AGI – Sono 1,1 miliardi gli oggetti più diversi, “dai teschi di dinosauro ai granelli di polline alle zanzare o alle farfalle”, custoditi nei musei di tutto il mondo. Lo rivela l’inventario globale realizzato da dozzine delle più grandi istituzioni museali reso noto giovedì 23 marzo su tutte le collezioni di reperti.
L’obiettivo di questa “messa in rete globale” delle loro disponibilità è aiutare i musei stessi a unire gli intenti per dare risposte a domande urgenti, “come la velocità con cui le specie si stanno estinguendo e come il cambiamento climatico sta alterando il mondo e la sua natura”, scrive il New York Times sulla base di ciò che è stato pubblicato dalla rivista Science.
Un database d’inventario più piccolo era già stato creato, ma ora il nuovo impulso, che comprende 73 musei sparsi in 28 paesi non ha eguali, sostengono gli addetti ai lavori. Si tratta di un’analisi su scala globale che “nessun altro è riuscito a svolgere”, ha affermato Emily Meineke, un’entomologa dell’Università della California. Il monitoraggio ha infatti rivelato importanti lacune nei materiali disponibili nei diversi musei: sono, per esempio, pochi i reperti che provengono “dalle regioni intorno ai poli terrestri, che sono particolarmente vulnerabili all’impatto del riscaldamento globale” e anche gli insetti “sono sottorappresentati”. Tuttavia, oggi i musei naturali hanno in sé accumulato vaste collezioni, tanto che il solo Smithsonian Museum of Natural History “contiene 148.033.146 oggetti” di cui negli ultimi anni alcuni sono anche stati messi online.
Tuttavia la dottoressa Meineke si augura che questa indagine sulle grandi istituzioni abbia gettato le basi per monitorare quelle più piccole, che potrebbero riservare ancora altre sorprese, in quanto “una volta che questi metodi di conoscenza e di ricerca saranno equiparati e applicati anche alle piccole collezioni, è probabile che i risultati ci possano fornire un quadro più fedele della biodiversità a livello globale“, ha affermato. Sapere quel che manca nei musei in giro per il mondo potrebbe aiutare “a pianificare nuove spedizioni che possano colmare le lacune e metter in grado di fare un piano di ricerche adeguate per il 21° secolo”.