AGI – Un’Italia meno affollata, più vecchia e più solitaria. Il quadro emerge dalle nuove previsioni – aggiornate al 2022 – dell’Istat sul futuro demografico del Paese, previsioni che “restituiscono tendenze difficilmente controvertibili, pur se in un quadro nel quale non mancano elementi di incertezza”. Secondo le stime, la popolazione residente in Italia è in decrescita.
Dai 59 milioni del 1 gennaio 2022, nel 2030 si passerà a 54,4 milioni tra il 2030 e il 2050, che scenderanno a 45,8 milioni nel 2080, con una perdita complessiva di 13,2 milioni di residenti rispetto a oggi. “L’evoluzione della popolazione totale – spiega l’Istat – rispecchia il principio, tipico delle previsioni demografiche, di risultare tanto più incerta quanto più ci si allontana dall’anno base”.
Nell’ipotesi più favorevole, pertanto, “la popolazione potrebbe subire una perdita di ‘soli’ 6,2 milioni tra il 2022 e il 2080, di cui 2,5 milioni già entro il 2050. Nel caso meno propizio, invece, il calo di popolazione sfiorerebbe i 20 milioni di individui tra oggi e il 2080, 6,8 milioni dei quali già all’orizzonte del 2050. Sembra inevitabile, quindi, che la popolazione diminuirà, pur a fronte di evidenze numeriche profondamente diverse, una dall’altra, che richiamano nell’immagine scenari non solo demografici ma anche sociali ed economici di impatto altrettanto diverso”. Il progressivo spopolamento investe tutto il territorio, pur con differenze tra Nord, Centro e Mezzogiorno.
Ma un altro dato rilevante riguarda l’invecchiamento della popolazione. Nel 2050 le persone di 65 anni e più potrebbero rappresentare il 34,5% del totale della popolazione italiana (da un minimo del 33,2% a un massimo del 35,8%). E “comunque vadano le cose, l’impatto sulle politiche di protezione sociale sarà importante, dovendo fronteggiare fabbisogni per una quota crescente di anziani”.
È quanto scrive l’Istat nelle sue ultime previsioni della popolazione residente e delle famiglie. I giovani fino a 14 anni di età (“sebbene nello scenario mediano si preveda una fecondità in parziale recupero”), potrebbero rappresentare entro il 2050 l’11,2% del totale, registrando “una moderata flessione in senso relativo ma non in assoluto: sul piano dei rapporti intergenerazionali si presenterà un rapporto squilibrato tra ultrasessantacinquenni e ragazzi, in misura di oltre tre a uno”.
Tra le future trasformazioni demografiche va evidenziato il marcato processo di invecchiamento del Mezzogiorno.”Per quanto tale ripartizione geografica presenti ancora oggi un profilo per età più giovane – avverte l’istituto – l’età media dei suoi residenti transita da 45,3 anni nel 2022 a 49,9 anni nel 2040 (scenario mediano), sopravanzando il Nord che nel medesimo anno raggiunge un’età media di 49,2 anni, partendo nell’anno base da un livello più alto, ossia 46,6 anni. Guardando alle prospettive di lungo termine, il Mezzogiorno rallenterebbe ma non fermerebbe il suo percorso, raggiungendo un’età media della popolazione prossima ai 52 anni. A quel punto, invece, sia il Nord (50,2 anni) sia il Centro (50,8) avrebbero già avviato un percorso di rallentamento del processo di invecchiamento, che nel caso del Centro potrebbe addirittura portare all’avvio di un primo processo di ringiovanimento della popolazione”.
Nel giro di venti anni nel nostro Paese si prevede un aumento di oltre 850mila famiglie: da 25,3 milioni nel 2022 si arriverebbe a 26,2 milioni nel 2042 (+3,4%). Ma si tratterà di famiglie “sempre più piccole, caratterizzate da una maggiore frammentazione”, il cui numero medio di componenti scenderà da 2,32 persone nel 2022 a 2,13.
Anche le famiglie con almeno un nucleo (ossia contraddistinte dalla presenza di almeno una relazione di coppia o di tipo genitore-figlio) varieranno la loro dimensione media da 2,95 a 2,78 componenti. L’aumento del numero di famiglie deriverà prevalentemente da una crescita delle famiglie senza nuclei (+17%) che salgono da 9 a 10,6 milioni, arrivando a rappresentare nel 2042 oltre il 40% delle famiglie totali.
Al contrario, le famiglie con almeno un nucleo presentano una diminuzione di oltre il 4%: tali famiglie, oggi pari a 16,3 milioni (il 64,3% del totale), nel 2042 scenderanno a 15,6 milioni, costituendo così solo il 59,5% delle famiglie. Secondo l’Istat, “un tale calo delle famiglie con nuclei deriva dalle conseguenze di lungo periodo delle dinamiche socio-demografiche in atto in Italia. L’invecchiamento della popolazione, con l’aumento della speranza di vita, genera infatti un maggior numero di persone sole, il prolungato calo della natalità incrementa le persone senza figli, mentre l’aumento dell’instabilità coniugale, in seguito al maggior numero di scioglimenti di legami di coppia, determina un numero crescente di individui e genitori soli”.
L’idea di famiglia suggerisce la presenza di quantomeno due persone, ma in realtà tra le famiglie è sempre esistita una componente di persone che vivono da sole. Tra vent’anni sarà composto da una persona sola il 37,5% delle famiglie. Se in passato si trattava in prevalenza di giovani uomini usciti dalla famiglia di origine per motivi di lavoro, da diverso tempo ormai è la quota di anziani che vivono da soli a caratterizzare questa “micro-famiglia”.
Fenomeni consolidati, quali l’aumento della speranza di vita e dell’instabilità coniugale, fanno sì – avverte l’Istat – che questa tipologia familiare crescerà nel complesso del 17%, facendo aumentare il suo contingente da 8,4 a 9,8 milioni nel giro di venti anni. Peraltro, gran parte dell’aumento del numero complessivo di famiglie è dovuto alla crescita, assoluta e relativa, delle persone sole. Le differenze di genere sono sostanziali. Gli uomini che vivono soli avranno un incremento del 13%, arrivando a superare i 4,2 milioni nel 2042. Per le donne sole si prevede una crescita ancora maggiore (+21%), che ne determina un aumento da 4,6 a 5,6 milioni. Le famiglie monocomponente, a causa della loro composizione per età, hanno un importante impatto sociale, considerando che è soprattutto nelle età più avanzate che le persone sole aumentano in modo significativo. Se già nel 2022 la quota di persone sole di 65 anni e più rappresenta circa la metà di chi vive da solo (48,9%), nel 2042 raggiungerebbe quasi il 60%.