AGI – Quarantanove anni dopo c’è un piccolo foglio appeso sulla porta dell’aula con la scritta “Z.R.’ e null’altro, per ragioni di riservatezza. Sono le iniziali di Roberto Zorzi, l’uomo che l’inchiesta quater della Procura di Brescia ha individuato assieme a quello di Marco Toffaloni come l’esecutore materiale della strage del terrorismo nero che il 20 maggio 1974 provocò otto morti e oltre cento feriti durante una manifestazione sindacale antifascista.
Ma piazza della Loggia, così nel linguaggio comune ci si riferisce a questo attentato come se per sempre si fosse preso l’identità del luogo, è un procedimento ancora ‘vivo’, come dimostra la presenza di giovani eredi che non conobbero chi cadde, e che non può restare lontano dai clamori, nonostante i documenti ingialliti tra le 250mila pagine del nuovo capitolo. Così quando i familiari delle vittime, guidati come sempre dal presidente Manlio Milani, e i loro legali si accorgono che la Presidenza del Consiglio non si è costituita parte civile, a differenza dei sindacati e del Comune di Brescia, chiedono chiarimenti ritenendola un’assenza “significativa”.
La replica del governo
Nel giro di poco arriva la nota del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, che comunica di non avere ricevuto la fissazione dell’udienza e che ha dato mandato all’Avvocatura dello Stato di presentare la richiesta di costituzione. “Ne prendiamo atto, l’importante è che ci sia” dice Milani. In ambienti giudiziari viene confermato che effettivamente la ‘svista’ del Tribunale c’è stata mentre alcuni legali fanno notate che la comunicazione non era arrivata nemmeno a privati cittadini parenti delle vittime che tuttavia si sono presentati lo stesso per depositare la richiesta di costituzione. Morti gli stretti congiunti di chi perse la vita o venne ferito, ora, osserva Milani, ci sono tanti giovani eredi che non conobbero chi cadde sulla piazza.
La pm Caty Bressanelli ha cominciato l’intervento che chiuderà la prossima udienza del 20 aprile con la richiesta di rinvio a giudizio assieme al collega Silvio Bonfigli evidenziando che Roberto Zorzi e Marco Toffaloni, la cui posizione sarà valutata il 5 aprile in un’udienza al Tribunale dei Minorenni, vennero scelti come soggetti ideali per mettere la bomba in piazza della Loggia. Questo perché altri dell’area eversiva nera di quella stagione non volevano ‘sporcarsi le mani’, visto che appartenevano a livelli superiori, mentre quei due ragazzi facevano parte del gruppo di giovani veronesi in grande fermento ormai pronti a un gesto così eclatante.
“Solo suggestioni” ribattono in una memoria gli avvocati di Zorzi sostenendo che non si trovasse a Brescia quel giorno “come ampiamente verificato e accertato nella strettissima imminenza dei fatti”. Da tempo cittadino americano, ha un allevamento di cani che ha chiamato ‘Il Littorio’.