AGI – La “banda Maestrelli”, la Lazio campione d’Italia nel ’74 nel segno del calcio totale di ispirazione olandese, ha perso un altro dei suoi interpreti, forse il più estroso e ricco di talento. A maggio Vincenzo D’Amico aveva annunciato su Facebook di lottare contro un cancro: “Mi dicono che i malati oncologici tirano fuori forze inaspettate! Io ci sto provando”.
La malattia se l’è portato via, a 68 anni. Sedici dei quali (dal 1971 al 1986, con solo una breve parentesi nel Torino) passati con addosso la maglia biancoceleste, quasi una seconda pelle. Trecentotrentotto presenze, 51 gol e l’affetto dei tifosi che l’avevano presto eletto a bandiera.
L’approdo alla Lazio
Nato a Latina nel 1954, arriva alla Lazio nel 1970, dopo aver mosso i primi passi nel Cos Latina e nell’Almas Roma: viene impiegato da subito come centrocampista offensivo, spesso da vera ala, grazie al senso del dribbling e alla vocazione al gol. Esordisce in prima squadra diciottenne, poi – dopo un lungo stop per infortunio – entra a far parte dell’undici di Tommaso Maestrelli come ‘spalla’ di Chinaglia nell’ottobre 1973: non ne uscirà più, e al termine di una stagione indimenticabile vincerà il titolo e il premio come miglior giovane del torneo.
Nelle stagioni successive offre un rendimento altalenante, sostituito spesso da Badiani, poi incappa in un nuovo guaio di tipo muscolare e recupera il posto da titolare fisso e la fascia da capitano solo con Bob Lovati in panchina.
L’80 è però l’annus horribilis del calcioscommesse, e la salvezza viene cancellata dal giudice sportivo: D’Amico, per le difficoltà economiche del club, accetta obtorto collo il trasferimento al Torino, per raccogliere l’eredità di Claudio Sala, ma le cose non vanno come sperato e l’anno dopo chiede e ottiene di tornare in biancoceleste, accettando di giocare in B: l’onta di una ulteriore retrocessione viene evitata grazie anche a una sua decisiva tripletta al Varese alla penultima giornata (i lombardi erano in vantaggio 2-0).
L’esperienza in serie B
Nella stagione successiva, grazie anche al rientro di Giordano e Manfredonia, torna nella massima serie: rimarrà alla Lazio fino al campionato di B 1985-1986, nel quale disputa solo 10 partite, limitato da problemi fisici. Nell’86 passa alla Ternana, in C2, disputando le sue ultime due stagioni da professionista.
Poco felice il rapporto con l’azzurro: gioca (poco) nella Under 23 e nella rappresentativa B, ma non riuscirà mai a vestire la maglia della nazionale maggiore, per lo scarso feeling tattico con Bearzot e la concorrenza di Causio e Sala. Appesi gli scarpini al chiodo, si costruisce una seconda vita da dirigente e, soprattutto, da commentatore sportivo, fino ad approdare in Rai dove diventa uno dei volti più noti e apprezzati.
AGI – La “banda Maestrelli”, la Lazio campione d’Italia nel ’74 nel segno del calcio totale di ispirazione olandese, ha perso un altro dei suoi interpreti, forse il più estroso e ricco di talento. A maggio Vincenzo D’Amico aveva annunciato su Facebook di lottare contro un cancro: “Mi dicono che i malati oncologici tirano fuori forze inaspettate! Io ci sto provando”.
La malattia se l’è portato via, a 68 anni. Sedici dei quali (dal 1971 al 1986, con solo una breve parentesi nel Torino) passati con addosso la maglia biancoceleste, quasi una seconda pelle. Trecentotrentotto presenze, 51 gol e l’affetto dei tifosi che l’avevano presto eletto a bandiera.
L’approdo alla Lazio
Nato a Latina nel 1954, arriva alla Lazio nel 1970, dopo aver mosso i primi passi nel Cos Latina e nell’Almas Roma: viene impiegato da subito come centrocampista offensivo, spesso da vera ala, grazie al senso del dribbling e alla vocazione al gol. Esordisce in prima squadra diciottenne, poi – dopo un lungo stop per infortunio – entra a far parte dell’undici di Tommaso Maestrelli come ‘spalla’ di Chinaglia nell’ottobre 1973: non ne uscirà più, e al termine di una stagione indimenticabile vincerà il titolo e il premio come miglior giovane del torneo.
Nelle stagioni successive offre un rendimento altalenante, sostituito spesso da Badiani, poi incappa in un nuovo guaio di tipo muscolare e recupera il posto da titolare fisso e la fascia da capitano solo con Bob Lovati in panchina.
L’80 è però l’annus horribilis del calcioscommesse, e la salvezza viene cancellata dal giudice sportivo: D’Amico, per le difficoltà economiche del club, accetta obtorto collo il trasferimento al Torino, per raccogliere l’eredità di Claudio Sala, ma le cose non vanno come sperato e l’anno dopo chiede e ottiene di tornare in biancoceleste, accettando di giocare in B: l’onta di una ulteriore retrocessione viene evitata grazie anche a una sua decisiva tripletta al Varese alla penultima giornata (i lombardi erano in vantaggio 2-0).
L’esperienza in serie B
Nella stagione successiva, grazie anche al rientro di Giordano e Manfredonia, torna nella massima serie: rimarrà alla Lazio fino al campionato di B 1985-1986, nel quale disputa solo 10 partite, limitato da problemi fisici. Nell’86 passa alla Ternana, in C2, disputando le sue ultime due stagioni da professionista.
Poco felice il rapporto con l’azzurro: gioca (poco) nella Under 23 e nella rappresentativa B, ma non riuscirà mai a vestire la maglia della nazionale maggiore, per lo scarso feeling tattico con Bearzot e la concorrenza di Causio e Sala. Appesi gli scarpini al chiodo, si costruisce una seconda vita da dirigente e, soprattutto, da commentatore sportivo, fino ad approdare in Rai dove diventa uno dei volti più noti e apprezzati.