AGI – Troppe verifiche e interrogazioni, perdita di interesse per le materie studiate e conflittualità con i docenti: sono questi i motivi principali per cui gli studenti italiani delle scuole secondarie di secondo grado hanno pensato almeno una volta – e in modo concreto – di abbandonare la scuola.
Il dato emerge da un sondaggio realizzato dal media brand ScuolaZoo in collaborazione con UniCredit Foundation, il cui focus sono i giovani e l’istruzione, con l’obiettivo di esplorare il rapporto fra gli studenti e la scuola italiana in particolare rispetto al tema della dispersione scolastica e dell’orientamento all’università e al lavoro.
La survey ha coinvolto 1.200 studenti, equamente divisi tra maschi e femmine, e con il 66,36% in quinta superiore; la maggioranza delle risposte proviene da studenti di istituti tecnici (31,6%). Il dato che spicca dall’indagine è che il 92% degli studenti si ritiene poco o per nulla soddisfatto del sistema scolastico attuale, mentre il 74,30% ha seriamente considerato di abbandonare gli studi dopo la scuola dell’obbligo.
Le ragioni sono diverse: perdita di interesse per le materie (25%), bullismo e conflitti vari (18%), ma lo stress eccessivo causato da compiti e interrogazioni risulta essere il motivo principale (45%). E alla domanda “Per te scuola è futuro?” Il 60,88% degli studenti ha risposto di no.
Secondo gli studenti interpellati, il 76,32% degli intervistati crede che l’abbandono scolastico sia principalmente attribuito alle carenze del sistema scolastico piuttosto che alla responsabilità degli studenti. Inoltre, circa il 60% degli studenti delle scuole professionali non ritiene che queste istituzioni preparino adeguatamente al mondo del lavoro.
Nonostante una certa fiducia nelle attivita’ di orientamento offerte dalle scuole, gli studenti continuano a informarsi sul futuro principalmente attraverso siti internet (58,78%) piuttosto che affidarsi ai riferimenti scolastici. “Questi dati ci dicono molto della GenZ – commenta Valerio Mammone, editor in chief di ScuolaZoo – una generazione che tanto a scuola quanto sul posto di lavoro fatica ad accettare carichi di lavoro squilibrati che vanno a limitare altri aspetti della vita”.
“Questo atteggiamento – spiega – viene spesso etichettato dagli adulti come una forma di pigrizia e debolezza, ma non è così: si tratta di una nuova cultura, di un nuovo approccio alla vita: una vera e propria rivoluzione, di cui è fondamentale tenere conto per non creare una spaccatura ancora più grande fra vecchie e nuove generazioni, fra studenti e scuola. Il modo giusto per farlo? Non rimuovendo gli ostacoli, ma aiutando i ragazzi a comprenderli e a superarli con l’aiuto di specialisti e figure dedicate alla loro crescita umana e professionale”.