“Siamo sconcertati per il comportamento della procura di Busto Arstizio che quando ancora nessuno della famiglia era stato informato, ha sentito il bisogno di indire una conferenza stampa divulgando notizie che avrebbero dovuto essere segrete, impedendo di fatto qualsiasi forma di difesa, e gettando altro fango sulla reputazione di Alberto, quando ancora era disteso sull’asfalto privo di vita”.
A poche ore dal suicidio di Alberto Flores D’Arcais, il primario di Pediatria dell’ospedale di Legnano, accusato di atti sessuali con minorenni, che si è ucciso nella notte tra venerdì e sabato lanciandosi dal sesto piano della sua abitazione, i familiari contestano in una durissima nota il comportamento degli inquirenti e difendono la memoria del loro caro. “Vogliamo sottolineare, per togliere il fango versato sulla sua figura, che Alberto era un uomo onesto e integerrimo – scrivono nella nota la moglie, le sorelle e le figlie – Adorava il suo lavoro a cui ha dedicato tutta la vita e ogni sua energia. Era un uomo intelligente e competente, amato da colleghi e pazienti dai quali ancora in questo momento riceviamo attestati di stima e incredulità per quanto successo”.
Il medico era ai domiciliari nella sua casa di via Belgirate dalla metà di luglio, da quando la procura di Busto Arsizio lo aveva accusato di atti sessuali con minorenni. Secondo l’accusa, erano diciotto gli episodi di presunti comportamenti illeciti dal 2008, su bambine di età inferiore a tredici anni, consumati durante le visite mediche in ospedale. I particolari dell’indagine, come il fatto che nei pc del medico sarebbe stata trovata una rilevante quantità di materiale pedopornografico, con circa 5000 file di immagini e tracce di collegamenti a siti web, sono stati diffusi dalla procura sabato, in una conferenza stampa a poche ore dopo la tragedia.
“Notizie che avrebbero dovuto essere tenute
segrete – contestano ora i familiari del medico – visto che erano state comunicate solo in via generica all’avvocato, che non aveva ancora potuto prenderne visione, impedendo di fatto qualsiasi forma di difesa”. Ora la famiglia del primario – che ha sempre respinto le accuse, dichiarandosi totalmente innocente chiede che “venga il tempo del rispetto e della pietas e – scrivono i parenti nella lettera – in ultimo tempo, del rimorso per chi ha messo la firma sulla sua morte”.