L’argomento di cui parliamo oggi è molto caldo in Italia e riguarda ancora una volta la benzina. Il prezzo del carburante nel nostro Paese è una piaga, da quasi due anni infatti i valori sono saliti alle stelle e – insieme ad altri fattori – hanno messo in ginocchio le famiglie.
L’obbligo dei cartelli
A partire dalla scorsa estate, esattamente dal primo agosto, il Governo ha preso una decisione: obbligare tutti i benzinai a esporre all’esterno delle stazioni di servizio i cartelloni che riportano i prezzi medi del carburante. Un nuovo ed ennesimo tentativo da parte dell’Esecutivo di rendere la comunicazione ai consumatori più trasparente e chiara, allo scopo di evitare le speculazioni sui prezzi del carburante alla pompa, a cui abbiamo assistito in questi anni.
Se inizialmente sembrava un grande flop, il mese scorso abbiamo beneficiato di un calo dei prezzi, e per qualcuno pareva essere anche merito di questa iniziativa. Lo aveva dichiarato il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, sostenendo in particolare: “È accaduto quello che noi avevamo previsto: non c’è stato un adeguamento al prezzo più alto, non c’è stato un appiattimento verso l’alto e la curva, anzi, è scesa verso il basso”, queste le sue parole durante una conferenza stampa al Mimit volta a trarre le conclusioni su un anno di lavoro. Urso aveva sottolineato: “Il margine tra prezzo più alto e più basso è rimasto sufficientemente alto, garantendo la concorrenza. Ora il cittadino può scegliere con piena consapevolezza”.
Al contrario di quel che ha dichiarato di recente Urso, la nuova regola pareva essere inizialmente un vero e proprio flop, un buco nell’acqua. Durante l’estate 2023 – infatti – non abbiamo assistito ad alcuna influenza positiva a livello di listini. Prima dell’imposizione ai distributori di benzina, le perplessità degli esperti erano molte, insieme a quelle delle organizzazioni di categoria e delle associazioni di consumatori. Tanti i dubbi, parzialmente smentiti, anche se non da tutti.
Il Presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, Massimiliano Dona, considerava l’esposizione dei cartelloni praticamente inutile, “se l’esposizione dei prezzi medi presso i distributori doveva servire a ridurre i prezzi o quanto meno a mitigarne l’aumento, allora è stato un fallimento”, erano state le sue dichiarazioni.
Assoutenti, sempre in prima linea, aveva affermato: “I cartelloni con i prezzi medi da soli non sono sufficienti: il Governo farebbe bene a intervenire sulla formazione dei prezzi dall’estrazione alla vendita presso i distributori, garantendo ai consumatori trasparenza su cosa succede nei vari passaggi della filiera, in modo da evidenziare chi attua manovre speculative e chi si arricchisce sulle spalle degli automobilisti”.
Il Ministro Urso sembrava invece soddisfatto dell’operato dell’Esecutivo, ma oggi deve far fronte a una novità accaduta proprio nelle ultime ore, che potrebbe cambiare le carte in tavola. Di che cosa stiamo parlando? Della lotta che i benzinai stanno attuando contro il Governo, per eliminare questo obbligo che considerano pesante e inutile. E c’è da dire che il primo round è stato vinto proprio dai benzinai.
La sentenza del Tar del Lazio
Come ha comunicato di recente l’ANSA, una sentenza del Tar del Lazio ha annullato il decreto ministeriale del 31 marzo in cui sono state stabilite le modalità di comunicazione dei prezzi. Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha richiesto immediatamente l’intervento al Consiglio di Stato, per poter sospendere gli effetti della sentenza. Il Tar ha accolto il ricorso che è stato mosso dai benzinai, a partire dalle associazioni Fegica e Figisc Confcommercio: il motivo è semplice, non c’è stata la necessaria comunicazione al presidente del Consiglio dei Ministri e nemmeno il parere del Consiglio di Stato. Secondo il Mimit però si tratta di “questioni procedurali”, così ha dichiarato, sostenendo anche che il Tar “non pone in dubbio la sussistenza dell’obbligo di esporre il cartello previsto dalla legge”.
Ma Roberto Di Vincenzo, presidente Fegica, e Bruno Bearsi, presidente Figisc, sono di tutt’altro parere, e anzi indicano che i benzinai per ora hanno la vittoria in pugno, essendo stati “a lungo e a più riprese calunniati e presentati alla pubblica opinione come responsabili di speculazioni e furbizie sui prezzi”, motivo per cui gli esercenti stessi si sono lamentati delle decisioni prese dall’Esecutivo.
Il Ministro delle Imprese, Adolfo Urso, d’altro canto non vuole darsi per vinto, crede parecchio in questo nuovo obbligo dei cartelli esposti dai benzinai, entrato in vigore poco più di tre mesi fa. Come abbiamo detto, infatti, tutti coloro che gestiscono una stazione di rifornimento di benzina, a partire dal primo agosto hanno dovuto rispettare l’obbligo di esposizione e aggiornamento quotidiano dei prezzi praticati comunicati ai clienti, oltre che di quelli medi nazionali per i distributori su autostrade e regionali per gli altri.
Un obbligo che, se non rispettato, costa caro: le multe previste per gli inadempienti vanno da un minimo di 200 a oltre 2.000 euro e, addirittura, chi non si adegua, rischia anche la sospensione dell’attività. Secondo il Ministero, come abbiamo avuto modo di apprendere già il mese scorso, questo provvedimento è molto efficace, e ha già portato “una continua e progressiva discesa dei prezzi” (come sostiene Urso). In sua difesa il Governo ha comunicato inoltre che i prezzi industriali italiani sono più bassi di quelli degli altri Paesi europei e che nel margine lordo di distribuzione non ci sono stati i picchi visti invece nel corso del 2022. Difesa che però non convince in alcun modo le associazioni dei consumatori.
L’analisi delle associazioni dei consumatori
Il Codacons in prima linea e altre associazioni a difesa dei consumatori sottolineano invece che il prezzo del carburante in Italia non è calato grazie all’esposizione dei cartelli da parte dei distributori, ma che ha continuato a seguire il solito andamento a cui siamo abituati. Sono stati registrati infatti i soliti picchi in corrispondenza del grande esodo estivo, come avevamo visto, e poi man mano hanno ricominciato ad abbassarsi. Ma l’obbligo dei cartelli non c’entra nulla, e non ha portato gli effetti che anche il Governo stesso sperava. Secondo Assoutenti però questa sentenza potrebbe trasformarsi in “una stangata, con repentini aumenti dei listini alla pompa”.
La decisione del Tar sul decreto carburanti, secondo il PD, è “un colpo definitivo al tentativo del Governo di affrontare il tema del caro prezzi del carburante in modo demagogico e inefficace”, mentre secondo il Movimento Cinque Stelle i cartelli continuano a essere “ridicoli e dannosi”. Staremo a vedere come procederà tale battaglia.