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Progettare la vita con l’intelligenza artificiale

Ott 28, 2023

L’intelligenza artificiale (IA) ha recentemente fatto notevoli progressi in diversi campi. Per esempio, la struttura di proteine e altre macromolecole predetta da AlphaFold2 risulta di livello comparabile ai risultati sperimentali ottenuti mediante raggi X, i modelli linguistici come ChatGPT possono superare MBA ed esami medici e i modelli di deep learning Midjourney e Stable Diffusion possono emulare stili artistici. 

Considerato che siamo in una fase di sviluppo esponenziale della tecnologia e delle sue applicazioni, potremmo chiederci se, utilizzando i modelli di IA generativa, non sia per caso progettare proteine, per poi passare al disegno di interi processi biochimici che vedano lavorare coordinatamente proteine artificiali differenti, fino arrivare persino a quello che è l’obiettivo dichiarato della biologia sintetica, ovvero la progettazione e la realizzazione di una forma di vita interamente artificiale.

Per quel che riguarda il primo passo, la progettazione e l’ottenimento di proteine nuove, non presenti in natura, le strategie esistenti si fondano su approcci basati sulla conoscenza umana, come l’ingegneria razionale degli enzimi o la mutagenesi casuale e la successiva selezione di enzimi con funzione predefinita. Per quanto riguarda il secondo passo, sin qui la progettazione di un intero percorso biochimico avviene attraverso tecniche consolidate di biologia sintetica, spesso prendendo in prestito “parti” da organismi diversi e mettendole insieme nell’ambiente appropriato. 
Entrambi i passi descritti sono costosi in termini di acquisizione di conoscenze necessarie e di sperimentazione. È in questo panorama che ha fatto recentemente irruzione l’IA generativa: i progressi nei “modelli linguistici” proteici hanno consentito all’intelligenza artificiale di “apprendere” implicitamente proprietà che consentono di prevedere quale sarà il ripiegamento tridimensionale, e quindi la struttura finale, di una proteina a partire dalla sequenza di DNA che per essa codifica. Altre tecniche di apprendimento artificiale sono state utilizzate per la previsione delle funzioni corrispondenti a una certa struttura proteica; così, le prime proteine a funzione e struttura predeterminata sono già state realizzate quest’anno. I risultati sono a volte incredibili: per esempio, è stato ottenuto con l’aiuto dell’intelligenza artificiale un enzima in grado di digerire un tipo di plastica diffusa e inquinante, la PET, in poche ore, superando notevoli difficoltà esistenti.

Non solo: è già in fase di attiva discussione scientifica la progettazione di interi percorsi biochimici, progettati attraverso diverse tecniche di intelligenza artificiale, in cui diversi enzimi sintetici processano un materiale di partenza, fornendo all’enzima successivo un prodotto che esso è a sua volta in grado di processare, esattamente come avviene nelle complesse catene metaboliche attive nelle nostre cellule. Ora, potrebbe sembrare che i traguardi e le prospettive sin qui accennati costituiscano al più una nuova, entusiasmante frontiera delle biotecnologie industriali e farmaceutiche; in realtà, tuttavia, c’è ben altro in gioco, se riflettiamo sul significato del terzo possibile passo che potrebbe seguire la progettazione di enzimi e quella di interi sistemi biochimici artificiali.

Come accennavo in apertura, è possibile chiedersi se non sia poi possibile arrivare alla progettazione di un intero organismo vivente artificiale. La biologia sintetica, che ha visto una gran fioritura di approcci e risultati proprio all’inizio di questo millennio, ha fra i suoi obiettivi dichiarati anche la produzione di esseri viventi completamente artificiali. Tentativi piuttosto rozzi di applicazioni dell’IA a questo problema sono già stati fatti: nel 2020, sono stati ottenuti assemblaggi completamente artificiali di cellule di una specie di rospo, chiamati Xenobot, capaci di riprodursi e trasportare piccoli carichi, i quali sono stati ottimizzati dall’intelligenza artificiale.

Molto più rilevante per quello che qui si discute è l’approccio cosiddetto bottom-up: l’assemblaggio di componenti molecolari, fino a ottenere cellule artificiali con varie funzioni specifiche. Sistemi di questo tipo, capaci di replicarsi autonomamente, di alimentarsi e di attuare diverse funzioni, inclusa la comunicazione con cellule naturali e fra loro, sono stati prodotti in laboratorio in una varietà notevole di forme e con un variabile tasso di successo, e continueranno senza dubbio a essere migliorati.

È qui che l’IA può dare il suo miglior contributo: come conseguenza di quanto abbiamo accennato in questo brevissimo articolo, sia i costituenti molecolari, sia le funzioni biochimiche, sia infine anche le capacità di coordinamento e assemblaggio di più cellule artificiali possono essere tutti quanti ottimizzati e molto migliorati utilizzando l’IA, come dimostrano i dati che abbiamo appena visto sugli enzimi “inventati” da zero, sui percorsi biochimici trovati al PC e infine sul miglioramento dell’assemblaggio di più cellule e quindi delle capacità degli xenobot.

Ora, io qui posso solo far intravedere quale sia lo scenario che si sta aprendo alla confluenza di ingegneria molecolare, biologia e IA; ma è importante che questi scenari siano tracciati e valutati nelle loro conseguenze, prima che si arrivi troppo avanti nella loro realizzazione, perché benefici e rischi sono sempre, inestricabilmente, legati fra loro, e solo un’analisi cosciente del nostro possibile futuro può servire a ottenere i primi, minimizzando i secondi.

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