Ci risiamo, abbiamo un altro problema, l’ennesimo dovuto al surriscaldamento globale. Questa volta la questione è piuttosto subdola e sfuggente, se ne parla poco e altrettanto poco se ne sa. Tuttavia, è sufficiente introdurla per capirne facilmente le sue implicazioni che, purtroppo, non sono affatto buone.
Se avete letto il nostro precedente articolo sulla smart cities, sapete che la sfida concreta non riguarda la creazione di città ex-novo, quanto piuttosto la trasformazione di quelle esistenti. Sarebbe infatti assurdo pensare che le cosiddette “città intelligenti” possano esserlo solo quelle di nuova costruzione come Sustainable City negli Emirati Arabi, anche perché il problema di cui stiamo per parlare riguarda in parte anche loro. No, purtroppo la sfida è molto più complessa e bisogna innanzitutto sapere contro chi abbiamo a che fare.
Andiamo subito al punto: le città dove viviamo non sono progettate per resistere alle alte temperature a cui stiamo andando incontro. Dall’organizzazione del tessuto urbano ai materiali utilizzati per crearlo e connetterlo, nessuno aveva messo in conto che il clima potesse cambiare così tanto e in così poco tempo. Le moderne metropoli sono infatti tra le aree più calde del pianeta e la maggior parte delle azioni dell’uomo contribuisce ad aggravare la situazione. Sono i luoghi in cui si formano le cosiddette “isole di calore”, aree in cui l’aria calda rimane ferma causando un circolo vizioso di richiesta energetica e danni conseguenti provocati. Parliamo ormai di una media di 40 gradi d’estate all’aria aperta, un valore che aumenta parecchio se lo misuriamo direttamente sui materiali esposti al sole. Ma i nostri edifici, le nostre strade, tutte le infrastrutture, i cavi , i tunnel, come reagiscono a questo sbalzo termico?
Fonte: 123RFI lavoratori edili sono tra i più esposti al problema del surriscaldamento urbano
Il cambiamento climatico sotterraneo
Le notizie purtroppo non sono buone. Cominciamo con un recente studio condotto dalla Nortwestern University dell’Illinois e guidato dal professor Alessandro Rotta Loria. Nella ricerca si prende in esame la città di Chicago in relazione al surriscaldamento e, grazie a una rilevazione tramite sensori durata circa tre anni, si è scoperto che la temperatura sotterranea del Loop – un’area piena di grattacieli e altri edifici – era di 10 gradi più alta rispetto a quella di un parco vicino. Inoltre, è stato riscontrato che quella dell’aria nelle strutture sotterranee, tipo parcheggi e tunnel, era fino a 25 gradi più calda di quella misurata sotto terreni non edificati.
Questo particolare accumulo di calore viene definito “cambiamento climatico sotterraneo” e i ricercatori ritengono possa avere effetti molto gravi nelle città. In pratica, succede che gli edifici costruiti in cemento armato e acciaio tendono ad assorbire calore e a convogliarlo tramite la loro struttura fino al terreno su cui poggiano. Molte fondazioni stanno perciò subendo cedimenti indesiderati in modo lento e costante, come un specie di sprofondamento che ovviamente rappresenta una seria minaccia per la sicurezza.
I ricercatori però hanno anche proposto delle soluzioni per sfruttare positivamente il problema: la più interessante è quella di provare a utilizzare questo calore in eccesso per riscaldare gli edifici, anche se non è ancora ben chiaro come riuscire a farlo. Tuttavia è importante sapere dell’esistenza di questo fenomeno per cominciare ad agire di conseguenza.
Fonte: 123RFI tunnel metropolitani sono tra i luoghi più esposti al surriscaldamento sotterraneo
Gli altri effetti del surriscaldamento
Il cambiamento climatico sotterraneo è probabilmente uno dei più temibili fenomeni con cui avremo a che fare nell’immediato futuro, soprattutto nelle smart cities. Questo perché uno dei loro punti di forza è proprio lo sfruttamento del sottosuolo, ad esempio interrando servizi spesso presenti in superficie. Vediamo però meglio quali altri effetti genera questa forma di surriscaldamento nelle città.
Superfici e materiali
Ovviamente ogni superficie esposta al sole diretto che si trova dentro un’isola di calore tende ad aumentare la sua temperatura interna. Una corretta progettazione edilizia deve prevedere l’utilizzo di tecnologie mirate a favorire l’ombreggiamento e di materiali isolanti di qualità. La combinazione di solo questi due fattori avrebbe già un impatto sul cambiamento climatico sotterraneo; tuttavia bisogna accertarsi che i lavori vengano eseguiti rispettando certi criteri, cosa che purtroppo spesso non accade come abbiamo visto a proposito degli isolanti di classe E permessi dalla legge sul Superbonus 110.
C’è poi il problema dell’asfalto, che durante la moderna stagione estiva può raggiungere temperature anche di 70 gradi, influendo così sulla pressione degli pneumatici e quindi sulla tenuta in strada. Ma non finisce qui: Secondo una nuova ricerca pubblicata sulla rivista Science Advances, l’asfalto rilascia pericolosi inquinanti atmosferici se colpito da calore estremo e luce solare. I ricercatori hanno scoperto che l’asfalto nel bacino aereo della costa meridionale della California emetteva più aerosol organici secondari in estate rispetto ai veicoli a motore diesel e a gas messi insieme.
