• 27 Novembre 2024 19:31

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La paura del Covid cala, le Big Pharma dimagriscono

Feb 6, 2023

AGI – Il Covid non è sparito, anzi, ma non fa più paura: ci conviviamo. “I casi gravi sono rarissimi”, spiegano i medici. “E il merito è della percentuale di vaccinati”. Il virus si è addomesticato, è più contagioso ma si è indebolito: sono quasi spariti sintomi come perdita di gusto e olfatto, mentre rimangono affezioni più o meno gravi a livello dell’apparato respiratorio. Tuttavia l’impatto sugli ospedali è minimo e, nel complesso, la pandemia non spaventa più. Risultato: in pochi si vaccinano e il business che ha arricchito una ‘nicchia’ di Big Pharma si sta sgonfiando.

Qualche dato? Le tre proprietarie dei vaccini anti-Covid più diffusi e costosi: Pfizer, BioNTech e Moderna nel 2021 hanno incassato circa 90 miliardi di dollari, con profitti che si sono aggirati sui 41 miliardi. Ora però la pacchia è finita, il filone d’oro si è prosciugato e le aziende corrono ai ripari.

La testimonianza di un farmacista

Per sondare il polso del settore e capire meglio la situazione, basta recarsi in farmacia. A Roma in una grande struttura di Monteverde, la titolare ascolta pazientemente un cliente che è preoccupato per il padre novantenne che vorrebbe fare la quinta dose.

“Provi a rivolgersi al numero verde della Regione – risponde la farmacista – Sicuramente sapranno indicarle qualche struttura vicina, ancora funzionante. Io le consiglio l’ospedale Forlanini. Noi non svolgiamo più il servizio di vaccinazione. C’è troppo poca richiesta e le confezioni dei vaccini contengono sei dosi, non solo una come per l’anti-influenzale. Il problema per noi farmacisti è che se apriamo la confezione e non facciamo tutte le sei dosi, le fiale rimanenti le dobbiamo buttare e di questi tempi è praticamente impossibile trovare sei clienti al giorno. Non ci sono. Per cui non è conveniente organizzare il servizio”.

Insomma, il business dei vaccini si è sgonfiato, non rende più, e se con la lente si passa dalla situazione ‘micro’ di una farmacia alla situazione ‘macro’ di una grande azienda, la differenza sostanzialmente non cambia: la nicchia dei produttori di vaccini dovrà dimagrire e tornare alla normalità.

I conti di Pfizer

Basta scorrere l’ultima trimestrale di Pfizer per rendersene conto. Il colosso farmaceutico americano prevede un forte calo delle vendite annuali nel 2023 a causa dell’allentamento dell’emergenza pandemica e dei ridotti contributi del suo vaccino Covid-19 e della medicina antivirale: dal livello record di 100,3 miliardi di dollari di ricavi del 2022 Pfizer quest’anno scenderà parecchio e non stima di andare oltre i 67-73 miliardi di dollari. Anche sugli utili l’azienda ha sforbiciato molto e dal livello record di 6,58 dollari ad azione del 2022, calerà a 3,25-3,45 dollari, ben al di sotto delle attese degli analisti, che sono di 4,42 dollari ad azione.

Ma quanto peserà, più nel dettaglio, l’attenuarsi della minaccia del Covid-19 sui conti dell’azienda? Pfizer fa sapere che le vendite del suo vaccino e del suo antivirale scenderanno rispettivamente dai 37,8 e 18,9 miliardi di dollari del 2022 a 13,5 e 8 miliardi di dollari di quest’anno. Insomma, un tonfo, una discesa in picchiata, che l’amministratore delegato, Albert Bourla, con parole diplomatiche definisce un “anno di transizione” per l’azienda.  

“Nel 2022 – ha spiegato Bourla – abbiamo venduto a prezzi da pandemia più cicli di trattamento di quanti ne siano stati utilizzati alla fine. Ciò ha portato a una creazione di scorte governative che prevediamo venga assorbita nel 2023, probabilmente nella seconda metà. In quel periodo, prevediamo di iniziare a vendere Paxlovid attraverso i canali commerciali a prezzi commerciali”. “Io stesso – ha aggiunto, dopo aver reso noto via Twitter di essere risultato positivo al Covid – mi sto curando con la pillola dell’antivirale Paxlovid”.

