AGI – “Io ho solo rimesso sul tavolo una ipotesi già fortemente ritenuta credibile, non perché avessi forti elementi, ma per sollecitre chi li ha a parlare, a dire la verità. Non altro”. Così l’ex premier e presidente emerito della Corte costituzionale, Giuliano Amato, al quotidiano La Verità oggi in edicola, a proposito delle sue recenti dichiarazioni sul caso Ustica.
“Io non ho raccontato nulla di nuovo – spiega – non era nelle mie possibilità. Volevo riportare il tema all’attenzione, sollecitare chi potrebbe convalidare quell’ipotesi a parlare”. Amato, che due giorni fa in una intevista a Repubblica si era detto convinto che il Dc9 dell’Itavia fu abbattuto da un missile francese, il 27 giugno del 1980, aggiunge: “Gli anni passano, le famiglie sono lì convinte che la verità non sia ancora venuta fuori, e i testimoni rimasti possono andarsene presto. Come può capitare a me, data la mia eta'”.
Andò: “Chiesi a Mitterand, si mostrò infastidito”
“Partecipai a un bilaterale, c’erano anche Giuliano Amato e Francois Mitterrand. Ustica non era all’ordine del giorno, in modo fermo e garbato posi la necessità di un’operazione trasparenza tra Paesi amici”. Mittendand “non disse una parola, con l’aria del padreterno. Reiterai la mia richiesta alla fine dei lavori. Si mostrò infastidito. Amato mi fece cenno di lasciar perdere” racconta Salvo Andò, 78 anni, ex ministro della Difesa nel governo Amato, socialista, intervistato oggi da Repubblica.
Come definirebbe questo atteggiamento? “Un muro di gomma. Agli americani e ai francesi dava fastidio il nostro rapporto amichevole con il regime libico”. Andò racconta del muro alla verità opposto dai francesi in quei giorni. “Ogni volta che provavo a parlarne con il mio collega e compagno di partito, Pierre Joxe, col quale ero in ottimi rapporti, lui si ritraeva”, aggiunge.
“Gli chiesi inutilmente più volte di essere informato sui movimenti della portaerei francese Clemenceau che operava nell’area dove si era verificata la strage”. Ma l’atteggiamento era di “imbarazzo. Nella consapevolezza che nell’opinione pubblica internazionale i francesi erano i principali indiziati, per via dei loro cattivi rapporti con Gheddafi”.
Ancora: i francesi “hanno sempre opposto una resistenza passiva all’accertamento della verità, non prove a discolpa”. Perché Amato è intervenuto, chiede l’intervistatore? “A un certo punto della propria vita si ha l’urgenza di tornare sui propri passi, di ripensarli. Ustica è una grande tragedia nazionale. Ma siamo ancora in tempo per la verità”.