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La formica pazza gialla è un pericolo per l’agricoltura. Più invasiva grazie a un nuovo meccanismo riproduttivo

Apr 11, 2023

Come si apprende fin dai primi corsi di biologia in ambito scolastico, gli organismi multicellulari si sviluppano a partire da una singola cellula con un preciso corredo genetico, e risultano quindi costituiti da tutte cellule che sono cloni di quella cellula originale. Negli organismi a riproduzione sessuata, la cellula originale è in realtà rimpiazzata da un gamete fecondato, ovvero dall’unione di due diverse cellule che contribuiscono ciascuna almeno una copia di un genoma completo; in ogni caso, l’organismo che ne risulterà sarà sempre costituito da cellule tutte con lo stesso corredo genetico, derivate per divisione dall’ovocita fecondato.

Vi sono, è vero, fenomeni di mosaicismo genetico in molti organismi, compresi gli esseri umani, in cui nell’individuo adulto si possono trovare cellule che hanno un corredo di Dna parzialmente diverso; nei gatti, per esempio, il cosiddetto manto “tartaruga” si osserva nelle femmine perché nelle diverse cellule, inattivandosi l’uno o l’altro dei cromosomi X, se questi hanno un gene che esprime una versione diversa del colore del pelo (arancione e nero), si generano zone di colore diverso a seconda di quale dei due resta attivo.

Tuttavia, la cosa riguarda sempre pochi e selezionati caratteri, e non interi genomi; non si osservano, cioè, individui costituiti da cellule con corredi genetici interamente diversi.

Per la prima volta da quando sono stati definiti i fondamenti genetici della riproduzione sessuale, è stata trovata una notevole eccezione alla regola di cui sopra: è stata trovata, cioè, una specie in cui il chimerismo è totale, presentandosi individui formati da cellule con corredo di Dna completamente diverso, e in cui esso è un fenomeno sistematico, con un preciso significato adattativo.

La specie è una formica altamente invasiva, nota colloquialmente come formica pazza gialla a causa del suo comportamento frenetico quando disturbata (Anoplolepis gracilipes).

La scoperta, appena pubblicata su Science, implica anche un nuovo meccanismo di riproduzione sessuale, un fenomeno che richiederà l’aggiornamento dei libri di testo.

Per comprendere di cosa si tratta, bisogna fare qualche considerazione generale sulla genetica delle formiche.

Questi animali possiedono due tipi di corredi genetici: uno di tipo R ed uno di tipo W.

Le regine, dotate di corredo R, depongono uova di tipo R. Queste possono essere fecondate da spermatozoi di tipo R o di tipo W. Quando un uovo R è fecondato da uno spermatozoo R, si sviluppa una regina; quando lo spermatozoo è di tipo W, tuttavia, possono avvenire due diversi accadimenti.

In un primo processo, analogo a quello che siamo abituati a conoscere, il nucleo dello spermatozoo W si fonde con quello dell’uovo R, generando così un’operaia.

In un secondo tipo di processo, lo spermatozoo non si fonde con l’ovocita, e comincia a dividersi indipendentemente da questo; si ottengono così individui completamente chimerici, formati da cellule con solo Dna di tipo R e da altre con solo Dna di tipo W, che diventeranno maschi riproduttori.

Questa specie, cioè, è caratterizzata da tre tipi di individui: individui le cui cellule sono tutte RR, corrispondenti alle regine, individui con cellule tutte RW, corrispondenti alle operaie, e individui chimerici R+W, corrispondenti ai maschi.

Confrontate questa situazione con quella della nostra specie, in cui abbiamo individui con tutte cellule di tipo XX (le donne) oppure di tipo XY (gli uomini), con le differenze concentrate solo su una coppia di cromosomi, e comprenderete l’enorme differenza e la portata di un meccanismo che produce non due, ma tre tipi di diversi corredi genetici in esito alla riproduzione sessuale.

Qual è il valore adattativo di una simile genetica sessuale? Ebbene, le regine delle formiche (e di molti altri insetti sociali) conservano a vita le riserve di sperma che accumulano durante gli accoppiamenti. Così, una sola regina può rigenerare tutti e tre i tipi di individui di cui ha bisogno una colonia – tre tipi, non due come nel caso della nostra specie – il che spiega anche la particolare invasività di queste “formiche pazze”.

Ora, questa scoperta può sembrare semplicemente una di quelle ennesime, nuove stranezze che il mondo naturale ci riserva, al massimo di importanza per i testi di biologia; ma ecco qualche dato per la riflessione.

In Australia, la formica pazza gialla è sbarcata meno di un secolo fa. Ove i suoi numeri raggiungono livelli di super colonie, lascia silenziose intere foreste e diventa una grave minaccia per persone e animali domestici: non morde, ma spruzza acido formico, con cui provoca danni chimici (accecando le sue prede). Le formiche pazze gialle sono anche un’enorme minaccia per l’agricoltura, perché allevano cocciniglie che secernono zucchero e incoraggiano la crescita di muffe fuligginose che possono ridurre drasticamente la produttività di colture come alberi da frutto e canna da zucchero. Uno studio dell’Università di Melbourne ha rilevato che, senza l’attuale programma di eradicazione, i costi socio-economici in una sola regione australiana supererebbero i 500 milioni di dollari nei prossimi 30 anni, mettendo anche a repentaglio i valori del turismo nella regione delle foreste pluviali Wet Tropics World Heritage del Queensland, che rende 2 miliardi di dollari all’anno. 

Un invasore i cui maschi sono costitutivamente mosaici genetici può sembrare irrilevante solo perché è una formica, ma quando la sua specie è nella lista delle 100 più invasive al mondo, ogni informazione aggiuntiva sul suo conto ha un valore che va oltre quello della ricerca di base, potendo fornire nuove vie per il controllo – per esempio attraverso l’interferenza con il suo complesso metodo di riproduzione.

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