Negli ultimi quattro miliardi di anni circa, l’unico modo sulla Terra di produrre una sequenza di dna funzionante – un gene – è consistito nel copiare, eventualmente con errori, un gene precedente. Grazie a diversi processi molecolari, questo processo di produzione di varietà attraverso errori impercettibili ha potuto subire brusche accelerazioni, attraverso frammentazione o integrazione di geni diversi in uno solo, in una sorta di puzzle genomico che può rimescolare le carte anche a partire da organismi diversi; in ogni caso, tuttavia, la produzione di varietà è stata limitata a processi che partivano da materiale genetico preesistente e utilizzavano quello per ottenere nuove versioni di vecchi geni o collage di quelli, cominciando da riorganizzazioni più o meno casuali.
La selezione naturale si è poi incaricata di ripulire il tutto dagli errori e dagli orrori evolutivi, setacciando implacabilmente le popolazioni di genomi per lasciar sopravvivere solo quelli in grado di competere e di fronteggiare efficientemente l’ambiente in cui si sono trovati ad apparire.
Diecimila anni fa circa, l’uomo ha cominciato a interferire con questo processo, aggiungendo alla selezione esercitata dall’ambiente quella degli allevatori e degli agricoltori, che hanno iniziato a scegliere piante e animali sulla base di certe caratteristiche utili alla nostra specie, proteggendo di conseguenza alcuni genomi e scartandone altri, ma soprattutto incrociando selettivamente quegli organismi portatori di tratti interessanti; gli effetti di questa selezione aggiuntiva operata dall’uomo si sono poi indirettamente riflessi sul resto delle specie viventi, perché piante e animali domestici hanno sia distrutto che creato ambienti e pressioni selettive con cui gli altri organismi viventi hanno dovuto fare i conti.
In generale, quindi, i genomi di tutte le popolazioni di quegli organismi che sono venuti a contatto con l’uomo e con i suoi alleati di altre specie sono cambiati, nel tempo, in risposta: nuovi patogeni sono emersi, molte popolazioni e anche in certi casi intere specie si sono estinte (per esempio a causa della predazione di gatti e ratti) e così via.
Il culmine di questo processo è rappresentato oggi dagli organismi editati geneticamente, che sono uno sviluppo in perfetta continuità dei sistemi di selezione tradizionale e che non sono diversi da quanto la stessa evoluzione biologica ha prodotto, incrociando a caso genomi di organismi molto diversi per “vedere l’effetto che fa”, dal punto di vista della selezione.
Vi è tuttavia ormai all’orizzonte un passo diverso e molto più radicale, che è il risultato dello sviluppo negli ultimi due decenni delle tecniche di biologia sintetica.
Da tempo abbiamo trovato il modo di costruire interi nuovi geni da zero, sintetizzando frammenti di dna e poi assemblandoli con tecniche di biologia molecolare per ottenere il prodotto desiderato; è inoltre vicino il giorno in cui potremo fare a meno anche della biologia molecolare, sintetizzando geni interi in una macchina dedicata.
In un passaggio ulteriore, algoritmi di intelligenza artificiale che operano grosso modo come i modelli linguistici del tipo di ChatGPT, che tanto hanno fatto discutere in queste settimane, sono stati in grado di inventare da zero nuovi geni, e dunque nuove proteine, con una funzione predeterminata; in altre parole, utilizzando come “testi di partenza” le sequenze genetiche di centinaia di migliaia di proteine a funzione nota, ne hanno dedotto regole “semantiche” e “grammaticali” per assemblare nuovi “testi”, ovvero nuove sequenze genetiche, di significato desiderato. Una volta ottenute in laboratorio le proteine disegnate dall’algoritmo in questione, molto diverse da ogni proteina sin qui scoperta in natura, si è riscontrato che esse avevano l’attività ricercata – per esempio, funzionavano distruggendo i batteri come fa una certa proteina ben nota, il lisozima umano.
A questo punto, manca l’ultimo passaggio: la costruzione di un intero genoma sintetico, che sia in grado di regolare la produzione di ogni proteina necessaria a supportare un organismo totalmente sintetico e inventato dall’uomo. È certamente un traguardo ambiziosissimo, ma va notato che è già stato possibile assemblare cellule completamente artificiali a partire da costituenti prescelti, ottenendo materiale vivente. Le cellule artificiali così ottenute ancora dipendono per la loro genesi dall’utilizzo di altre cellule (batteriche) per la produzione dei componenti necessari, e soprattutto si fondano su componenti che comunque, in ultima analisi, esistono in natura; tuttavia, il processo ottenuto illustra la fattibilità dell’approccio “dal basso” di costruzione di un organismo vivente sintetico, e apre quindi la strada all’utilizzo di componenti ottenuti da geni completamente artificiali, disegnati da un algoritmo e ottenuti chimicamente tramite una macchina di nuova generazione per la sintesi di lunghe sequenze di dna.
L’èra della biologia sintetica e degli organismi viventi completamente artificiali si avvicina, almeno in laboratorio; è il momento, di conseguenza, di iniziare a valutare cosa questo significhi da un punto di vista dei rischi, dell’etica e delle possibilità di sviluppo per l’intera umanità, per evitare di trovarci a doverne discutere a cose fatte.
Siamo pronti alla creazione della vita mediante disegno intelligente?