AGI – “Dopo dodici anni in cui ero tranquillo, in cui ho dovuto ricostruire passo dopo passo la mia persona, la mia immagine, mi sono visto di nuovo tirato in ballo su un programma televisivo nazionale, citato da Beppe Signori. E non lo accetto”. Ha il volto triste l’ex capitano del Bari, Antonio Bellavista, mentre ci mostra le foto dei suoi figli sullo smartphone, che all’indomani di una nota trasmissione a scuola sono stati presi di mira: “Sono tornati a casa frastornati. ‘Papà ieri sera ti hanno citato in televisione’ e con somma calma ho dovuto rispiegare loro quel che mi è accaduto più di un decennio fa, riaprendo un cassetto dei ricordi che per me era chiuso”.
L’ex centrocampista biancorosso, infatti, nel 2011 fu coinvolto in un’inchiesta sulle scommesse sportive condotta dalla procura di Cremona, che coinvolgeva in tutto 16 persone, accusate di aver condizionato sfide calcistiche di Serie B e Lega Pro. A Bellavista furono sequestrati documenti, un computer e fu trasferito, su richiesta del Gip del tribunale di Cremona, Guido Salvini, in carcere: dopo quindici giorni di detenzione (dal 1 al 16 giugno 2011) fu prima posto ai domiciliari, nella sua città di origine, Bitonto (Ba), poi sottoposto a obbligo di dimora.
Fu poi scagionato dal Tribunale della Libertà di Brescia, dopo la richiesta del legale Massimo Chiusolo. Nell’ambito della stessa inchiesta, furono arrestati anche il capitano della Lazio, Beppe Signori, e risultavano indagati Stefano Bettarini e Cristiano Doni. Bellavista non è mai stato giudicato dal tribunale perché il processo andò in prescrizione, mentre la Figc gli attribuì dieci anni di squalifica alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della Federazione. “Sotto la lente di ingrandimento finirono circa 70 partite e ho ammesso quelle che erano le mie responsabilità. Certo è che non ero io a capo di tutta quella macchina: se avessi avuto gli investitori dalla mia parte, perché avrei dovuto dividere con loro eventuali introiti?”, ci dice.
E quindi?
“Da quello che è emerso in tv, Signori (al contrario di quanto affermò il Gip Salvini nell’aprile 2021) si è professato innocente, facendo ricadere ogni colpa su me e sul titolare dell’agenzia di scommesse di Pescara, Massimo Erodiani. Ma i fatti, le carte processuali, dicono altro”.
Nel 2021 il Gip scrisse che “non si può dimenticare che per il filone principale che riguardava decine di partite e l’associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva, e cioè i reati principali contestati a Signori con ruolo di organizzatore, vi è stata la sentenza del 15 dicembre 2020 del Tribunale di Cremona di cui tanto l’imputato quanto i suoi difensori hanno taciuto. A Cremona nei confronti di Signori e degli altri imputati non vi è stata assoluzione ma sentenza di prescrizione”. Che “ha salvato tutti – concludeva – compresi gli imputati confessi”.
E non era così?
“Erodiani era il mio gancio, perché amico del portiere della Cremonese, Marco Paoloni, e del difensore del Piacenza, Carlo Gervasoni, ma a capo dell’organizzazione, ripeto, non c’ero io di certo. Non ero io ad avere conti all’estero. Che necessità avrei avuto di andare a Bologna? In tutta questa vicenda, anche i media hanno fatto la loro parte: se i giornali dicono che Tizio è innocente, il processo è già finito”.
Che anni sono stati per lei?
“All’inizio non è stato facile per niente. Da un momento all’altro, mi sono visto tutta la mia vita cadere a pezzi. Ho sofferto di depressione, attacchi di panico, oltre ad avere danni economici e di immagine. Ancora oggi, nonostante gli sforzi, sono sempre quell’Antonio Bellavista. Ma il mio casellario giudiziale è pulito: oggi sono un consigliere comunale, offro il mio impegno alla società, coltivo ancora il sogno dello sport, l’affetto per i bambini con un centro sportivo nella mia città. In questi dodici anni sono diventato una persona nuova”.
È pentito?
“Certo. Quando entri in quel vortice non pensi a ciò che può accadere alla società, ai tifosi onesti e nel cuore degli italiani, di chi ti vuole bene. E quando ho sentito ultimamente delle nuove vicende sono stato davvero molto dispiaciuto”.
Cosa vorrebbe in questo momento?
“L’ultimo tassello della mia vita è sicuramente la grazia dalla Figc. È stata concessa a tutti. Non vedo perché io, dopo dodici anni, sia rimasto l’unico a non averla ricevuta nonostante le istanze. Sarebbe un modo per dare il mio contributo al calcio locale e avere una seconda possibilità. Un calcio di rigore da battere per poter vincere una sfida della vita”.
