E così, la firma del ministro Urso è arrivata. Le lettere di licenziamento e la liquidazione di Holostem sono state fermate da quella firma, e si è riaperto uno spiraglio per il futuro dei pazienti da trattare con le cellule staminali di Modena. Vediamo: il ministro ha chiesto che si nomini un nuovo management, che si appronti un piano industriale di rilievo e che Invitalia si faccia carico di individuare e proporre collaborazioni industriali di rilievo.Tutte condizioni ragionevoli e direi quasi ovvie.Un piano industriale, ovviamente, esiste già, ma se si può migliorare integrando suggerimenti utili meglio ancora.Il management deve essere rinnovato, e questo va da sé, alla luce dell’acquisizione da parte della Fondazione Enea Tech e Biomedical. Infine, l’aiuto di Invitalia è molto auspicabile e ben accetto; fatte salve operazioni fallite e sbilenche come quella su Reithera, ogni mezzo di cui lo Stato dispone per incrementare lo sforzo di reindustrializzazione è benvenuto.
Dunque, ottimo la risposta del ministro, e sensate le condizioni che pone. Faccio qui alcune considerazioni aggiuntive, che credo possano essere di qualche interesse. Intanto, noto che il campo è stato sgomberato per quanto pertiene l’obiezione all’intervento pubblico, pena la violazione della normativa sugli aiuti di Stato; come il ministro ha ben colto, apponendo quindi la sua firma, da un punto di vista puramente giuridico, ma anche di sostanza, essa non aveva poi gran fondamento, per le ragioni già spiegate abbondantemente anche su queste pagine.Inoltre, mi permetto di suggerire che forse, visto anche il tipo di applicazioni cliniche delle ricerche e dei prodotti di Holostem, sarebbe il caso di aggiungere al ventaglio delle soluzioni da esaminare anche una di tipo una not-for-profit: se, infatti, è probabile che almeno alcune applicazioni delle cellule staminali alle malattie rare non siano particolarmente appetibili per il mercato, non è affatto detto che esse debbano essere lasciate cadere, poiché, come in molti casi analoghi, il sistema per sostenerle può essere al di fuori del mercato puro. Infine, vorrei capire una cosa: perché l’Università di modena e Reggio Emilia, di cui Holostem è una start-up e che è stata socio, con Chiesi, di quella società, è così silente?
Perché non si è sentita la voce del rettore né prima, né durante e né dopo l’emersione di questo grave scoglio appena superato, che metteva a rischio non solo pazienti e ricercatori di Holostem, ma anche uno dei frutti migliori della capacità di ricerca e di trasferimento tecnologico di quell’Università? Perché, con i ricercatori di Holostem, sono scesi a partecipare per pura iniziativa personale i colleghi di Michele de Luca e Graziella Pellegrini, mentre invece l’istituzione accademica a cui essi appartengono, quella stessa che vantava i successi su Nature della ricerca clinica sulle staminali e che ha costituito il Centro di Medicina Rigenerativa di Modena, proprio quell’istituzione non è scesa a tutelare il suo stesso interesse?Il mutismo di un rettore e di un’istituzione, a fonte della mobilitazione di oltre 70.000 cittadini italiani che hanno apposto la propria firma per sostenere Holostem, fa impressione; ma forse mi sbaglio, e voglio sperare di essere smentito dalla dimostrazione degli sforzi fatti dall’istituzione universitaria e da quelli che in futuro senz’altro farà.