AGI – Papa Francesco dalla Repubblica Democratica del Congo approda in Sud Sudan, il più giovane Stato del mondo, quarto Paese più povero malgrado sia tra i più ricchi per risorse naturali. Il Sud Sudan sta vivendo una delle crisi umanitarie più gravi, dovuta anche a due guerre civili che negli anni passati hanno causato 400 mila morti, due milioni e mezzo di rifugiati nei paesi vicini e due milioni di sfollati interni.
Nonostante gli accordi di pace del 2018, il Paese è alle prese con una guerra civile e Francesco implora – nel suo primo appuntamento pubblico con le autorità – “in nome di Dio” di fermare i conflitti, “affinché questa terra non si riduca a un cimitero, ma torni a essere un giardino fiorente“. “È l’ora di dire basta”, è il suo forte appello. “Basta sangue versato”, “basta violenze e accuse reciproche su chi le commette, basta lasciare il popolo assetato di pace”. “Basta distruzione, è l’ora della costruzione! Si getti alle spalle il tempo della guerra e sorga un tempo di pace!”, “è l’ora della pace!”.
Bergoglio nel suo “pellegrinaggio di pace e di riconciliazione” intrapreso “dopo aver ascoltato il grido di un intero popolo” che “piange per la violenza che soffre”, è accompagnato dall’arcivescovo di Canterbury Justin Welby e dal moderatore dell’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia Ian Greenshields.
“È tempo di passare dalle parole ai fatti. È tempo di voltare pagina, è il tempo dell’impegno”, rimarca. Il processo di pace “domanda un nuovo sussulto”, sottolinea. “Ci si intenda e si porti avanti l’Accordo di pace, come anche la Road Map!”. Occorre “un cambio di passo”, non restare “impaludati nell’inerzia”, riprendere il dialogo “senza doppiezza e opportunismi”. Questo pellegrinaggio ecumenico “sia per tutti un’occasione per rilanciare la speranza”, continua. “Siete chiamati a rigenerare la vita sociale” aggiunge rivolgendosi ai presenti.
I “figli del Sud Sudan hanno bisogno di padri, non di padroni, di passi stabili di sviluppo, non di continue cadute”. Il corso vitale del Paese, usando come immagine il grande fiume Nilo Bianco, “non sia più impedito dall’alluvione della violenza, ostacolato dalle paludi della corruzione e vanificato dallo straripamento della povertà”.
“Affinché le acque di vita non si tramutino in pericoli di morte è fondamentale dotare un fiume di argini adeguati”, precisa Bergoglio che indica vada arginato innanzitutto “l’arrivo di armi che, nonostante i divieti, continuano a giungere in tanti Paesi della zona”: “qui c’e’ bisogno di molte cose, ma non certo di ulteriori strumenti di morte”; i bambini “hanno il diritto di crescere tenendo in mano quaderni e giocattoli, non strumenti di lavoro e armi”. Non basta “chiamarsi Repubblica, occorre esserlo”.
Per lo “sviluppo coeso della società” coinvolgere “maggiormente, anche nei processi politici e decisionali” i giovani e le donne. Occorre “combattere la deforestazione causata dall’avidità del guadagno” e per prevenire le esondazioni di un fiume è necessario mantenerne pulito il letto. “Fuor di metafora, la pulizia di cui il corso della vita sociale abbisogna è la lotta alla corruzione. Giri iniqui di denaro, trame nascoste per arricchirsi, affari clientelari, mancanza di trasparenza: ecco il fondale inquinato della società umana”, ribadisce il Papa che esorta “a contrastare la povertà, che costituisce il terreno fertile nel quale si radicano odi, divisioni e violenza”.
“L’urgenza di un Paese civile è prendersi cura dei suoi cittadini, in particolare dei più fragili e disagiati”, aggiunge il Pontefice pensando soprattutto “ai milioni di sfollati che qui dimorano: quanti hanno dovuto lasciare casa e si trovano relegati ai margini della vita in seguito a scontri e spostamenti forzati!”. E ci sono altri “argini imprescindibili” per garantire il corso della società: “Adeguate politiche sanitarie”, “infrastrutture vitali” e dare un “ruolo primario” all’istruzione combattendo l’alfabetismo.
E sul Libro d’Onore, il messaggio di Francesco: “Qui pellegrino, prego perché in questo caro Paese, dono del Nilo, scorrano fiumi di pace; gli abitanti del Sud Sudan, terra della grande abbondanza, vedano sbocciare la riconciliazione e germogliare la prosperità”. Il presidente Salva Kiir Mayardit durante il suo intervento di saluto annuncia che il governo nazionale riprenderà i colloqui di pace con i gruppi di opposizione. “Spero che i miei fratelli dei gruppi di opposizione non firmatari ricambieranno questo gesto e si impegneranno con noi onestamente per raggiungere una pace inclusiva nel nostro Paese”, sottolinea.
Un annuncio accolto “con grande favore” dalla Comunità di Sant’Egidio che ha lavorato per facilitare un dialogo politico fra i partiti firmatari dell’Accordo di pace del 2018 che hanno formato un governo di unita’ nazionale e quelli che non lo firmarono, gruppi politici militari, attraverso la Rome Initiative. Sant’Egidio “proporrà’ immediatamente di riprendere i negoziati”, commenta Paolo Impagliazzo perché “e’ l’unica via per risolvere le controversie, ridurre la violenza per un processo di pace che includa tutte le parti in conflitto”.