Durante una trasmissione televisiva di qualche anno fa, Marco Lucchinelli, Campione del Mondo della Classe 500 nel 1981, raccontava di essere stato a suo agio con la pioggia anche in gara, perché nella vita di tutti i giorni ha sempre guidato la moto come mezzo di trasporto e quando non possedeva un auto, lo portava ovunque anche con il maltempo. Ma quanti piloti professionisti di oggi vanno in moto per strada nel quotidiano? Probabilmente pochi o quasi nessuno, dato che i tempi sono cambiati e il motociclismo professionistico vede lo sport come una cosa da praticare solo negli ambienti e impianti dedicati.
Eppure tutto nasce in strada, dove un tempo si formavano i talenti che sono poi diventati grandi campioni che correvano in circuiti cittadini chiusi al traffico. Una cosa normale fino agli anni Settanta e cambiata con l’aumento delle strutture permanenti un po’ ovunque. Come nella maggior parte dei casi, anche questa passione tende a sbocciare in gioventù e veicolarsi all’interno dello stile di vita di ognuno, ma se un tempo il ragazzino desiderava una moto stradale, sognando di essere come i propri idoli, oggi chi vuole imitare il campione del Motomondiale che vede in TV la domenica, tende a voler passare direttamente alla pista, saltando a piè pari tutto quello che una guida stradale può insegnare.
Questo meccanismo fa si che si formino dei motociclisti, veri performer del giro veloce nei vari circuiti, senza un minimo di esperienza in strada. Abituati a velocità folli e a certe dinamiche in circuito, non sentono la necessità o il senso di circolare come le altre persone, vedendo sotto una cattiva luce la moto stradale. La pista è indubbiamente il luogo più sicuro dove praticare un qualsiasi sport a motore, che necessiti di tutte le regole e le precauzioni utili al suo svolgimento. In pista ci sono spazi di fuga, cordoli, c’è la manutenzione costante, assistenza tecnica a portata di mano e sanitari con tutti i mezzi di pronto intervento necessario. Un’organizzazione completa che serve a rendere facile e divertente correre
La strada somiglia molto più alla nostra società, fatta di imprevisti, regole civiche, un codice da rispettare e tante variabili che riguardano tutto il panorama della motorizzazione. Si è più a contatto con l’ambiente e come dicevamo all’inizio, con il clima e i suoi agenti atmosferici. Chi viaggia in moto tutto l’anno o compie lunghi percorsi, sa come ci si comporta in caso di pioggia o maltempo in generale e oltre ad avere l’abbigliamento giusto per ogni stagione, si sa gestire nel modo di guidare, scongiurando ogni possibile pericolo o disfunzione. Chi ha la moto da strada conosce anche la manutenzione del proprio mezzo e se ne occupa più meno direttamente. Sa scegliere le gomme, ad esempio, conosce il lubrificante più adatto al tipo di motore o sa quali prodotti utilizzare per la pulizia.
Le moto stradali sono di tutte le tipologie, dalle sportive alle turistiche, passando per custom, scrambler, enduro, ecc. Davanti ad una bella moto ci si ferma a guardare e a riflettere, scovando particolari che ci fanno intendere quanto ogni modello sia diverso dall’altro e quanto sia diversa la guida di ognuno di noi.
Tutte queste cose insieme ci riportano a pensare che girare per strada sia una scuola guida continua, che migliora il rapporto con gli altri e con noi stessi. Esattamente quello che non avviene in pista, dove quello che conta è migliorare la propria prestazione, spostando l’attenzione su dettagli determinanti e che devono coincidere tutti insieme per ricavare un risultato eccellente. La moto da pista obbliga chi la conduce ad una maggior attenzione verso alcuni comportamenti del motore e delle varie parti in funzione.
Il pilota migliora la percezione della distanza e la misura con lo sguardo in microscopiche frazioni di secondo. Come per un velocista o un saltatore in lungo di atletica leggera, il pilota ha un tempo di reazione incredibilmente breve, fatto di automatismi così raffinati da sembrare impercettibili. Al pilota va riconosciuta anche una certa resistenza alle alte velocità e soprattutto alla costanza con cui le mantiene.