La scienziata biochimica ungherese Katalin Karikò e il medico americano Drew Weissman sono i vincitori del Nobel per la medicina per le loro ricerche sull’mRNA messaggero necessarie allo sviluppo dei vaccini contro il Covid-19. L’annuncio è giunto oggi da Oslo, in Norvegia. Domani verranno nominati i vincitori per la Fisica, mercoledì per la Chimica. Giovedì toccherà alla Letteratura, venerdì alla Pace e lunedì 9 ottobre all’Economia.
Karikó, 68 anni, ha trascorso quasi un decennio presso BioNTech, l’azienda farmaceutica tedesca che ha collaborato con il colosso farmaceutico Pfizer per produrre il primo vaccino pandemico contro il virus che causa Covid-19. Tenacia e sacrifici hanno accompagnato la sua carriera, che Annalena Benini ha raccontato sulle pagine di Review.
Il Foglio ha anche intervistato Karikò, in occasione della laurea honoris causa all’Humanitas University che la scienziata ha ricevuto a Milano nel novembre 2021.
Karikó ha fatto i primi studi sull’mRna nei primi anni Ottanta, al Centro di ricerche biologiche dell’Accademia delle Scienze di Budapest. Nel 1985, il posto di lavoro della Karikó fu soppresso senza troppe spiegazioni così la scienziata si trasferì in America, all’Università della Pennsylvania, con il marito ingegnere, la figlia di due anni e 900 dollari cuciti dentro all’orsacchiotto della bambina, il ricavo della vendita in nero dell’automobile (la bambina è poi diventata Susan Francia, due volte medaglia d’oro olimpica di canottaggio). La sua storia l’abbiamo raccontata qui.
La Karikó ha continuato a lavorare sull’mRna, convinta del suo potenziale nella cura di molte malattie (voleva provarlo nel 1990 per la cura della fibrosi cistica, ma non trovò i fondi), e alla fine degli anni Novanta ha conosciuto, mentre ritirava dei fogli dalla stampante, Drew Weissman, che lavorava all’Istituto nazionale della Sanità americana e stava cercando il vaccino contro l’Hiv. Oggi Weissman ha 64 anni ed è professore di ricerca sui vaccini presso la Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania.
Nel 2005 pubblicarono uno studio sugli strumenti per contenere gli effetti collaterali dell’mRna: allora pochi lo notarono. Derrick Rossi, biologo canadese, fu uno di quelli che si accorse di quello studio e continuò a lavorare sull’mRna fino a che non ottenne i fondi per costituire la sua azienda: Moderna. Nel 2013, Rossi chiese alla Karikó di andare a lavorare per lui, ma la scienziata preferì accettare l’offerta di una piccola azienda chiamata BioNTech, che allora aveva la sede nel campus dell’università di Mainz, in Germania, e non aveva nemmeno un sito.
Il loro lavoro ha fornito agli scienziati e alle aziende farmaceutiche i mezzi per trasformare le cellule del corpo in produttori di anticorpi. Il premio è stato assegnato ai due scienziati americani “per le loro scoperte riguardanti le modifiche delle basi nucleosidiche che hanno consentito lo sviluppo di efficaci vaccini a mRna contro Covid-19”. Nella motivazione si legge infatti che “le scoperte dei due premi Nobel sono state fondamentali per lo sviluppo di vaccini a mRNA efficaci contro il Covid-19 durante la pandemia iniziata all’inizio del 2020. Attraverso le loro scoperte rivoluzionarie, che hanno cambiato radicalmente la nostra comprensione di come l’mRna interagisce con il nostro sistema immunitario, i vincitori hanno contribuito al ritmo senza precedenti di sviluppo di vaccini durante una delle più grandi minacce alla salute umana dei tempi moderni”.
Sull’importanza della tecnologia mRna e sulle opportunità che apre nel curare anche i tumori abbiamo scritto alcuni articoli raccolti nella rubrica Cattivi Scienziati.