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Un tesoro maledetto nei sotterranei del tribunale di Milano

Ago 24, 2023

AGI  – Proiettili, armi, documenti di  proclami e rivendicazioni, le macchine da scrivere con cui sono stati scritti ma anche biciclette, gioielli, tubi di rame, animali impagliati, decespugliatori.

C’è un posto nei sotterranei del Palazzo di Giustizia di Milano dove sono conservati 80mila reperti della storia d’Italia, grande e piccola, dal 1960 a oggi. È un luogo polveroso, umido, con gli arredi a dir poco cadenti a cui si accede attraverso un corridoio oscuro e fatiscente. L’AGI ha visitato l’archivio dei corpi di reato che comprende una ventina di locali in cui sono custoditi gli oggetti che hanno segnato le inchieste più importanti, quelle di stragi e terrorismo, ma anche tante vicende criminali comuni.

I faldoni impilati sono stropicciati, se non mangiati dal tempo, anche perché giacciono in stanze, tranne una, dove non c’è un sistema di aerazione adeguato per una buona conservazione di materiale che è per lo più cartaceo. Gli oggetti sono nella maggioranza imballati. Per molti anni è stato trascurato, solo dopo un’ispezione ministeriale di un paio di anni fa è cominciato un lavoro che si preannuncia assai lungo per completare l’inventario e la digitalizzazione.

‘Reperti conservati nell’ambito del terrorismo (Br etc)’ è scritto a penna in una delle zone più ‘suggestive’. Il ‘corpo’ del reato di quegli anni sono scatole, valigie, borse consunte che tengono al riparo dal tempo proclami, armi e molto altro. Le etichette fissate con lo spago ai contenitori sono scritte a macchina con spiegazioni articolate. ‘Questura Milano-Ufficio politico. Milano, 5 aprile 1977. Reperto contenente una cartuccia cal. 357 marca ‘magnum R.P.’, rinvenuta e sequestrata in via Torino numero 68. Violazione di domiciliari con scritte di minaccia a firma Brigate Comuniste. Volantino attribuentesi la paternità dell’episodio a Brigate Comuniste’. 

Alcuni reperti hanno dei rimandi a indagini attuali nonostante siano trascorsi decenni. C’è una macchina per ciclostile sequestrata a Baranzate nel giugno del 1975 nell’ambito di un”inchiesta che coinvolgeva gli allora brigatisti Attilio Casaletti e Pierluigi Zuffada che la Procura di Torino ha indagato nei mesi scorsi per la sparatoria ad Acqui Terme che seguì la liberazione dell’imprenditore Vittorio Vallarino Gancia in cui morirono il carabiniere Giovanni D’Alfonso e Mara Cagol. Zuffada e Casaletti vennero arrestati pochi giorni dopo questo episodio proprio a Baranzate.  L’inchiesta per ‘avere partecipato all’associazione sovversiva per terrorismo’ coinvolgeva anche Paola Besuschio di ‘Potere Operaio’ che fu al centro di un’ipotesi di scambio durante il sequestro di Aldo Moro. In un’altra scatoletta è conservata una targa  di auto parcheggiata proprio vicino all’appartamento di Besuschio in via Morandi.

Spuntano anche le cartucce che accompagnarono alcune minacce inviate per posta dalle Br a suoi ‘obbiettivi’ e la molotov “inesplosa”, si legge,  per un attentato alla sede della Dc di Corsico nel giugno del 1978. Ci sono anche i proiettili “estratti durante l’intervento chirurgico” al medico di San Vittore Mario Marchetti nel 1978, vittima di un attentato. Un voluminoso scatolone conserva le carte sequestrate  durante la vicenda giudiziaria, ancora in corso, sulla strage di piazza della Loggia a Brescia. In un angolo sbuca un quadro raffigurante Benito Mussolini riferito, forse, a una retata ricostruita nei documenti che traboccano da una scatola accanto all’opera da cui si intravvedono bandierine plasticate dell’Msi. Meticolosa la presentazione da parte delle forze dell’ordine dei documenti sequestrati il 21 novembre del 1971 nella sede del partito di via Pascarella  con mittente il giudice istruttore Corbetta.

Ecco “un coltello di 19 centimetri, di cui otto di lama e dieci di manico”, opuscoli vari, “volantini dal titolo ‘Violenze e menzogna’ a cura della federazione giovanile dell’Msi”, manifesti con titoli come ‘Nostalgia dell’avvenire’, “raffiguranti due giovani e una ragazza”, ‘Bolzano venduta alla Volkspartai’. Un’altra confezione avvolge “il nastro video di 4-5 pollici di un’intervista del tg2 a Renato Vallanzasca”, nome importante della mala milanese negli anni Settanta. E poi migliaia di storie minute, a cui si riferiscono anche oggetti sequestrati a persone che si sono suicidate conservati qui per decenni. In un primo momento pensando alla possibilità che col tempo si sarebbe potuto scoprire che erano omicidi. Poi, dimenticati.

 Una parte di questo tesoro della memoria viene venduto.Con ritmi però lentissimi dovuti alle pastoie della giustizia. Uno degli impiegati ci racconta che di recente attraverso l’asta di preziosi sequestrati in un’indagine di una trentina di anni fa sono stati ricavati due milioni e quattrocentomila euro. Tanti i cellulari, tablet e pc che col passare del tempo, per la velocità della tecnologia, non potranno essere più piazzati sul mercato.  Curiosità: gli oggetti sacri non si possono mettere all’asta.  Nel’Ufficio Archivi lavorano sette persone, di cui tre assunte col Pnrr negli ultimi mesi. Un numero comunque esiguo per chi deve mettere ordine in una storia mastodontica arricchita da un’inesauribile attualità. 

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