AGI – A quasi sei anni da un tormentato inizio seguito da molte pause, si chiude il primo grado del processo Ruby ter, ultimo capitolo del romanzo giudiziario nato dai verbali dettati da Kharima El Mahroug, ora una donna di 30 anni, all’epoca una ragazza marocchina appena maggiorenne con già un passato turbolento che accusò l’allora premier Silvio Berlusconi di avances sessuali durante le “cene eleganti di Arcore”.
Significativo del ‘giro largo’ che ha preso questa vicenda il fatto che da accusatrice Ruby, che dovrebbe essere in aula, è finita tra i 29 imputati in attesa della sentenza.
Le ragioni della possibile assoluzione
In sostanza, la domanda a cui dovranno rispondere i giudici guidati dal presidente Marco Tremolada è se Berlusconi sia stato assolto in primo grado dalle accuse di concussione e prostituzione minorile perché si sarebbe ‘comprato’ le testimonianze di chi partecipava alle serate. Non si fanno scommesse sulle sentenze ma previsioni sì e in questo caso puntano decisamente verso un’assoluzione del fondatore di Forza Italia per due ragioni.
La prima è che per due volte è già stato ritenuto innocente delle stesse accuse per i soldi versati ai musicisti Danilo Mariani e Mariano Apicella, le cui posizioni erano state trasferite a Roma e a Siena solo per questioni di competenza territoriale. Raccontano questi verdetti che i due vennero pagati in modo costante e profumato ma non c’è la prova che quel denaro fosse per corromperli.
La seconda è che il Ruby ter ha vissuto un passaggio cruciale. Il 3 novembre 2021 il Tribunale con un’ordinanza choc ha accolto la tesi delle difese: gli interrogatori in cui le ragazze avrebbero detto il falso, a cominciare da Ruby, sono tutti affetti da una “inutilizzabilità assoluta” perché la Procura avrebbe dovute sentirle da indagate, quindi con un avvocato al fianco, visto che da tempo stava scavando sui rapporti economici tra loro e l’ex capo del governo.
Cosa dice l’accusa
Il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e il pm Luca Gaglio restano convinti che anche cadendo il reato di falsa testimonianza resterebbe comunque l’accusa di corruzione giudiziaria, essendo provati i versamenti del Cavaliere a partire dai “fatti già consegnati alla storia”, cioé che il presidente del Consiglio in carica all’epoca ospitava a casa propria “schiave sessuali a pagamento”.
Nel capo d’imputazione gli viene contestato di avere “promesso e successivamente corrisposto beni e altre utilità” a una ventina di testimoni che avrebbe così ammorbidito a suo favore tra il 2011 e il 2015. Di Ruby è scritto che “falsamente negava di avere avuto rapporti sessuali con Berlusconi e di avere accettato la promessa da Berlusconi di ricevere ingentissime somme di denaro per ‘passare per pazza’, cioè per mentire” nel corso di Ruby uno e Ruby bis. In cambio avrebbe intascato 5 milioni di euro, anche per aprire un’attività e trasferirsi in Messico.
Il contesto in cui sarebbero maturati i reati è quello di un “patto corruttivo” provato da messaggi e telefonate tra le ragazze con l’ex premier che avrebbe assicurato loro 2500 euro al mese, una casa e altri benefit come auto e lavori in televisione. Sono 28 le condanne richieste (una sola assoluzione per Luca Pedrini, ex collaboratore di Nicole Minetti) tra cui sei anni per Berlusconi e 5 anni per Ruby. Quella più alta, a sei anni e sei mesi, per Luca Risso. Chiesta anche la confisca di oltre 10 milioni all’ex premier ritenuto il “prezzo della corruzione”.
Perché mancano le parti civili
Non c’è nessuna parte civile. Ambra Battilana e Chiara Danese erano state escluse nel gennaio del 2019 assieme a Imane Fadil, la modella marocchina morta per una malattia rara secondo quanto accertato da un’inchiesta che ipotizzava all’inizio un possibile omicidio.
All’ultimo secondo si è sfilata anche Presidenza del Consiglio ed è la prima volta che accade, salvo i casi in cui abbia ottenuto risarcimenti. Da quanto viene riferito all’AGI in ambienti giudiziari milanesi, la scelta della Presidenza del Consiglio di rinunciare a un eventuale risarcimento nel processo Ruby ter (la richiesta era di dieci milioni) rappresenta una «sorprendente» prima volta. Il governo restò, tra gli altri, nel caso della vicenda Mills, al termine della quale il Cavaliere venne prosciolto per prescrizione. Il legale d’affari inglese accusato di corruzione in atti giudiziari fu condannato a risarcire la Presidenza del Consiglio con 250mila euro per danno d’immagine.
La Presidenza del Consiglio restò fino alla fine anche nel processo Mediaset che si chiuse con la condanna di Silvio Berlusconi, all’epoca ex premier, per frode fiscale a 4 anni. Il dibattimento cominciò nel 2007 e finì in Cassazione nel 2013. Per tre anni Berlusconi fu processato da capo del governo. In quel caso la Presidenza del Consiglio era presente attraverso l‘Agenzia delle Entrate visto che si discuteva di una storia di presunte tasse non versate.