Danilo Petrucci è uno dei piloti “patrimonio” del motociclismo italiano ai massimi livelli. Nato nel fuoristrada e cresciuto tra le derivate di serie, è approdato al Motomondiale nel pieno della carriera, cogliendo due vittorie in MotoGP con Ducati, prima di tornare ai campionati per modelli di produzione. Nel mezzo la splendida Dakar in sella alla KTM con la quale detiene il record di una vittoria sia nei Gran Premi, sia nel più celebre dei rally. In forza al team Barni, dopo un anno negli USA, Danilo ha inaugurato un nuovo percorso di professionista tra le moto che l’hanno lanciato nel mondo della velocità. In occasione della tappa di Imola del WorldSBK, l’abbiamo intervistato e ci ha raccontato come vive questo ritorno alle origini e il suo modo di intendere le corse, come la vita.
A Donington Park sei tornato sul podio, com’è stato e cos’hai provato?
Sono veramente contento di essere tornato sul podio, soprattutto per averlo fatto con il team Barni. E’ stato bello vedere il proprietario del team Marco, felice, ed è stato un bel gradino anche per la classifica che ora ci vede in ottava posizione. Sono tornato al mondiale perché vorrei vincere almeno una gara in Superbike, l’anno scorso ero in America e ho deciso così perché ho visto la lista dei piloti che hanno vinto almeno una gara nel Motomondiale e in Superbike e vorrei essere uno di quelli. Il podio è stato molto importante, ma penso che dovesse arrivare. C’è stato un periodo molto difficile che da Assen a Barcellona, passando per Misano e non pensavo che si potesse parlare di podio così presto.
Come pilota ti sei formato nelle derivate di serie, poi sei arrivato al Motomondiale facendo una bella carriera, via dalla MotoGP sei andato negli Stati Uniti, hai partecipato alla Dakar vincendo una tappa e da sempre hai un retaggio fuoristrada. Ti senti un pilota con grandi capacità di adattarsi al progetto che sposa?
Dai risultati posso pensare di si, in realtà la carriera di un pilota non è mai completa e io stesso non mi sento completo, sento che devo migliorare sempre. O in Superbike ovviamente e laddove pensavo fosse più facile capire tutto il pacchetto moto e gomme. La MotoGP negli ultimi anni è cambiata e fare il salto nelle derivate di serie è più complicato, perché in GP ci sono moto sempre più potenti e devi curare molto l’uscita di curva. Pensavo che in Superbike fosse simile, invece anche l’ingresso curva è molto importante, quindi non c’è mai un momento della carriera dove ti senti completo. E’ chiaro che fin da piccolo mio papà mi ha sempre fatto guidare moto diverse, ho cominciato con il trial, nel frattempo facevo anche minicross e sono passato a fare velocità e per un paio d’anni correvo contemporaneamente l’italiano con il seicento e il mondiale con il mille e viceversa. Secondo me mi è mancato tanto correre con le moto da gran premio in adolescenza, perché mi avrebbe insegnato molte cose che ho dovuto imparare dopo e non ti lasciano tanto tempo. Sono arrivato in MotoGP che non sapevo praticamente niente della geometria di una moto, di come si potesse cambiare, come si guidavano, com’erano le gomme da corsa.
E in questa stagione che nonostante la tua esperienza, per la Superbike sei un rookie, il tuo bagaglio è servito?
Sicuramente mi ha aiutato molto l’esperienza, anche se l’esperienza conta più nell’arco di un campionato e non nella singola gara. Adesso, anche se sei debuttante, ma sei veloce, puoi immediatamente essere molto competitivo. Se hai molto talento puoi farlo, prima magari era un po’ più complicato. Io personalmente devo ancora capire tanto di questa moto, anche se nelle ultime gare mi sono un po’ avvicinato, pensare di vincere una gara è ancora lontano.
Ti hanno aiutato i test che hai fatto a fine maggio?
Sicuramente hanno aiutato, stare in moto aiuta soprattutto a capire le gomme. Pensavo che avendo guidato questa moto lo scorso anno in America fossi a un livello migliore, in realtà su quelle piste e con quelle gomme, la moto si guida in maniera totalmente diversa e mi sono dovuto riadattare completamente e ci ho messo tanto tempo. Più che altro perché in Superbike i rivali con cui ci scontriamo sono sulla stessa moto già da anni.
E il passaggio da Dunlop a Pirelli?
E’ uno stile di guida completamente diverso, le gomme sono molto diverse, non ho mai avuto modo di paragonarle direttamente, ma si guidano in maniera completamente diversa e così anche la moto.
Che ricordo hai di Imola?
Imola è una pista sempre bella per correrci ed è abbastanza difficile perché ha delle frenate importanti, dove non hai tanta possibilità di recuperare. Le frenate che ci sono qui sono spesso delle varianti e non hai modo di recuperare con la traiettoria, come magari può essere una pista tipo il Mugello. In un’altra era, la moto era la 1098, con motore bicilindrico, con il telaio a traliccio, le gomme erano durissime però ho un ricordo molto bello perché c’è stata la mia prima vittoria in Italia ed è stato molto bello. Era prima di Gara1 della Superbike, c’era moltissima gente e sono stato molto, molto contento.
Come ti alleni?
Faccio motocross un paio di volte a settimana e poi corro a piedi, faccio palestra con il preparatore che è lo stesso da prima che andassi in MotoGP. Non faccio sempre la stessa cosa e alterno, una volta vado a correre, una volta vado in bici, faccio cross o vado in palestra. Man mano negli anni ho dovuto intensificare sempre di più il fisioterapista, mentre prima, fino a ventisette, vent’otto anni, non avevo nessun problema, mentre ora, più vado avanti, nonostante sia più allenato mi serve un po’ più di cura della persona devo essere sempre più attento a come mangio, a come dormo, a come riposo e diventa sempre un po’ più difficile, ma dopo tanti anni e tante cadute ci vuole un po’ più di attenzione.
In GP parlavi spesso delle tue condizioni fisiche, ne risenti anche in Superbike o non è così?
Vela anche qui, soprattutto con uno come Bautista è difficile non parlarne, non è una colpa né mia e né di Álvaro essere così fisicamente, però un minimo di regolamentazione per equilibrare la cosa. Al momento non ho ancora tirato fuori il massimo del potenziale dalla moto quindi quando sarò al limite con quello, vedremo di cosa c’è bisogno. E’ una cosa a livello di velocità e di aerodinamica, le gomme, dopo tanti anni riesco a gestirle abbastanza bene per quanto metterci sopra più peso è sempre un problema. Però, sul fatto della velocità e sul giro secco e la velocità sul rettilineo è una cosa su cui non puoi farci niente e Álvaro, oltre alle altre cose in cui è molto bravo, come aerodinamica è avvantaggiato.