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L’allarme dei geologi: “Al Po servirebbero almeno 45 giorni pioggia”

Mar 14, 2023

AGI – Resta critica la situazione del Po a causa della siccità e se per contenere i problemi servirebbe una pioggia continua per un mese e mezzo, è ora di ragionare su nuovi interventi e su una programmazione futura. A lanciare l’ennesimo allarme sono i geologi. “La situazione è ancora critica sotto il profilo delle precipitazioni piovose e nevose, oltre che delle temperature superiori alla media soprattutto a Nord del Po – premette Roberto Perotti, Presidente Ordine Geologi Lombardia – Dobbiamo agire subito con interventi strutturali atti a correre ai ripari anche da calamità di questa entità. Verificare le reti e intervenire sulle perdite! La Lombardia presenta una notevole geodiversità e conseguentemente sistemi acquiferi molto diversi tra loro. Approfondire gli studi e prevedere nuovi impianti di captazione“.

“Ci troviamo all’inizio di un secondo anno decisamente anomalo, ma che si porta dietro la penuria di precipitazioni piovose e nevose dello scorso anno. Il risultato – aggiunge Perotti – non potrà essere migliore del 2022, casomai peggiore. Temo che l’unica variabile che possa riportare alla quasi normalità un complesso sistema idrico e tutti i suoi utilizzi, siano intense precipitazioni della durata di oltre un mese e mezzo, in modo diffuso. Ma questo potrà servire solo a breve termine, ossia forse per superare l’Estate. Un altro inverno analogo a quello a cavallo tra il 2022 e il 2023 ci riporterà a condizioni sempre peggiori”. 

Dobbiamo agire subito con interventi strutturali atti a correre ai ripari anche da calamità di questa entità. Il paradosso della Pianura Padana è che si trova generalmente nei periodi primaverile/estivo e autunnale a situazioni di precipitazioni abbondanti che portano ad esondazioni, allagamenti e dissesti idrogeologici importanti. In questi ultimi due anni ci troviamo a combattere una realtà esattamente opposta a quella cui ci siamo adoperati per decenni a difenderci, con arginature, vasche di laminazione in grado di contenere milioni di metri cubi d’acqua, ecc”.

Cosa fare per difenderci dalla siccità? “Certamente una maggiore attenzione la si sta ponendo nella distribuzione e nella razionalizzazione delle acque dei grandi invasi. Acqua che ha molteplici utilizzi – ha continuato Perotti – uno tra questi la generazione di energia idroelettrica. Acqua che necessariamente deve scorrere a valle, ma che allo stato attuale non sarebbe in alcun modo utilizzabile per il sistema irriguo”.

“Proviamo pertanto – aggiunge il presidente dei geologi lombardi – a prendere in esame dapprima le acque destinate al consumo umano e zootecnico, che certamente hanno la priorità. La Lombardia presenta una notevole geodiversità e conseguentemente sistemi acquiferi molto diversi tra loro. La situazione idrogeologica regionale o comunque del nord Italia presenta peculiarità differenti in virtù del fatto se ci troviamo in ambito montano, collinare o di pianura. Se la conoscenza degli acquiferi di pianura si può ritenere ad un buon livello, anche dettato dalla presenza di numerosi pozzi per molteplici scopi, non si può dire altrettanto per la collina e la montagna”. 

“In questi due ambiti morfologici, l’assetto idrogeologico è certamente molto più complesso e il ruolo del geologo è proprio quello di fornire utili indicazioni sulle caratteristiche e produttività potenziale di questi acquiferi. Questo è possibile solo attraverso studi e approfondite ricerche idrogeologiche di dettaglio”.

“Ma iniziamo a ragionare sull’esistente – insiste Perotti – In collina e montagna è più facile avere realtà di approvvigionamento idrico, anche di grossi centri abitati mediante sorgenti. Siamo però certi di conoscere i reali quantitativi (la portata) che sono in grado di dare? Sono monitorate in continuo per valutare quale sia il loro tempo di esaurimento? Siamo certi di captare tutta l’acqua potenziale, o una parte la si perde e non lo sappiamo? Domande queste alle quali un geologo sarebbe in grado di dare le adeguate risposte e magari proporre nuovi impianti di captazione, ma solamente a seguito di specifici studi”.

“Un altro intervento strutturale altrettanto importante è la verifica delle reti e di eventuali perdite. Vista la difficoltà e complessità di collegamenti in ambito soprattutto montano e vista la fragilità legata anche a dissesti, spesso si perdono ingenti quantitativi di acqua semplicemente lungo le reti di distribuzione. Laddove sono invece presenti pozzi dobbiamo invece pensare se sono realmente efficienti così come quando sono stati realizzati. Per fare questo occorre effettuare opportune prove di portata per verificare se è mutato qualcosa.

Ad esempio, che non si siamo intasati i tratti filtranti piuttosto che ammalorata la parte impiantistica. Dobbiamo ancora una volta ragionare e pensare ad interventi programmati a lungo termine e non solo all’occorrenza. Dobbiamo pensare che soprattutto il settore idrogeologico è un settore di studio estremamente complesso e che necessita di studi accurati. 

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