AGI – Qualità della vita è sinonimo di qualità del lavoro. Sono queste le fondamenta della casa Dolce&Gabbana. Alfonso Dolce, ad del Gruppo, ospite di Future for Fashion 2023, ha illustrato alcuni tratti connotativi e valori sui quali un’azienda si deve basare. Dal non valorizzare a tutti i costi lo smart working, per scongiurare il rischio di una dispersione del senso di comunità e di scambio fra le persone importante per il lavoro, alla necessità di formazione delle giovani generazioni per garantire crescita.
“Bisogna trovare un nuovo modo di fare mecenatismo, di investire sui giovani e sulla cultura del lavoro da una parte, ma dall’altra avere un aiuto per non penalizzare ulteriormente la vita già difficile di un’azienda. Torniamo a un argomento molto sensibile e discusso nel tempo, quello di dare più potere alla busta paga, quindi più potere di acquisto. Sicuramente il costo per l’azienda è decisamente elevato, come tutti sappiamo: ma non è solo elevato rispetto poi al netto che percepisce in busta paga il collaboratore dipendente – ha spiegato Dolce – ma c’è bisogno di un welfare diverso, concreto, un dipendente non può stare otto mesi, a volte un anno o più, per avere una visita medica pubblica. Se noi aziende non ci preoccupiamo di attivare polizze assicurative integrative, questo è e sarà un tema che penalizza ulteriormente”.
Sul fronte della relazione pubblico privato, Alfonso Dolce non ha dubbi. “La collaborazione fra pubblico e privato è fondamentale non solo per l’imprenditore e l’impresa, ma proprio per la cittadinanza, per i territori, per sviluppare o facilitare quel passaggio generazionale che oggi stiamo perdendo, e non si tratta di quello imprenditoriale di natura dei capitali, ma proprio di quello della cultura dei mestieri, del fare le cose e non solo di raccontarle. Questo ci permetterebbe, con una collaborazione, di creare per il futuro e per i giovani quel ponte fra scuola, lavoro e società che non solo ci educa e ci fa riscoprire magari valori storici da cui proveniamo attraverso la bellezza che l’Italia ha avuto dall’era industriale in avanti- ha concluso Dolce – ma anche a rievocare cosa l’uomo fosse capace di fare”.