AGI – “Dopo dodici anni in cui ero tranquillo, in cui ho dovuto ricostruire passo dopo passo la mia persona, la mia immagine, mi sono visto di nuovo tirato in ballo su un programma televisivo nazionale, citato da Beppe Signori. E non lo accetto”. Ha il volto triste l’ex capitano del Bari, Antonio Bellavista, mentre ci mostra le foto dei suoi figli sullo smartphone, che all’indomani di una nota trasmissione a scuola sono stati presi di mira: “Sono tornati a casa frastornati. ‘Papà ieri sera ti hanno citato in televisione’ e con somma calma ho dovuto rispiegare loro quel che mi è accaduto più di un decennio fa, riaprendo un cassetto dei ricordi che per me era chiuso”.
L’ex centrocampista biancorosso, infatti, nel 2011 fu coinvolto in un’inchiesta sulle scommesse sportive condotta dalla procura di Cremona, che coinvolgeva in tutto 16 persone, accusate di aver condizionato sfide calcistiche di Serie B e Lega Pro. A Bellavista furono sequestrati documenti, un computer e fu trasferito, su richiesta del Gip del tribunale di Cremona, Guido Salvini, in carcere: dopo quindici giorni di detenzione (dal 1 al 16 giugno 2011) fu prima posto ai domiciliari, nella sua città di origine, Bitonto (Ba), poi sottoposto a obbligo di dimora.
Fu poi scagionato dal Tribunale della Libertà di Brescia, dopo la richiesta del legale Massimo Chiusolo. Nell’ambito della stessa inchiesta, furono arrestati anche il capitano della Lazio, Beppe Signori, e risultavano indagati Stefano Bettarini e Cristiano Doni. Bellavista non è mai stato giudicato dal tribunale perché il processo andò in prescrizione, mentre la Figc gli attribuì dieci anni di squalifica alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della Federazione. “Sotto la lente di ingrandimento finirono circa 70 partite e ho ammesso quelle che erano le mie responsabilità. Certo è che non ero io a capo di tutta quella macchina: se avessi avuto gli investitori dalla mia parte, perché avrei dovuto dividere con loro eventuali introiti?”, ci dice.
E quindi?
“Da quello che è emerso in tv, Signori (al contrario di quanto affermò il Gip Salvini nell’aprile 2021) si è professato innocente, facendo ricadere ogni colpa su me e sul titolare dell’agenzia di scommesse di Pescara, Massimo Erodiani. Ma i fatti, le carte processuali, dicono altro”.
Nel 2021 il Gip scrisse che “non si può dimenticare che per il filone principale che riguardava decine di partite e l’associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva, e cioè i reati principali contestati a Signori con ruolo di organizzatore, vi è stata la sentenza del 15 dicembre 2020 del Tribunale di Cremona di cui tanto l’imputato quanto i suoi difensori hanno taciuto. A Cremona nei confronti di Signori e degli altri imputati non vi è stata assoluzione ma sentenza di prescrizione”. Che “ha salvato tutti – concludeva – compresi gli imputati confessi”.
E non era così?
“Erodiani era il mio gancio, perché amico del portiere della Cremonese, Marco Paoloni, e del difensore del Piacenza, Carlo Gervasoni, ma a capo dell’organizzazione, ripeto, non c’ero io di certo. Non ero io ad avere conti all’estero. Che necessità avrei avuto di andare a Bologna? In tutta questa vicenda, anche i media hanno fatto la loro parte: se i giornali dicono che Tizio è innocente, il processo è già finito”.
Che anni sono stati per lei?
“All’inizio non è stato facile per niente. Da un momento all’altro, mi sono visto tutta la mia vita cadere a pezzi. Ho sofferto di depressione, attacchi di panico, oltre ad avere danni economici e di immagine. Ancora oggi, nonostante gli sforzi, sono sempre quell’Antonio Bellavista. Ma il mio casellario giudiziale è pulito: oggi sono un consigliere comunale, offro il mio impegno alla società, coltivo ancora il sogno dello sport, l’affetto per i bambini con un centro sportivo nella mia città. In questi dodici anni sono diventato una persona nuova”.
È pentito?
“Certo. Quando entri in quel vortice non pensi a ciò che può accadere alla società, ai tifosi onesti e nel cuore degli italiani, di chi ti vuole bene. E quando ho sentito ultimamente delle nuove vicende sono stato davvero molto dispiaciuto”.
Cosa vorrebbe in questo momento?
“L’ultimo tassello della mia vita è sicuramente la grazia dalla Figc. È stata concessa a tutti. Non vedo perché io, dopo dodici anni, sia rimasto l’unico a non averla ricevuta nonostante le istanze. Sarebbe un modo per dare il mio contributo al calcio locale e avere una seconda possibilità. Un calcio di rigore da battere per poter vincere una sfida della vita”.