Hanno inoltre riscaldato l’asfalto a temperature comprese tra 40 e 200 gradi hanno notato che le emissioni di asfalto persistevano a un ritmo costante dopo il riscaldamento con temperature estive, il che suggerisce come l’asfalto continui a rilasciare inquinanti atmosferici anche dopo che il sole estivo e il caldo sono passati. Il problema ovviamente riguarda anche molti altri materiali, capaci di causare danni indiretti ma sempre originati dal caldo. L’arredo urbano e i giochi per bambini possono diventare incandescenti, il calcestruzzo gettato in condizioni troppo calde può ridurre le sue prestazioni e tendere alla fratturazione per ritiro plastico, un’aspetto quest’ultimo da non sottovalutare affatto.
Sistema di trasporti
Ovviamente tutto ciò riguarda anche il settore dei trasporti e più il sistema risulta efficiente e ben connesso, più il calore si trasmette altrettanto bene. Le metropolitane sono le prime a doverci fare i conti, sia per la trasmissione termica degli edifici soprastanti che abbiamo visto, sia a causa di altri fattori non meno incisivi. Il passaggio stesso dei treni, le loro frenate e gli impianti di climatizzazione dei vagoni, sono solo alcune componenti di un complesso quadro che si aggrava in caso di sovraffollamento.
L’aumento demografico dovrebbe infatti a sua volta essere accompagnato da un potenziamento dimensionale di impianti e infrastrutture, cosa non sempre possibile come ad esempio accade a New York dove i tunnel, progettati decenni fa, sono troppo stretti. Ma anche parcheggi e altri tunnel sotterranei accusano le stesse problematiche: da un lato generano calore, dall’altro lo subiscono. L’organizzazione delle smart cities conta molto sulla divisione in altezza degli spazi e la questione del riscaldamento sotterraneo potrebbe rimettere seriamente in discussione tutto.
D’altro canto i sistemi in superficie non se la passano tanto meglio. Forse non sono direttamente interessati dal cambiamento climatico sotterraneo (pur essendo una delle loro cause), ma subiscono comunque gli effetti delle ondate di calore. Un recente studio ha registrato un aumento dei ritardi dei treni inglesi durante i picchi di afa; pur non trovando un nesso causale tra le due cose, il fenomeno sembra presentarsi con regolarità e potrebbe essere dovuto a fattori umani a loro volta dipendenti dal caldo. Inutile poi dire quanto le automobili possano diventare torride se lasciate al sole d’estate e quanto una mole di componentistica elettrica sempre maggiore e sempre più delicata si trova esposta al calore, sia proveniente dall’alto che dal basso.
Impianti e servizi
Non dimentichiamoci poi di impianti e servizi, le cose sono per alcuni di loro ancora più complicate di quello che abbiamo visto fin ora. Prendiamo ad esempio i comuni cavi elettrici collegati dai tralicci: il fatto di trovarsi all’esterno li espone a tutta una serie eventi climatici estremi oggi non più così rari e che possono danneggiarli se non addirittura distruggerli (come nel caso di un uragano).
Sulla base di queste considerazioni, una delle proposte più diffuse è l’interramento dei cavi. In teoria l’idea è ottima, infatti è stata applicata da molte città, peccato che fosse ancora poco conosciuto il cambiamento climatico sotterraneo e che le cose non siano sempre così semplici come appaiono. Non si possono prendere i cavi sospesi in aria e metterli sottoterra senza intervenire con alcune modifiche perché, essendo che convogliano la corrente avanti e indietro, sono molto caldi: all’aria aperta questo calore può dissiparsi, ma in profondità nel terreno le cose possono risultare complicate se comincia a esserci un affollamento di sottoservizi.
Inoltre, si tratta di una pratica che può diventare anche molto dispendiosa: a seconda della densità della popolazione locale e del terreno, l’interramento può costare miliardi di dollari e anni di tempo. E non si tratta nemmeno dell’unico costo, visto che intervenire su dei sistemi sotterranei è spesso più oneroso che riparare quelli sospesi in aria. Il cambiamento climatico sotterrano è un tema piuttosto nuovo e che, nonostante faccia strano precisare, questa volta ci tocca più da vicino rispetto alle varie modifiche dell’ecosistema già in corso.
In discussione è infatti l’habitat artificiale in cui viviamo e non intervenire per tempo potrebbe letteralmente far sprofondare il terreno sotto i nostri piedi. I margini di intervento sono pochi, già sentiti e quasi sempre vanificati dall’aumento demografico. Quello che nel concreto possiamo fare è costruire meglio, fare manutenzione e piantare alberi nelle città. Solo per dare l’idea, un’analisi condotta a Baltimora ha rilevato che un aumento della copertura arborea del 10% evita 83 morti di caldo ogni anno. Questi tre interventi possono fare le differenza nel breve periodo, farci vivere estati meno afose, con meno morti e salvaguardare il nostro patrimonio edilizio.