AGI – In principio fu il Mon Chéri ed era il 1956, in un’Italia in pieno boom economico che non si faceva scrupolo di sognare di conquistare il mondo con le sue leve più forti: il cibo e la moda. A inventarselo il poco più che trentenne figlio di due pasticcieri di Dogliani, in provincia di Cuneo. Il suo nome era destinato a entrare nella leggenda: Michele Ferrero.
Un mito al quale gli italiani sono legatissimi come dimostra lo straordinario successo che sta avendo la biografia pubblicata da Salani e scritta da Salvatore Giannella (288 pagine,18 euro) in vcia alle classifiche a poco più di una settimana dall’uscita.
Chiariamoci subito: Giannella non è Moehringer e Ferrero non è Agassi, ma questo libro dà risposta a tutte gli interrogativi che i golosi di mezzo mondo si sopo posri da quando la Nuetlla è comparsa sul mercato. Come sono nati successi planetari come la crema spalmabile e il tè in bricchetto? Come ha fatto un genio industriale di questa portata a restare defilato in anni in cui suoi pari riempivano le pagine dei rotocalchi?
La risposta è nelle origini di Ferrero, che affondano nell’azienda di famiglia, fondata ad Alba nel 1946, dove lavora fin da ragazzino. Alla morte del padre, nel 1949, affianca la madre e lo zio nella gestione, per poi prenderne la guida a soli trentadue anni.
Sotto la sua direzione la Ferrero si espande fino a diventare una delle principali industrie dolciarie al mondo, che oggi conta oltre 40.000 collaboratori, 20 stabilimenti e 9 aziende agricole. È lui a inventare i più famosi prodotti della Ferrero: il Mon Chéri (1956), la Nutella (1964), il Kinder Cioccolato (1968), le Tic Tac (1969), i Kinder Sorpresa (1974) e il Ferrero Rocher (1982). Per suo volere, nel 1983 nasce la Fondazione Ferrero, che oltre a occuparsi degli ex dipendenti promuove iniziative culturali e artistiche.
Quella di Ferrero, morto a Montecarlo nel 2015 a ottantanove anni, è una storia familiare oltre che aziendale. Nel 1961 sposa Maria Franca Fissolo, con la quale ha due figli, Pietro, scomparso nel 2011, e Giovanni, attualmente amministratore delegato del colosso dolciario. Ma è soprattutto una storia di intuizioni geniali, come quella di fare il cioccolato cremoso quanto tutti lo facevano solido; di vendere i cioccolatini uno a uno, incartati da festa, quando tutti facevano le scatole di cioccolatini; di fare della Germania il primo mercato quando nessuno si sarebbe sognato di vendere cioccolato ai tedeschi; di fare ovetti per tutti i giorni quando la gente aspettava Pasqua e di fare il té freddo e senza bustina quando per tutti era caldo e con la bustina.
Visione internazionale, capacità di ascoltare gli altri, attenzione certosina alla qualità dei prodotti e poi, sulla linea varata molto tempo prima da Camillo Olivetti e perfezionata da Adriano, al benessere dei dipendenti.
Ferrero è stato l’artefice di un modo di fare impresa che ha messo al centro la persona, secondo il motto ‘lavorare, creare, donare’. Ha imparato le basi artigiane dal padre Pietro, l’importanza dell’organizzazione commerciale dallo zio Giovanni, il senso dell’azienda dalla madre Piera, che negli anni Quaranta riuscirono a trasformare una pasticceria di Alba in una fabbrica.
La Ferrero ha varcato i confini nazionali fino a diventare, anno dopo anno, una delle aziende più importanti e più apprezzate a livello globale. Un vero mito. E per raccontarlo Giannella ha intervistato decine di persone che hanno vissuto fianco a fianco con ‘il signor Michele’. Ne è uscito un ritratto entusiasmante, che ricostruisce i traguardi storici di un’avventura inimitabile.