 0,1% e a fronte di un -0,2% a ottobre (dato rivisto dall’iniziale -0,1%).

L’incremento è stato determinato da una maggiore spesa in ristoranti e bar, articoli sportivi, negozi di hobby e libri e mobili, cioè in tutti beni non strettamente legati all’inflazione. Le vendita di benzina, collegate al calo del petrolio sono minuite così come quelle dei dei prodotti elettronici, degli alettrodomestici e dei grandi magazzini. Su base annuale l’aumento delle vendite generale è stato del 2,1%, a fronte del +2.2% di ottobre e di un atteso rallentamento al 2,1%.

Le vendite al dettaglio non corrspondono alla spesa dei consumatori, la quale nel quarto trimestre è prevista al +2%, in frenata rispetto al +3,6% dei terzo trimestre. Secondo la Fed di Atlanta il Pil Usa aumenterà ad un tasso dell’1,2% nel quarto trimestre, al di sotto di quello che i funzionari della Fed considerano un tasso di crescita non inflazionistico di circa l’1,8%. Nel terzo trimestre il Pil è salito del 5,2% e, sebbene stia rallentando, gli economisti non si aspettano una recessione. Intanto i sussidi settimanali di disoccupazione sono scesi di 19.000 unità a 202.000 unità, un livello che resta elevato ma che il minimo da 2 mesi e che è inferiore alle 220.000 unità attese dagli analisti.

UE: NON RIESCE AD APPROVARE PACCHETTO AIUTO A UCRAINA DA 50 MILIARDI

L’Unione europea non è riuscita a concordare un pacchetto di aiuti finanziari da 50 miliardi di euro all’Ucraina, per il veto posto dal premier ungherese Viktor Orbàn. Lo stop ai colloqui sui finanziamenti, considerati cruciali per la stabilità finanziaria dell’Ucraina fino al 2024, fa seguito ai ripetuti fallimenti del Congresso Usa nel trovare un’intesa sul sostegno a Kiev. I leader dell’Ue, che sono stati bloccati nelle trattative per aiutare l’Ucraina, torneranno a Bruxelles all’inizio del 2024 per dei nuovi tentativi.

L’obiettivo è quello di approvare i finanziamenti a Kiev senza il contributo di Orbàn. Il blocco degli aiuti è arrivato poche ore dopo che i leader hanno accettato di avviare i negoziati di adesione dell’Craina all’Ue. La Commissione Europea, l’organo esecutivo dell’UE, aveva vincolato il pacchetto di finanziamenti per l’Ucraina ai 21 miliardi di euro di finanziamenti aggiuntivi per il bilancio condiviso del blocco, che includeva i soldi per i migranti e per la difesa. Il veto di Orbàn è arrivato nonostante Bruxelles avesse sbloccato 10,2 miliardi di euro di finanziamenti Ue all’Ungheria, precedentemente bloccati per motivi legati allo stato di diritto.

Orbàn è il più stretto alleato europeo di Vladimir Putin e più volte si è speso contro le sanzioni europee alla Russia. Una proposta alternativa per raccogliere fondi per l’Ucraina senza il via libera dell’Ungheria è considerata un’opzione di riserva, sarebbe più costosa e e durerebbe solo un anno. 

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