Insomma, anche Pfizer, dopo aver fatto il pieno di utili con le cure anti-Covid, sta tornando alla normalità e, da un mercato governativo ritorna a un mercato privato, preparandosi a lanciare un gran numero di nuovi prodotti, nella speranza che i ricavi dei prodotti Covid-19 crescano nel 2024 dopo aver toccato un minimo nel 2023.

Nello specifico, Pfizer ha annunciato un calo delle vendite maggiore del previsto per quest’anno di due prodotti chiave: il vaccino Comirnaty e il trattamento antivirale Paxlovid. Si tratta di una diminuzione attesa, dato che il produttore di farmaci è passato nel frattempo dalla fornitura nell’ambito dei contratti governativi alle vendite sul mercato commerciale negli Stati Uniti. Pfizer prevede quindi che le vendite dei vaccini crolleranno del 64%, per un valore di circa 13,5 miliardi di dollari, mentre quelle del Paxlovid caleranno del 58%, per un valore di circa 8 miliardi di dollari.

Pfizer e la tedesca BioNTech collaborano insieme per la produzione dei loro vaccini a mRna, leader di mercato e bivalenti, cioè predisposti contro le varianti a Omicron. E anche Moderna dispone di questo tipo di vaccini, grazie ai quali il Covid-19 è diventato un virus simil-influenzale. Tra l’altro il vaccino di Moderna è di più facile conservabilità rispetto a quello Pfizer-BioNTech. Si tratta, in entrambi i casi, di vaccini la cui efficacia si perde col tempo e la cui composizione viene regolarmente modificata per adattarsi ai ceppi virali circolanti. Il fatto che le vaccinazioni si facciano ora col contagocce non favorisce certo la loro efficacia.

Per quanto invece riguarda i conti, è ovvio che se la situazione è difficile per un colosso come Pfizer, che è come un polipo gigante, con tentacoli un po’ in tutti i settori del comparto farmaceutico, per Moderna e Biontech, due gruppi molto più piccoli, molto più dipendenti dagli introiti dei vaccini anti-Covid e meno capaci di diversificare la ricerca e la produzione, la fine dell’emergenza pandemica rappresenta un colpo molto più duro da assorbire.

Pfizer, che ha sede a New York, è la più grande società del mondo operante nel settore della ricerca, della produzione e della commercializzazione di farmaci. Le sue aree terapeutiche strategiche sono: antinfettiva, cardiovascolare, urologia, sistema nervoso centrale, trattamento del dolore e dell’infiammazione (reumatologia, emicrania, dolore neuropatico), endocrinologia, oftalmologia e oncologia. Tra i farmaci prodotti da Pfizer il più noto è il Viagra, un vero e proprio toccasana non solo per le disfunzioni erettili ma anche per i conti della società.

Moderna, “unicorno” biotech

Moderna invece è un’azienda Usa che opera nel campo delle biotecnologie. Fondata nel 2012, ha raggiunto lo status di unicorno – una valutazione di 1 miliardo di dollari – in soli due anni, più velocemente di Uber. A miracolare Moderna è stato lo sviluppo delle tecnologie dell’Rna messaggero. Entro il 2025 prevede di far avanzare i vaccini a mRNA contro 15 malattie infettive, tra cui Hiv, malaria e tubercolosi. Tuttavia il suo cavallo di battaglia sono i vaccini contro il Covid e in particolare quello prodotto per contrastare le varianti a Omicron. Gli altri sono ancora allo studio clinico e se ne sa poco, anche perché la società è accusata di tenere segrete le sue tecnologie.

Il suo amministratore delegato, Stephane Barcel è più un esperto di vendite che di scienza. Un ex scienziato di Moderna, intervistato dalla rivista scientifica Stat, ha malignamente insinuato: “Gestiscono una società di investimento, e poi speriamo, affermano, che sviluppi anche un farmaco che abbia successo”.

In ogni modo secondo le stime di Airfinity, una società di analisi e informazione scientifica che lavora con aziende farmaceutiche, governi, investitori e media, le entrate di Moderna sono salite intorno ai 18 miliardi di dollari nel 2022, proprio per il fatto che la società ha fornito ai governi dei vaccini bivalenti. Per quest’anno non circolano stime attendibili, ma dovrebbe registrare un calo delle vendite intorno al 62-63%, simile a quello di Pfizer/BioNTech.

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