AGI – L’inflazione cambia tutto: riduce di 21 miliardi di euro il potere d’acquisto delle famiglie italiane e di 213 miliardi di euro le attività finanziarie. Sei italiani su dieci hanno modificato la spesa alimentare per far fronte all’aumento dei prezzi: è quanto emerge dal “Diario dell’innovazione” Agi-Censis ‘La reazione degli italiani di fronte ai processi innovativi.
Ecco nel dettaglio i risultati dell’indagine:
UNO SHOCK DA INFLAZIONE AL QUALE NON ERAVAMO PREPARATI
Fra gennaio 2021 e settembre 2023, la variazione dell’indice dei prezzi al consumo è stata pari a 14,6 punti percentuali, un incremento “shock” per molti bilanci familiari. L’impatto immediato si riversa sulla reale capacità di spesa delle famiglie: fra il 2021 e il 2022, a fronte di un incremento del reddito disponibile lordo a prezzi correnti, pari al 5,5%, si verifica una riduzione del potere d’acquisto delle famiglie consumatrici pari all’1,6%, un dato questo che corrisponde a 21 miliardi di euro in meno nelle risorse economiche familiari.
L’EROSIONE DEL POTERE D’ACQUISTO E L’IMPATTO SUL RISPARMIO
Fra il 2013 e l’anno in corso, l’incremento delle attività finanziarie delle famiglie italiane è stato del 15,7%; dodici punti sono computabili al periodo 2013-2019. All’ulteriore aumento delle consistenze fra il 2019 e il 2022 del 7,4%, fa invece riscontro, nel periodo 2022-2023 una riduzione di quasi quattro punti percentuali.
Questa variazione corrisponde a una riduzione netta delle attività finanziarie in possesso delle famiglie pari a 213 miliardi di euro. Il forte impatto sull’orizzonte delle disponibilità economiche si osserva anche dal lato delle attività mantenute liquide durante tutti questi anni.
Nell’ultimo anno, si interrompe la corsa alla liquidità prudenziale e la variazione negativa delle consistenze in cash e depositi a vista raggiunge il 9,6%. La “sofferenza” economica delle famiglie italiane può così essere quantificata in 122 miliardi di euro.
LO “STRESS DA SPESA”: MENO QUALITÀ, MENO QUANTITÀ
L’attenzione all’andamento dei prezzi e i comportamenti di rinuncia a quantità e qualità sono il segnale di uno “stress da spesa” che ha coinvolto in maniera diffusa il Paese in questi mesi. Il 29,5% degli italiani ha dichiarato che, fra il 2021 e il 2022, ha ridotto la qualità e le quantità di beni alimentari acquistati; questa percentuale sale al 33,3% nel caso di acquisti di bevande e al 35,6% si si fa riferimento ai servizi per la cura dell’igiene personale.
Oltre sei italiani su dieci confermano di aver dovuto modificare la propria spesa alimentare a causa del rialzo dei prezzi dei prodotti (60,3%). Il profilo delle persone più esposte al rincaro della spesa alimentare mette in evidenza una maggiore incidenza fra i residenti nelle regioni del Mezzogiorno (66,6%), fra le persone con un’età compresa fra i 35 e i 64 anni (69,5%, ma fra i più giovani si colloca comunque al 65,8%) e fra chi dispone di un titolo di studio basso (al più la licenza media, 66,8%).
Condizione professionale e reddito lordo annuale delle famiglie di riferimento contribuiscono decisamente a selezionare le componenti più in sofferenza. Fra queste emergono i disoccupati (74,0%) e le casalinghe (72,4%); fra chi percepisce un reddito lordo annuo fino a 15 mila euro la percentuale è del 73,5%; si riduce di poco fra i percettori di reddito compresi nella classe da 15 mila a 30 mila euro (66,6%).