Oggi, per l’ennesima volta, persone che per decenni credevano di essere al sicuro hanno visto la propria vita improvvisamente interrotta da piogge catastrofiche. La triste ironia è che tutta quest’acqua non garantisce un’estate senza scarsità. Ciò che cade in pochi giorni quando non serve, non sostituisce l’acqua che ci serve quando non basta. La siccità è ancora un rischio reale.
Detto questo però è facile lasciarsi andare a recriminazioni indistinte, come se la responsabilità fosse sempre e solo degli amministratori che non hanno gestito fossi o tombini. Non è così. Sappiamo da tempo che i cambiamenti climatici avrebbero prodotto periodi più lunghi di scarsità e precipitazioni sempre più erratiche e intense. Come tutti i paesi ricchi, l’Italia era riuscita a eliminare quasi tutti gli eventi estremi grazie a oltre un secolo di investimenti in bonifiche, infrastrutture, argini e altro. Ma come si è ampiamente visto nell’ultimo anno, quegli eventi estremi hanno cambiato natura.
Le soluzioni che bastavano vent’anni fa non bastano più. Ma il sintomo di un paese capace e resiliente non è l’assenza di catastrofi, ma la capacità di gestirle e recuperare da esse. Nel rischiosissimo e ultra-ingegnerizzato Giappone, 8 milioni di persone furono evacuate nel 2018 a causa del tifone Prapiroon. Il successo, se si può parlarne come tale, fu nel fatto che si persero cose e non persone, che ciò che si perse poté essere rimpiazzato e, soprattutto, che nonostante le dimensioni dell’impatto, il costo per l’economia nazionale non fu irrecuperabile. Lo stesso deve imparare a fare l’Italia a fronte di un paesaggio che eccede le nostre difese. Il governo e il nuovo commissario per la siccità, armati di miliardi di euro del Pnrr, hanno quindi un’agenda chiara.
Tre domande: Quali sono i primi dieci territori e attività a rischio che, se soggetti a interruzione per più di una settimana, costituirebbero un danno economico nazionale, e quanto costa metterli in sicurezza?
Qual è la lista dei 90 territorio prioritari in Italia che, per valore e rischio, richiedono interventi preventivi da farsi nei prossimi tre anni, e quanto costa sistemarli?
Infine, come assicurarsi che il resto del paese abbia piani di gestione dell’emergenza adeguati e risorse per recuperare?
Il fallimento del governo e del suo commissario non si misurerà nell’assenza di catastrofi, ma nell’incapacità di compilare e implementare la lista di azioni che derivano da queste tre domande.