AGI – La situazione energetica europea e italiana per ora è sotto controllo ma potrebbe diventare “molto pericolosa” nel caso il conflitto si dovesse allargare. Lo afferma all’AGI il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, interpellato sul rialzo dei prezzi di petrolio e gas a seguito della guerra tra Israele e Hamas.
Lo scenario peggiore sarebbe quello di una doppia carenza di forniture energetiche, dalla Russia e dal Medio Oriente che metterebbe l’Europa in grandissima difficoltà e farebbe schizzare i prezzi dell’energia e con essi anche l’inflazione. “Sarebbe uno scenario orrendo perché l’Algeria che oggi è il nostro primo fornitore di gas ha espresso una posizione ben precisa a favore di Hamas. Questo non vuol dire che noi dobbiamo interrompere le forniture ma dimostra come la situazione non sia così allegra”, sottolinea Tabarelli.
“La Russia e l’Arabia Saudita si sono messe d’accordo per fare insieme un taglio alla produzione di petrolio e risollevare le quotazioni che sono arrivate a 95 dollari al barile per poi scendere a 82 dollari la scorsa settimana mentre adesso sono tornate a 86 dollari con lo scoppio di questa crisi”, evidenzia l’esperto.
Al momento la situazione è tranquilla. “Per il petrolio è relativamente sotto controllo. In realtà come già accaduto in altre situazioni, dovrebbe essere una crisi limitata a Gaza e non allargarsi ad altri paesi. Oggi i prezzi del greggio sono aumentati di 3 dollari al barile ma la settimana scorsa erano scesi di 10 dollari pertanto l’effetto netto è sempre -7. Per questo non dobbiamo preoccuparci più di tanto, almeno per il momento”, sottolinea il presidente di Nomisma Energia.
“Anche il prezzo del gas sta salendo, è sopra 40 euro al megawattora, eravamo già a 36 euro, siamo un 10% in più. È niente rispetto a quello che potrebbe accadere se diventasse una crisi tipo quella del 1973 dello Yom Kippur. A differenza di allora, in questo momento i paesi produttori sono dalla nostra parte non sono ostili come allora. Diverso se Iran e Qatar spingessero per un allargamento del conflitto. Sarebbe un problema, con ipotesi estreme di interruzione dei flussi di esportazione dal Golfo Persico come nelle altre grandi crisi degli anni ’70 o ’80. Sarebbe un cataclisma e farebbe balzare il prezzo del petrolio a 200 dollari e la benzina a 2,5 euro al litro. Al momento, per fortuna, si tratta di ipotesi estreme e non probabili perché l’Arabia Saudita che è regista dei movimenti del petrolio mondiale è dalla nostra parte”, conclude Tabarelli.