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L’uomo e la guerra: un connubio che precede l’evoluzione

Feb 15, 2023

Chi crede che gli scontri armati e i genocidi siano un prodotto della tecnologia e dell’organizzazione sociale più o meno moderne, ovvero del nostro modo di vita emerso in tempi storici, sbaglia: l’aggressione e la violenza organizzate sono una caratteristica antichissima del gruppo di primati cui apparteniamo, una caratteristica che precede l’emersione della nostra stessa specie.

 

Se ci fosse possibile girovagare per il nostro pianeta circa 300 mila anni fa, vi troveremmo almeno otto diverse specie umane diverse dalla nostra. I Neanderthal, cacciatori tarchiati adattati alle fredde steppe europee. I Denisoviani, che abitavano l’Asia. Il più primitivo Homo erectus che viveva in Indonesia e l’Homo rhodesiensis nell’Africa centrale, e poi Homo naledi in Sudafrica, Homo luzonensis nelle Filippine, Homo floresiensis in Indonesia e la misteriosa specie denominata “Red deer cave people” in Cina. Data la rapidità con cui stiamo scoprendo nuove specie, è probabile che altre siano in attesa di essere trovate.

 

Eppure, entro 10 mila anni fa, tutte queste diverse specie umane sono scomparse, come a seguito di un’estinzione di massa, ma senza una evidente catastrofe ambientale – eruzioni vulcaniche, cambiamenti climatici, impatto di asteroidi. Invece, la tempistica della estinzione suggerisce che tutte le altre specie umane siano scomparse a causa della diffusione di una nuova specie, evolutasi 260-350 mila anni fa in Africa: la nostra.
Siamo una specie straordinariamente pericolosa. Abbiamo cacciato mammut lanosi, bradipi di terra e uccelli giganteschi come i moa fino all’estinzione. Abbiamo distrutto pianure e foreste per espandere l’agricoltura, modificando oltre la metà della superficie terrestre del pianeta. Abbiamo alterato il clima globale, per alimentare il nostro bisogno di fonti di energia.

 

Tuttavia, è probabile che abbiamo direttamente distrutto altre specie umane con cui siamo venuti a contatto, per competizione e anche direttamente con la violenza. La storia è piena di esempi di popolazioni che combattono e spazzano via altri gruppi umani, e in questo momento possiamo contare numerosi esempi di attualità.

 

Ci sono poche ragioni per pensare che i primi Homo sapiens fossero meno territoriali, meno violenti, meno intolleranti, in definitiva meno umani. Come il linguaggio o l’uso di strumenti, la capacità e la tendenza a impegnarsi nel genocidio è probabilmente una parte intrinseca del nostro comportamento sociale. 

 

Fino alla scoperta di segni evidenti di genocidi avvenuti nel neolitico, i nostri predecessori sono stati spesso raffigurati come pacifici, nobili selvaggi, sostenendo che la nostra cultura, non la nostra natura, avrebbe creato la il confronto organizzato e violento fra gruppi. Ma gli studi sul campo, i resoconti storici e l’archeologia mostrano tutti che la guerra nelle culture primitive era intensa, pervasiva e letale.

 

Se, in particolare, si mettono insieme tutte le prove storiche disponibili, diventa evidente che la violenza era per esempio endemica nell’Europa neolitica, raggiungendo tali livelli di ostilità tra gruppi che gli scontri si conclusero in diversi casi documentati con la totale distruzione di intere comunità.

 

Le armi neolitiche come mazze, lance, asce e archi, combinate con tattiche di guerriglia come incursioni e imboscate, erano di un’efficacia devastante: in alcune ampie aree geografiche studiate, la violenza era la principale causa di morte maschile, e se si guarda alla mortalità le guerre primitive hanno registrato livelli di vittime pro capite più elevati rispetto alla prima o alla seconda guerra mondiale.

 

Per questo gli scontri armati e i genocidi sono antichi: l’uomo di Kennewick, vissuto 9 mila anni fa nel nord America, ha una punta di lancia conficcata nel bacino. Il sito Nataruk di 10 mila anni fa in Kenya documenta il brutale massacro di almeno 27 uomini, donne e bambini. Tredicimila anni fa fu perpetrato un massacro nel sito di Jebel Sahaba, nel Sudan, dove è stata identificata una sepoltura contenente decine di individui, quasi la metà con punte di freccia incastonate nei loro scheletri.

È improbabile che le altre specie umane fossero molto più pacifiche. L’esistenza della violenza cooperativa organizzata fra gruppi di scimpanzé suggerisce infatti che la guerra precede l’evoluzione degli umani.

 

La documentazione archeologica conferma, per esempio, che le vite dei Neanderthal erano tutt’altro che pacifiche. Essi erano abili cacciatori di selvaggina grossa, usando le lance per abbattere cervi, stambecchi, alci, bisonti, persino rinoceronti e mammut. È improbabile che i Neanderthal esitassero nell’usare tali armi contro gruppi rivali. L’archeologia suggerisce infatti che tali conflitti erano all’ordine del giorno. Una mazzata alla testa è un modo efficace per uccidere – le mazze sono armi veloci, potenti e precise – quindi l’Homo sapiens preistorico mostra spesso traumi al cranio. Così anche i Neanderthal. Il cranio di Saint-Césaire, appartenuto a un Neanderthal, ha per esempio subito un colpo che ha spaccato l’osso 36 mila anni fa, in Francia. 

 

Un altro segno di guerra è la frattura da difesa, una rottura dell’avambraccio causata per proteggersi dai colpi. Come i nostri progenitori, anche i Neanderthal mostrano molte braccia rotte. Il trauma era particolarmente comune nei giovani maschi di Neanderthal, così come le morti. Alcune ferite potrebbero essere state riportate durante la caccia, ma gli schemi corrispondono a quelli previsti per un gruppo impegnato in guerre intertribali: conflitti su piccola scala ma intensi e prolungati, guerre dominate da incursioni e imboscate, con battaglie campali più rare.

 

Del resto, almeno un uomo di Neanderthal, proveniente dalla grotta di Shanidar in Iraq, è stato trafitto da una lancia al petto. Da quella lancia ai missili che oggi seminano devastazione e morte in Ucraina è cambiata solo la nostra tecnologia: il cablaggio dei nostri cervelli, invece, è a quanto pare rimasto lo stesso, e la violenza organizzata continua a essere un tratto specifico di noi umani.

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